Santo Cristo
« Gli disse Nicodèmo: « Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere? ». Gli rispose Gesù: « In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio... »
Nell’incontro con Nicodemo, Gesù manifesta già la consapevolezza che il compito ricevuto dal Padre di essere suo testimone, lo porterà a percorrere una via dolorosa fino a essere innalzato sulla croce. Tante altre volte Gesù mostra di sapere che dovrà essere rifiutato dai capi dei sacerdoti e dagli anziani ed essere messo a morte. C’è un momento nel quale Gesù stesso si chiede: “Che cosa devo dire, forse Padre salvami da quest’ora?” In quel momento esprime la sua scelta di continuare ad affidare al Padre l’esito della sua vita. Per questo può dire che la vita nessuno gliela toglie, ma è Lui che la dà. Riconoscendo dal vangelo che Gesù, anche Lui come noi ha provato un sentimento di avversione di fronte al dolore (quel calice amaro che non vorrebbe bere), qual è la motivazione che gli fa vincere la paura e lo porta ad andare avanti, incontro a quella sofferenza? Da tutto ciò che dice il Vangelo, rispondo che Gesù ha accolto il percorso di sofferenza che la vita gli riservava, per la volontà di essere fedele alla sua identità filiale e vivere fino in fondo la fiducia che riponeva nel Padre. Non sarebbe stato vero che faceva tutto ciò che ascoltava dal Padre, se poi alla resa dei conti avesse scelto di percorrere la via più facile, dettata dal suo tornaconto. Non sarebbe stato vero che il Padre nutre e ha cura dei passeri o veste di colori i gigli del campo, se in quel momento avesse scelto di salvarsi puntando sulle valutazioni della sua convenienza. Gesù vive sulla croce la fedeltà alla sua identità filiale, rimane fermo nella sua relazione col Padre dal quale sa di essere amato e nella luce di quell’amore continua a vivere qualunque circostanza che la vita gli riserva. Il dramma, o come dice l’evangelista Luca “lo spettacolo”, ha un finale senza il quale la croce sarebbe incomprensibile. Se il percorso di Gesù fosse terminato nel sepolcro, conseguentemente si sarebbe dovuto dire che non c’è un Padre che può salvare, bisogna salvarsi da sé. Invece avviene l’evento che cambia radicalmente il finale: quell’evento che chiamiamo Resurrezione ci fa affermare che è il Padre ad avere l’ultima parola sulla vita di Gesù, ed è il Padre che ama il figlio di un amore assoluto più forte di ogni morte. La croce è salvifica perché parla di amore. Parla prima di tutto dell’amore che il Padre ha verso il Figlio. Sulla croce Dio si rivela essere amore per la fiducia con cui Gesù affronta il suo percorso di passione. Parla poi dell’amore che Gesù vive come riflesso dell’amore che riceve dal Padre. Vediamo l’amore di Gesù che pur sottoposto alle atroci sofferenze della tortura che lo uccideranno, non impreca né maledice, ma invoca perdono. Come l’amore della croce diventa salvifico per la nostra vita? Non per un contatto solo esteriore, come il guardare, l’accendere un cero, il toccare o baciare il crocifisso può venire un bene alla nostra vita. Possiamo fissare lo sguardo su Gesù e desiderare di vivere come lui e chiedere il dono dello Spirito Santo che ci faccia vivere i suoi stessi atteggiamenti. La croce è salvifica soltanto se si cerca di realizzare le parole di Paolo che precedono il testo proposto nella seconda lettura: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Ecco allora il senso della nostra festa, ecco il modo con cui, rinnovando la consegna che ci viene da chi ci ha preceduto, dobbiamo guardare al Santo Cristo: formulando nel cuore il desiderio di assumere per vivere, i sentimenti del morire di Gesù. |
il Parroco |