Racconto fotografico della Festa Patronale di Sant'Antonio in Sestri Levante

 

 

 

 

 

Mercoledì 13 giugno - festa liturgica di Sant'Antonio

 

 

 

 

 

I santi della porta accanto - Mi fa piacere vedere la santità del popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno, vedo la Santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio o, per usare un’altra espressione “la classe media della Santità” (Gaudete et Exultate 7).

 

Beati noi, chiamati ad essere poveri e miti - La mitezza è un’altra espressione della povertà interiore, di chi ripone la propria fiducia solamente in Dio. Di fatto nella Bibbia si usa spesso la medesima parola anawim per riferirsi ai poveri e ai miti. E’ meglio essere sempre miti, e si realizzeranno le nostre più grandi aspirazioni: i miti «avranno in eredità la terra», ovvero, vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio. Perché i miti, al di là di ciò che dicono le circostanze, sperano nel Signore e quelli che sperano nel Signore possederanno la terra e godranno di grande pace (Gaudete et Exultate 74).

 

Beati noi, chiamati ad essere puri di cuore - Questa beatitudine si riferisce a chi ha un cuore semplice, puro, senza sporcizia, perché un cuore che sa amare non lascia entrare nella propria vita alcuna cosa che minacci quell’amore, che lo indebolisca o che lo ponga in pericolo. Nella Bibbia, il cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo, al di là di quanto manifestiamo: «L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore» (1 Sam 16,7). Egli cerca di parlarci nel cuore e lì desidera scrivere la sua Legge. In definitiva, vuole darci un cuore nuovo. (Guadete et Exultate 83).

 

 

 

 

i bambini hanno portato i fiori a Sant'Antonio

 

 

 

 

 

sul sagrato momento di svago

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sul sagrato il concerto della Filarmonica di Sestri Levante

 

 

 

 

 

domenica 17 giugno - Festa Patronale in Sant'Antonio

 

 

 

 

 

Tra gli altri, anche il "Il canto degli umili" - testo tratto dal canto profetico di Anna.Autore - musica di Domenico Machett

 

"L'arco dei forti si è spezzato, gli umili si vestono della sua forza: grande è il nostro Dio"

"Dio solleva il misero dal fango,libera il povero dall'ingiustizia: grande è il nostro Dio"

    il ritornello recita "Non potrò tacere mio Signore i benefici del tuo amore"

 

 

 

 

 

Santo Antonio, un uomo che ha saputo coniugare l’intuizione profonda della nuova vita che san Francesco ha vissuto in prima persona. Alcuni degli aspetti di Antonio sono la sapienza,

l’intelligenza, la capacità di scrutare la realtà e di riconoscere la presenza di Dio.

 

Noi nel regno di Dio non siamo i protagonisti, non siamo i padroni del regno, ne facciamo parte. Questo ci può fare fatica, ma dobbiamo accettarlo come una grazia,

la grazia della minorità che Francesco ha proposto a tutti i suoi frati, e che Antonio ha saputo approfondire con la sua dottrina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli » - Il Vangelo ci invita a riconoscere la verità del nostro cuore, per vedere dove riponiamo la sicurezza della nostra vita. Normalmente il ricco si sente sicuro con le sue ricchezze, e pensa che quando esse sono in pericolo, tutto il senso della sua vita sulla terra si sgretola. Le ricchezze non ti assicurano nulla. Anzi, quando il cuore si sente ricco, è talmente soddisfatto di sé stesso che non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli, né per godere delle cose più importanti della vita. Così si priva dei beni più grandi. Per questo Gesù chiama beati i poveri in spirito, che hanno il cuore povero, in cui può entrare il Signore con la sua costante novità (Guadete et Exultate 67-68).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati » - La persona che vede le cose come sono realmente, si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice. Quella persona è consolata, ma con la consolazione di Gesù e non con quella del mondo. Così può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose. In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. Questa persona sente che l’altro è carne della sua carne, non teme di avvicinarsi fino a toccare la sua ferita, ha compassione fino a sperimentare che le distanze si annullano. Così è possibile accogliere quell’esortazione di san Paolo: "Piangete con quelli che sono nel pianto" (Guadete et Exultate 76).

 

 

 

 

 

« Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati »
La giustizia che propone Gesù non è come quella che cerca il mondo, molte volte macchiata da interessi meschini, manipolata da un lato o dall’altro (Guadete et Exultate 78).


Tale giustizia incomincia a realizzarsi nella vita di ciascuno quando si è giusti nelle proprie decisioni, e si esprime poi nel cercare la giustizia per i poveri e i deboli (Guadete et Exultate 79).


« Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio »

Quando il cuore ama Dio e il prossimo (cfr Mt 22,36-40), quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità (Guadete et Exultate 86).

 

 

 

 

 

« Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » - Non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi. È duro e richiede una grande apertura della mente e del cuore, poiché non si tratta di «un consenso a tavolino o [di] un’effimera pace per una minoranza felice», né di un progetto «di pochi indirizzato a pochi». Nemmeno cerca di ignorare o dissimulare i conflitti, ma di «accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo». Si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza (Guadete et Exultate 89).