In cammino insieme da dieci anni.
L’anno scorso, invitandovi alle nostre feste patronali ricordavo lo stretto legame che c’è tra la festa e l’essere una comunità, creando quello slogan che era così piaciuto al predicatore del triduo: “La festa ha bisogno di una comunità, la comunità ha bisogno della festa”. Pensando alla festa come a all’evento che particolarmente ci dà coscienza del nostro essere una comunità parrocchiale, ho voluto quest’anno assumermi il compito di celebrare personalmente la messa solenne, collegandola al fatto che si sta per compiere il decimo anniversario da quando sono stato insediato come vostro parroco. Perché ricordare un anniversario? In realtà il fatto che siano passati dieci anni non ha nulla di diverso da quando ne erano passati nove, il numero tondo non offre nessun particolare motivo per essere celebrato. Come ben ricorda la volpe al piccolo principe, abbiamo bisogno di riti per riuscire a percepire che ogni giorno è diverso dagli altri. Il rischio sempre in agguato in ogni rapporto di coppia è la monotonia, quando si vivono tutte le cose come un’abitudine, quando tutto funziona perché si è inseriti in un ingranaggio che va avanti per forza di inerzia. L’anniversario allora è l’occasione per interrompere questa dinamica e creare una diversità; l’anniversario, ricordando l’inizio, può essere occasione per ritrovare più forti le motivazioni che ci tengono insieme. Ricordare che sono dieci anni da quando sono venuto da voi come parroco serve dunque a me che quest’anno ho sentito più forte la tentazione di adagiarmi nell’abitudine e di continuare a vivere il mio compito spinto dall’inerzia di un meccanismo. Questa sensazione è accentuata dalle circostanze che stiamo vivendo, che possono indurci a pensare di essere in balia di forze superiori alle quali arrenderci passivamente. Ascoltando il racconto della parabola, penso che sia nato in tutti noi un sentimento d’indignazione verso quel servo, che avendo ricevuto il condono di un debito smisurato, è tanto gretto e insensibile da non essere a sua volta disponibile a condonare il suo pari per un debito in realtà così piccolo. Il gioco della parabola consiste nel messaggio sottinteso che si dovrebbe intuire: “Rivolgi allora contro te stesso l’indignazione perché quel servo sei tu, ogni volta che non sai perdonare tuo fratello che compie un’offesa nei tuoi confronti.”. Prosegue anche in questa domenica la lettura dell’insegnamento di Gesù ai suoi discepoli, che insieme formano una comunità e devono considerarsi vicendevolmente fratelli e sorelle. Il vincolo di amore vicendevole che ci lega agli altri, si esprime massimamente quando è rivolto a una persona, che immediatamente non attirerebbe questo amore, perché ha commesso una colpa che ha ferito e danneggiato il fratello. Vi propongo di dire insieme un rinnovato si al Gesù Cristo che ci chiama ad essere, sotto la guida di Maria, una comunità che custodisce e testimonia la fede. La prima preoccupazione che dobbiamo affrontare è ascoltare cosa Dio ci sta dicendo attraverso le vicende attuali del mondo. La diffusione del virus è stata un duro colpo dato all’illusione, che sempre più serpeggiava nel mondo occidentale, che la scienza e la tecnica da sole potevano garantire una vita felice. A mio avviso questo non garantirà un ritorno in massa a frequentare le chiese e a raccogliersi in preghiera. La dedizione che medici e infermieri hanno messo nella cura dei malati, con grande sacrificio e rischio, ha indirizzato la nostra attenzione ai bisogni della persona còlta nella sua integralità, come un essere che è insieme spirituale e corporeo. Oggi si sente la necessità di una nuova attenzione alla dimensione umana, che suggerisce anche di ripensare il concetto di salvezza come risposta a tutti i bisogni della persona. La diffusione del virus e la richiesta conseguente di mantenere tra le persone una distanza ha interferito con una dimensione essenziale per il nostro cammino di fede, che ponendoci in relazione con un unico Dio ci costituisce in comunione tra noi. Se a certe condizioni ci è stato permesso di riprendere le celebrazioni liturgiche, ancora dobbiamo trovare la strada per radunare i bambini e i ragazzi del catechismo. Non sappiamo ancora valutare quali saranno le conseguenze per la pastorale giovanile, privata dei campi estivi che quest’estate non si sono potuti svolgere. Nonostante sembri che le disposizioni remino contro il cammino comune che le parrocchie avevano iniziato con i tavoli di confronto e il consiglio pastorale di ambito, ritengo che dobbiamo desiderare di riprendere al più presto questa strada. In ultimo non vi sembri strano e non consideratelo uno scadere del mio discorso se esprimo una preoccupazione circa il futuro economico della nostra parrocchia. L’onere di mantenere le strutture che abbiamo ereditato dalla gloriosa storia della parrocchia è sproporzionato per le nostre forze. Confidiamo nel sostegno della provvidenza che abbiamo sperimentato con segni concreti, speriamo anche in una maggiore attenzione della società civile per quello che è un patrimonio storico e culturale della città, ma anche portiamo nel nostro cuore la preoccupazione per il futuro della nostra chiesa. |
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