Dio ha tanto amato il mondo.
La festa di una comunità parrocchiale è sempre occasione per far memoria di quando quella festa è iniziata e di chi l’ha celebrata nel tempo passato. Con la festa di oggi, noi ci inseriamo e rinnoviamo una grande storia, la storia di fede della nostra gente. Si racconta che prima a San Nicolò e poi in questa chiesa, la comunità cristiana si radunava per invocare e sperimentare la vicinanza di Dio alla propria vita, e ha trovato proprio nell’immagine del Santo Cristo, l’icona adeguata che l’aiutava a pensare a Dio. Molte sono le ipotesi (alcune anche leggendarie) su come sia arrivato in città il nostro venerato crocefisso, ma in realtà la sua origine rimane sconosciuta. Il Santo Cristo era già venerato nella chiesa di San Nicolò: portato nella nostra chiesa dopo un segno miracoloso, si è riscoperta la volontà di Dio di essere cercato e venerato con la mediazione di questa immagine. Molte sono le esperienze di salvezza ottenute dalla preghiera a Dio, guardandolo nel volto del crocefisso. Alcuni avvenimenti sono conosciuti, raccontati e dipinti sugli ex voto conservati in sacrestia, ma molte altre esperienze sono conservate nel segreto del cuore. --------- Quale vicinanza di Dio si manifesta nel crocefisso? È questa la domanda decisiva dalla quale deriva il nostro modo di credere e anche il significato della festa. Vi propongo di guardare al crocefisso guidati dalla parola che ascoltiamo nel Vangelo di Giovanni: “ Dio infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio ”, oppure ricordando queste altre parole del vangelo: “ dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine ”. Dal Crocefisso ci viene una salvezza non perché guardandolo come oggetto magico troviamo immediatamente la soluzione alle difficoltà della nostra vita, ma perché guidati dalla luce della Parola, rinnoviamo la fede nell’amore di Dio per noi, e prendiamo coscienza dell’amore che noi dobbiamo vivere per gli altri. Si dice, ripetendo una frase ormai diventata abitudinaria: “ Gesù ci ha salvato attraverso la sofferenza ”; • Gesù ci ha salvato con l’amore con cui ha vissuto anche quell’esperienza terribile che è la sofferenza • La croce è salvifica perché parla di amore. Parla prima di tutto dell’amore che è l’essere stesso di Dio. Sulla croce, Dio si rivela essere amore per la fiducia con cui Gesù affronta il suo percorso di passione. Fin da quando ha preso coscienza che lo aspetta una condanna a morte, Gesù sceglie di continuare a fidarsi di Dio, che riconosce come Padre, e di continuare a vivere un atteggiamento figliale consegnandosi con assoluta fiducia alla Sua volontà. Gesù crocefisso ci parla dell’amore che l’uomo deve vivere come riflesso dell’amore di Dio, sull’esempio del suo atteggiamento di quando, sottoposto alle atroci sofferenze della tortura che lo uccideranno, non impreca né maledice, ma invoca perdono. La risurrezione è il sigillo al percorso di amore, e dice che quell’amore fa superare la morte e fa entrare in una dimensione di vita vissuta in pienezza. In che modo l’amore della croce diventa salvifico per la nostra vita? Non è per un contatto esteriore come il guardare, l’accendere un cero, il toccare o il baciare il crocefisso, che può venire un bene alla nostra vita. • La salvezza viene soltanto dall’interiorizzare, cioè dall’assumere come nostri gli atteggiamenti di Gesù. La croce è salvifica soltanto se si cerca di realizzare le parole di Paolo che precedono il testo proposto nella seconda lettura: “ Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù ”. Ecco allora il senso della nostra festa, ecco il modo con cui, rinnovando la consegna che ci viene da chi ci ha preceduto, dobbiamo guardare al Santo Cristo: formulando nel cuore il desiderio di assumere per vivere, i criteri del morire di Gesù. |
il Parroco |