Basilica Minore di Santa Maria di Nazareth ...


olio di Amedeo Devoto ...

alcune figure della Parrocchia ...

 

 

 

 

Origini e storia ...




la prima pietra dell'attuale Basilica, fu posta Il 30 luglio 1604 , vicino al porto della cittadella di Sestri Levante, ove esisteva fin dal 1368 una cappella dedicata alla Vergine di Nazareth, fatta edificare da un certo Oberto Doice negli orti della Parrocchia di San Nicolò dell'Isola. Tale cappella, simile nelle linee architettoniche alla Santa Casa di Loreto, nel 1422 fu annessa alla Parrocchiale stessa e nel 1582 eretta in Coadiutoria. Poiché il borgo si sviluppava sull'istmo fra le due baie definitivamente unito alla terraferma, necessitava una chiesa più ampia e vicina di San Nicolò, situata invece nella parte fortificata e più alta dell'Isola.

Il progetto di Giovanni Battista Carbone prevedeva la parziale demolizione della vecchia cappella di cui restano tracce nella sacrestia attualmente riservata al Vescovo e la costruzione di un edificio più grande e maestoso a tre navate secondo i dettami della Controriforma. L’opera fu ultimata nel giro di dodici anni e dedicata e consacrata il 21 giugno 1624, come si evince dall'analisi di un'iscrizione marmorea posta a destra varcando la porta centrale.


Un dipinto ad olio di anonimo,
forse di scuola piemontese del secolo XVIII, conservato nell'Istituto delle Suore della Presentazione di Maria Santissima presenta la primitiva facciata. Essa ha un'unica porta centrale, su scalinata semicircolare, sovrastata da una nicchia in cui è collocata la statua della Madonna con il Bambino, tuttora esistente e due campanili.

L’edificio subì nei secoli interventi conservativi e migliorativi: un cartiglio nascosto dall'organo riporta queste parole: ‘Erecta 1616 Primo restaurata 1791 Secondo 1887 Oper Paolo Piazza'.

 

Nel 1840 a sostegno dei campanili fu aggiunto il pronao neoclassico con quattro colonne in calcestruzzo (in marmo dal 1955), su progetto dell'architetto Giambattista Prato, emulo di Carlo Barabino, artefice del pronao dell'Annunziata a Genova. Furono aperte in facciata due porte laterali e la chiesa assunse l'aspetto attuale.


L'interno è luminoso e scenografico,
armonioso nelle linee e caldo nel predominante color rosato favorevole al raccoglimento.

 

 

 

 

la Pala rimossa dall'altare maggiore ...


attribuita a Lorenzo Bertolotto ...



L'antico altare maggiore, disegnato nel 1628 Giovanni Battista Carbone, con il tabernacolo in marmo rimosso e trasportato dalla Chiesa di Nicolò nel 1614 , non appagava più le ambizioni dei Canonici di Santa Maria di Nazareth, dichiarata il 1 giugno 1755 "Secolare Collegiata Insigne" dalla Bolla di Benedetto XIV.


La pala, un tempo presso l'altare maggiore, secondo tradizione.
La pala, forse dipinta da Lorenzo Bertolotto fra il 1710 e il 1718, non sembrava adeguata alla nuova onorificenza della chiesa. Essa raffigura la Vergine di Nazareth avvolta in una lunga e ampia stola blu, con gli occhi verso il cielo, fra un tripudio di angeli e sprazzi di viva luce, e, a sinistra, la sua casa, appena distinguibile. Tale quadro, recentemente restaurato, appare sopra l’ingresso laterale della Basilica, sul lato rivolto a ponente.

 

 

l'altare maggiore con la statua di Maria dello Schiaffino ...


immerso in un contesto di fughe dipinte ...



I tre gradini per accedere al presbiterio, forse Fede, Speranza, Carità. Poco dopo il 1757 si decise pertanto di arricchire l'ampio vano della chiesa, rinnovando ed abbellendo l'altare al centro del presbiterio già sopraelevato di tre gradini da terra e delimitato da una solenne balaustra in marmi policromi.

Fu affidato il compito allo scultore Francesco Maria Schiaffino (1689 1763), uno dei più noti artisti del momento in ambito genovese, definito “Michelangelo ligure”. L’opera realizzata l’ultimo anno di vita del maestro è forse il suo capolavoro, di certo una delle ultime opere che contribuirono alla diffusione dello stile barocco del Bernini e del Rusconi nella nostra regione. La sua Vergine di Nazareth, a grandezza naturale, si slancia da una nube di putti, da sempre ispiratori di artisti, ma in modo particolare nel Sei e Settecento. Ella fu il centro ideale e reale nel contempo per i pittori Rocco Costa e Giuseppe Galeotti quando nel 1770 decorarono l'abside con prospettive illusionistiche immaginarie.

Elegante e mollemente sciolta nel frastaglio delle pieghe, sembrerebbe l'Assunta, se non si notasse in basso, a sinistra, la casetta di Nazareth, particolare che dà il nome a questa scultura dalla verticalità spiccata, come quella della Parrocchiale di Camogli realizzata dall'artista in precedenza. Poiché la primitiva cappella del 1368 era stata costruita sul modello della Santa Casa di Loreto, la riproposta del soggetto nella scultura rinnova la tradizione alla base della sua origine.

Una lapide sul retro del monumento recita così: ‘Opera insigne del Cavaliere Francesco Schiaffino, il Sig. Domenico Tatis, Vescovo e Conte di Brugnato, a Dio, in onore della Beata Maria Vergine di Nazareth, dedicò e consacrò — 5 settembre anno 1762’.

La decorazione a fresco costituisce l'elemento di sfondo alla scultura, simulando architetture. Essa esemplifica l'idea di unità raggiunta fra le arti, idea di gran moda in terra ligure tra la fine del '600 e l'inizio del '700. Così lo slancio verticale del gruppo marmoreo si unisce con l'inserimento in profondità dello stesso, per cui all'entrata della chiesa ammiriamo la Vergine nella nicchia retrostante. Se avanziamo, il volto della Madonna ci sembra incastonato fra il gioco di archi a tutto sesto del secondo piano degli affreschi del coro. L'influsso del Bernini, il contrasto di luci e ombre, la grazia settecentesca si trasmettono all'altare e ai sui cherubini sbucanti dalle volute marmoree.

L'altare, preceduto da quattro gradini in marmo bianco, presenta la forma a corolla tipica dello Schiaffino, che si espande verso l'alto nelle ondulazioni delle volute terminanti a ricciolo. Il complesso pare trasformato da struttura architettonica in elemento decorativo, controllato ma elegante, ed è un felice esempio di funzionalità coniugata all'estetica.

Dalla navata centrale si intravvedono gli stalli del coro in noce intagliati nel 1742 da Giuseppe Sciaccaluga. Sono diciotto, quanti erano i componenti del Capitolo della Collegiata, con al centro lo stallo vescovile antistante la tomba di Mons. Spinola.

Nel presbiterio la Cattedra vescovile, bell'esempio di scultura lignea genovese del XVI secolo, con lo schienale e il sedile levigati ed una misurata decorazione, ci ricorda la permanenza in Sestri, per una buona parte dell'anno, dei Vescovi di Brugnato nei secoli XVII-XIX. La chiesa sestrese funzionò di fatto come Concattedrale, fino al 22 giugno 1962 quando lo fu dichiarata ufficialmente.

 

 

la venerazione del Santo Cristo ...


altare alla testa della navata laterale, a sinistra entrando

 

Nel 1616 l'immagine scolpita in legno di Gesù Crocifisso fu trasportata dalla Chiesa di San Nicolò, ove era venerata fin dal secolo XIII, nella nuova Chiesa di Santa Maria di Nazareth e collocata in alto nel coro.

Vi fu lasciata senza un proprio altare né omaggi particolari fino al 1690, quando la sua non apprezzata antichità e l'apparente rozzezza la fecero rimuovere e deporre in sacrestia, dimenticata in un angolo.

Incerta era la provenienza della scultura: chi la riteneva un dono del mare giunto a riva dalle parti di Levante, ipotesi ripresa nel '900 dal poeta Giovanni Descalzo nel volume 'Santuari, vallate e calanche della Liguria Orientale'; chi una polena sulla prora di una nave di marinai locali; chi un crocifisso portato all'inizio di processioni penitenziali durante le pubbliche calamità. Tale questione non aveva affatto sfiorato gli abitanti della Isola. Essi, anzi, avevano attribuito all'intervento del Santo Cristo così viene affettuosamente chiamato a Sestri la fuga dei nemici nel 1336 con il conseguente allontanamento delle galee di Monaco dalle due baie.

Nell'estate del 1432 la liberazione dall'assedio dell'Isola da parte di Fiorentini e Veneziani alleati contro Genova, protettrice di Sestri Levante, indusse Giovanni Boccanegra, Rettore di San Nicolò, a deliberare un triduo di preghiere in ringraziamento per lo scampato pericolo.

Tale ricorrenza si perpetuò nel tempo, resa sempre più celebre per solennità di riti e affluenza di popolo. Perciò il 10 maggio 1500 fu dedicata al Santo Cristo una cappelletta absidata con la scritta "Fons pietatis

La devozione degli abitanti emerge anche da una relazione di visita pastorale di Mons. Niccolò Mascardi all'Oratorio dei Disciplinati il 9 giugno 1579: "Confratelli reggendo il Santo Cristo con le candele accese, sfilavano lungo le vie del borgo nelle processioni penitenziali".

Un giorno del 1700 il Canonico sacrista Leonardo Bolasco, con il giovane chierico Cristoforo Rovasca, alla vista di quel Crocifisso così malconcio, privo di braccia e usurato dal tempo, ignari dei tributi di lode e delle suppliche di cui in passato era stato oggetto, pensarono di spaccarlo e bruciarlo. Quando il Bolasco stava per assestargli il primo colpo il Crocifisso aprì gli occhi come persona viva. Bolasco svenne, Rovasca corse ad avvertire il Vescovo e ben presto la notizia si diffuse ovunque, provocando un accorrere di genti vicine e lontane, di ogni età, sesso e classe sociale.

Mons. Leopoldo Lomellini, che resse per trentadue anni la Diocesi di Brugnato, amante di Sestri ove gradiva soggiornare spesso, fece costruire a sue spese una nicchia cui si accedeva dalla cappella a lato del Vangelo già dedicata a Gesù Crocifisso e all'Addolorata, come risultava da una lapide ivi affissa e poi assurdamente demolita.

Così nel 1725 fu esposto magnificamente alla pubblica venerazione La nicchia fu ricoperta da ex voto, segno di grazie ricevute, ed illuminata da una lampada alimentata spontaneamente dalla pietà dei fedeli.

Al Santo Cristo ricorse Sestri durante la siccità del 1751 e, dopo il secondo giorno del triduo straordinario, finalmente piovve. Ancora, nel 1758 Mons. Domenico Tatis concesse l'indulgenza di quaranta giorni a quanti avessero visitato Santa Maria di Nazareth e pregato il Divino Redentore per la cessazione delle pestilenze che avevano colpito la Liguria, dovute anche a una eccezionale inclemenza delle stagioni. Sestri fu risparmiata e il 26 luglio dello stesso anno il Santo Cristo, in segno di riconoscenza, fu portato in processione per tutta la città alla presenza di numerose autorità religiose e civili, fra un grande tripudio di popolo.

il gruppo ligneo traslato

 

Dopo la metà del Settecento venne traslato il gruppo ligneo policromo della Pietà, di scuola genovese su ispirazione fiamminga, appartenente alla Compagnia dei Sette Dolori e fino ad allora venerato nella cappella. Fu posto nella nicchia sovrastante il primo altare laterale per lasciare il posto al Crocifisso.

il capo reclinato sulla spalla destra

 

I dolenti lineamenti del volto conferiscono alla figura una solida volumetria. Le caratteristiche tecnico-stilistiche del Crocifisso rimandano ad un umile artista dell'Italia nordoccidentale e richiamano l'ultima fase della scultura romanico-lombarda: il capo reclinato sulla spalla destra, il busto contratto con le costole rilevate, il ventre appena incavato, le gambe piegate, il piede destro fissato sul sinistro e soprattutto i dolenti lineamenti del volto conferiscono alla figura una solida volumetria.

Il Santo Cristo divenne l'anima e il cuore della Sestri credente. Quando lo stesso venne posto nuovamente sull'antica Croce di San Nicolò, imbaroccata secondo il gusto dell'epoca, fu necessario applicargli braccia di cartapesta.

 

La processione votiva si svolge invece ogni venticinque anni, salvo casi particolari. Dal 1795, per approvazione dei Magnifici Agenti della Comunità, iniziò il solenne triduo del 14 settembre che si ripete ancora annualmente. Una corona realizzata con l'oro offerto dai fedeli su invito di Mons. Vincenzo Podestà, Canonico Arciprete, professore e poeta, fu posta sul capo del Santo Cristo dal Card. Domenico Ferrata, Legato Pontificio di San Pio X, il 13 settembre 1903.

le braccia sostituite in epoca
recente

 

Nel 1978 un accurato restauro sotto la direzione di Anna De Floriani della Sovrintendenza ai Beni Artistici, rimossi stucco e cartapesta, restituì all'effigie l'antica fisionomia romanica, benchè con braccia non proporzionate in sostituzione di quelle del Settecento.

Al Santo Cristo i sestrini ricorrono da sempre per grazie spirituali e materiali perché considerato, come scrisse il compianto giornalista Tomaso Rabaioli, "il Padrone di casa" e, si potrebbe aggiungere, "la bussola che infallibilmente assicura ai naviganti l'attracco in porto e il felice ritorno in famiglia".