l'altare maggiore con la statua di Maria dello Schiaffino ...
immerso in un contesto di fughe dipinte ...
I tre gradini per accedere al presbiterio, forse Fede, Speranza, Carità.
Poco dopo il 1757 si decise pertanto di arricchire l'ampio vano della chiesa, rinnovando ed abbellendo l'altare al centro del presbiterio già sopraelevato di tre gradini da terra e delimitato da una solenne balaustra in marmi policromi.
Fu affidato il compito allo scultore Francesco Maria Schiaffino (1689 1763), uno dei più noti artisti del momento in ambito genovese, definito “Michelangelo ligure”. L’opera realizzata l’ultimo anno di vita del maestro è forse il suo capolavoro, di certo una delle ultime opere che contribuirono alla diffusione dello stile barocco del Bernini e del Rusconi nella nostra regione. La sua Vergine di Nazareth, a grandezza naturale, si slancia da una nube di putti, da sempre ispiratori di artisti, ma in modo particolare nel Sei e Settecento. Ella fu il centro ideale e reale nel contempo per i pittori Rocco Costa e Giuseppe Galeotti quando nel 1770 decorarono l'abside con prospettive illusionistiche immaginarie.
Elegante e mollemente sciolta nel frastaglio delle pieghe, sembrerebbe l'Assunta, se non si notasse in basso, a sinistra, la casetta di Nazareth,
particolare che dà il nome a questa scultura dalla verticalità spiccata, come quella della Parrocchiale di Camogli realizzata dall'artista in precedenza. Poiché la primitiva cappella del 1368 era stata costruita sul modello della Santa Casa di Loreto, la riproposta del soggetto nella scultura rinnova la tradizione alla base della sua origine.
Una lapide sul retro del monumento
recita così: ‘Opera insigne del Cavaliere Francesco Schiaffino, il Sig. Domenico Tatis, Vescovo e Conte di Brugnato, a Dio, in onore della Beata Maria Vergine di Nazareth, dedicò e consacrò — 5 settembre anno 1762’.
La decorazione a fresco costituisce l'elemento di sfondo alla scultura, simulando architetture.
Essa esemplifica l'idea di unità raggiunta fra le arti, idea di gran moda in terra ligure tra la fine del '600 e l'inizio del '700. Così lo slancio verticale del gruppo marmoreo si unisce con l'inserimento in profondità dello stesso, per cui all'entrata della chiesa ammiriamo la Vergine nella nicchia retrostante. Se avanziamo, il volto della Madonna ci sembra incastonato fra il gioco di archi a tutto sesto del secondo piano degli affreschi del coro. L'influsso del Bernini, il contrasto di luci e ombre, la grazia settecentesca si trasmettono all'altare e ai sui cherubini sbucanti dalle volute marmoree.
L'altare, preceduto da quattro gradini in marmo bianco,
presenta la forma a corolla tipica dello Schiaffino, che si espande verso l'alto nelle ondulazioni delle volute terminanti a ricciolo. Il complesso pare trasformato da struttura architettonica in elemento decorativo, controllato ma elegante, ed è un felice esempio di funzionalità coniugata all'estetica.
Dalla navata centrale si intravvedono gli stalli del coro in noce
intagliati nel 1742 da Giuseppe Sciaccaluga. Sono diciotto, quanti erano i componenti del Capitolo della Collegiata, con al centro lo stallo vescovile antistante la tomba di Mons. Spinola.
Nel presbiterio la Cattedra vescovile,
bell'esempio di scultura lignea genovese del XVI secolo, con lo schienale e il sedile levigati ed una misurata decorazione, ci ricorda la permanenza in Sestri, per una buona parte dell'anno, dei Vescovi di Brugnato nei secoli XVII-XIX. La chiesa sestrese funzionò di fatto come Concattedrale, fino al 22 giugno 1962 quando lo fu dichiarata ufficialmente.
la venerazione del Santo Cristo ...
altare alla testa della navata laterale, a sinistra entrando
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Nel 1616 l'immagine scolpita in legno di Gesù Crocifisso fu trasportata dalla Chiesa di San Nicolò,
ove era venerata fin dal secolo XIII, nella nuova Chiesa di Santa Maria di Nazareth e collocata in alto nel coro.
Vi fu lasciata senza un proprio altare né omaggi particolari fino al 1690, quando la sua non apprezzata antichità e l'apparente rozzezza la fecero rimuovere e deporre in sacrestia, dimenticata in un angolo.
Incerta era la provenienza della scultura: chi la riteneva un dono del mare giunto a riva dalle parti di Levante, ipotesi ripresa nel '900 dal poeta Giovanni Descalzo nel volume 'Santuari, vallate e calanche della Liguria Orientale'; chi una polena sulla prora di una nave di marinai locali; chi un crocifisso portato all'inizio di processioni penitenziali durante le pubbliche calamità. Tale questione non aveva affatto sfiorato gli abitanti della Isola. Essi, anzi, avevano attribuito all'intervento del Santo Cristo così viene affettuosamente chiamato a Sestri la fuga dei nemici nel 1336 con il conseguente allontanamento delle galee di Monaco dalle due baie.
Nell'estate del 1432 la liberazione dall'assedio dell'Isola da parte di Fiorentini e Veneziani alleati contro Genova, protettrice di Sestri Levante, indusse Giovanni Boccanegra, Rettore di San Nicolò, a deliberare un triduo di preghiere in ringraziamento per lo scampato pericolo.
Tale ricorrenza si perpetuò nel tempo, resa sempre più celebre per solennità di riti e affluenza di popolo. Perciò il 10 maggio 1500 fu dedicata al Santo Cristo una cappelletta absidata con la scritta "Fons pietatis
La devozione degli abitanti emerge anche da una relazione di visita pastorale di Mons. Niccolò Mascardi all'Oratorio dei Disciplinati il 9 giugno 1579: "Confratelli reggendo il Santo Cristo con le candele accese, sfilavano lungo le vie del borgo nelle processioni penitenziali".
Un giorno del 1700 il Canonico sacrista Leonardo Bolasco, con il giovane chierico Cristoforo Rovasca, alla vista di quel Crocifisso così malconcio, privo di braccia e usurato dal tempo, ignari dei tributi di lode e delle suppliche di cui in passato era stato oggetto, pensarono di spaccarlo e bruciarlo. Quando il Bolasco stava per assestargli il primo colpo il Crocifisso aprì gli occhi come persona viva. Bolasco svenne, Rovasca corse ad avvertire il Vescovo e ben presto la notizia si diffuse ovunque, provocando un accorrere di genti vicine e lontane, di ogni età, sesso e classe sociale.
Mons. Leopoldo Lomellini, che resse per trentadue anni la Diocesi di Brugnato, amante di Sestri ove gradiva soggiornare spesso, fece costruire a sue spese una nicchia cui si accedeva dalla cappella a lato del Vangelo già dedicata a Gesù Crocifisso e all'Addolorata, come risultava da una lapide ivi affissa e poi assurdamente demolita.
Così nel 1725 fu esposto magnificamente alla pubblica venerazione La nicchia fu ricoperta da ex voto, segno di grazie ricevute, ed illuminata da una lampada alimentata spontaneamente dalla pietà dei fedeli.
Al Santo Cristo ricorse Sestri durante la siccità del 1751 e, dopo il secondo giorno del triduo straordinario, finalmente piovve. Ancora, nel 1758 Mons. Domenico Tatis concesse l'indulgenza di quaranta giorni a quanti avessero visitato Santa Maria di Nazareth e pregato il Divino Redentore per la cessazione delle pestilenze che avevano colpito la Liguria, dovute anche a una eccezionale inclemenza delle stagioni. Sestri fu risparmiata e il 26 luglio dello stesso anno il Santo Cristo, in segno di riconoscenza, fu portato in processione per tutta la città alla presenza di numerose autorità religiose e civili, fra un grande tripudio di popolo.