FORMARE la COSCIENZA

d. Enrico Bacigalupo: già parroco a San Giovanni Battista in Chiavari

libera trascrizione di Giampiero Barbieri     

 

Schema della conversazione

(1) Spunti a partire dalla Dichiarazione Conciliare “Dignitatis umanae”

(2) Spunti a partire dal Catechismo della Chiesa cattolica

(3) Spunti a partire da grandi figure

 

 

Introduzione

 

 

Vi chiedo la pazienza di ascoltare un tema che non è facilissimo, cioè è immediatamente facile, poi quando ci si va un po’ dentro non è sempre così facile, d’altra parte è un po’ il fondamento del nostro vivere, il fondamento della nostra dignità.

Mi sono lasciato guidare da un documento della chiesa, un documento del Concilio “Dignitatis umanae”, un documento di oltre 50 anni fa, che non l’abbiamo masticato tanto, ed allora bello riprenderlo … e poi da alcuni passaggi del Catechismo della chiesa cattolica

Volevo provare a dare alcuni spunti e a precisare un po’ cosa vuol dire coscienza – oggi direi particolarmente importante – di fronte ad una cultura quotidiana dentro la quale noi siamo, una cultura molto guidata, molto condizionata, una cultura che ha molti scopi nascosti che vuole conseguire. Noi rischiamo di essere delle spugne che assorbono acriticamente. Oggi c’è necessità di un rigurgito di dignità culturale, di dignità di pensiero. Perché la coscienza è legata alla dignità della persona, al pensiero.

Oggi facciamo davvero fatica a trovare persone che pensano con autenticità. Facciamo fatica a porre qualcosa di diverso. Siamo dentro una complessità di idee più o meno nascoste, più o meno chiare, che ci danno difficoltà a rendere manifesta la nostra consapevolezza di coscienza.

In questo documento, che è nato per un motivo preciso  poi andando dietro quel motivo si è radicato e aperto maggiormente – “se la pratica della fede e del culto è possibile viverla in qualsiasi condizione”, in parole povere “c’è libertà di religione?”. Il Concilio, dovendo interrogarsi sulla libertà di religione, è andato a finire sulla libertà di coscienza. Certamente, perché la risposta a un cammino di fede è legato a una coscienza che diventa consapevole e risponde di sì.

 

Dalla "Dignitatis humanae"

la "verità" è dentro la persona, tutti la possono esplorare

 

 

(1) Nella introduzione di “Dignitatis umanae” – è una dichiarazione, non una costituzione -  si dice “Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via attraverso la quale gli uomini possono pervenire alla beatitudine”. Quindi la coscienza non la dà lo stato, non la dà una legge dello stato “ti concedo di avere coscienza”, non viene dall’esterno, neanche dall’educazione, neanche dalla cultura, ma “Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via attraverso la quale gli uomini possono pervenire alla beatitudine”. Questa è la prima indicazione molto forte, Dio stesso fa conoscere alla persona umana … se uno si ferma e cerca di andare dentro la propria cella interiore scopre la fondamentale norma “non fare il male e fare il bene”.

(2) Tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono, e a rimanerle fedeli. Siamo chiamati a non accontentarci, a non pensare quello che pensano tutti, a non fare quello che fanno tutti – la famosa frase dei nostri adolescenti – “tu non mi lasci andare, ma i miei compagni ci vanno, lo fanno tutti, e quindi è lecito, lo posso fare anch’io”.

È interessante che gli esseri umani sono “tenuti a cercare la verità e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono, e a rimanerle fedeli”, quindi c’è un dinamismo, un cammino di ricerca della verità. Qui si apre un discorso molto serio per noi, cioè ci vuole un tempo di riflessione, un tempo di interiorità, un tempo anche di studio, di approfondimento. Non possiamo andare di corsa, non possiamo costantemente non fermarci e non capire quello che stiamo facendo. Perché siamo tenuti a cercare, ad aderire man mano che troviamo, e a rimanerci fedeli.

(3) La verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti con vigore. Quindi è contro ogni forma coercitiva, contro ogni forma oppressiva, anche di tipo morale, etico. Non si può imporre l’etica, non si può imporre la morale.

 

La coscienza è strettamente legata alla libertà

(4) Il contenuto della libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli e gruppi. Nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né sia impedito il diritto alla libertà religiosa, che si fonda realmente sulla dignità della persona umana.

Pochi giorni fa in un discorso che il papa ha fatto al tribunale giudiziario della Sacra rota sul grosso problema sollevato da “Amoris letitiae”, dice che occorre che le regole della fede si incontrino con l’esistenza dell’uomo, e maturi una coscienza personale, che va rispettata perché ultimo tribunale. L’ultimo tribunale non è la Sacra rota – per dirla in soldoni -, l’ultimo tribunale è l’insieme delle norme che vengono indicate, della situazione della persona, e in questo incrocio emerge una consapevolezza, e questa consapevolezza è il tribunale ultimo. Quindi non si può andare contro coscienza.

Ci sono alcuni livelli di questo cammino per assumere questa pienezza, questa capacità di agire in coscienza, di assumere responsabilità. C’è necessità di godere della libertà psicologica e nello stesso tempo della immunità dalla coercizione esterna. Quella libertà psicologica non eccessivamente legata ai vari condizionamenti. È importante che uno leggendo se, agendo la propria storia, leggendo le proprie convinzioni, leggendo il proprio modo di agire, capisca, si renda conto di quali condizionamenti vive, e sui quali deve in qualche maniera operare. Per poterli maturare, conoscere, dargli un nome.

 

La "verità" è relazionale

 

(5) Dio rende partecipe l’essere umano delle sue leggi, perciò ognuno ha il dovere, e quindi il diritto, di cercare la verità. Però la verità va cercata in modo rispondente alla dignità umana, e della sua natura che è relazionale. E qui si apre un nuovo passaggio. La propria coscienza indica la consapevolezza della propria dignità, che va cercata, vissuta, ma è una dignità che è autentica in quanto si pone in relazione con gli altri.

Qui c’è una battuta di papa Francesco quando è stato in Cile e ha parlato in quel carcere femminile. Ad un certo punto diceva “vi possono togliere la libertà, ma non vi possono togliere la dignità”, e voi davvero su questo iniziate un cammino di libertà, non lasciandovi togliere la dignità voi iniziate una cammino di libertà.

La dignità della persona è di sua natura relazionale. Qui davvero inizia un cammino diverso. La mia coscienza si forma nella misura in cui mi metto in relazione con gli altri, e non soltanto con il vero che io cerco, il bene che io cerco, ma attraverso il confronto, il dialogo con gli altri.

L’uomo cogli gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. Questo è un discorso molto serio anche a livello educativo, catechistico. Cosa vuol dire educare i nostri ragazzi, i nostri giovani ad agire secondo coscienza. Cosa vuol dire abituarli a non andare contro coscienza? Cosa vuol dire per noi adulti, di fronte ai molti compromessi della nostra vita, agire con coscienza?

È il discorso che il papa sta facendo in questi giorni quando parla di corruzione, di complicità. Davvero siamo di fronte a persone che non agiscono secondo coscienza. Credo che a livello di educazione credente dovremmo davvero educare a questo.

Leggevo oggi qualcosa riguardo a chiesa e giovani “la chiesa dovrebbe essere incubatore di singolarità e convergenza di personalità libere”. Se avessimo obiettivo nei nostri percorsi catechistici, formativi per giovani e adulti, essere “incubatori di singolarità e convergenza di personalità libere”! Ragazzi che sappiano costruire con libertà la propria personalità. Di fronte alla molteplice possibilità che il mondo offre, sapere via via individuare ciò che aiuta a crescere.

(6) Come aiutare a formare una coscienza libera? Nella nostra età di essere umani, a motivo di molteplici fattori, [molti] vivono in una atmosfera di pressioni, corrono il pericolo di essere privati della facoltà di agire liberamente e responsabilmente. D’altra parte non sembrano pochi quelli che sotto pretesto della libertà respingono ogni dipendenza e apprezzano poco la dovuta obbedienza. Ricordate lo slogan di don Milani “l’obbedienza non è più virtù”, qui voleva dire che dobbiamo educarci ad obbedire a quella realtà interiore che sentiamo.

(7) Essere amanti della genuina libertà. È importante educarci alla libertà, educare i nostri giovani alla libertà, una libertà costruttiva. I nostro giovani seguono molto i gruppi, le mode, le correnti. Che siano capaci di giudizi personali alla luce della verità. Che maturi un senso di responsabilità, di dialogo e di collaborazione.

 

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica

primato della coscienza formata su tutto

(8) Nel catechismo questa cosa viene ripresa in un modo più attento “la coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo”, cioè dopo Cristo c’è la coscienza, quella parte intima di te. Il primo aspetto è la ricerca della interiorità. La ricerca della interiorità è quanto mai necessaria. Spesso la vite ci mette in condizioni di sottrarci ad ogni riflessione, esame, introspezione. Darci degli spazi do fare un percorso di interiorità. Quando riusciamo a viverlo, ci accorgiamo che questo ci nutre.

(9) Imparare il discernimento. Esso è il confronto fra un dato oggettivo che tu hai davanti e la tua situazione. Come è interpellata la tua situazione, che passi può fare per costruire il bene di quel dato oggettivo? Il discernimento non è mai la moda, non è mai il fare come fanno tutti, non dove c’è il meno scomodo; il discernimento è frutto di un confronto. E poi il confronto con persone prudenti, persone che hanno una relazione buona con te.

(10) Assumere la responsabilità degli atti compiuti.

(11) è un dovere personale formare bene la propria coscienza, è un impegno per la propria dignità.

(12) L’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita, è dinamica. L’altra sera stavamo discutendo della legge sul fine vita. È fatta bene, poteva essere fatta meglio? Però nessuno ti obbliga a viverla, devi formarti tu il tuo giudizio di coscienza, non puoi chiedere al parroco che ti dica cosa devi fare. Il parroco può aiutare in un confronto, ma poi la scelta è tua. E questo di fronte a tante realtà. È importante che manteniamo questa libertà, duttilità, malleabilità, dove davvero siamo chiamati a formarci la coscienza, il nostro giudizio personale, che vuole costruire il bene. Perciò è un compito per tutta la vita.

A tale scopo l’uomo si sforza di interpretare i dati dell’esperienza, i segni dei tempi, la virtù della prudenza, i consigli di persone avvedute, l’aiuto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Sapersi leggere, saper leggere la propria vita, saper leggere il proprio contesto, la propria realtà, non essere abitatori sconosciuti della propria pelle, ma persone che sanno entrare dentro la propria pelle. Leggere i segni dei tempi. Il papa insiste molto di non essere lamentosi, perché non c’è un tempo di grazia se non quello di oggi. Leggere il tempo di oggi, perché è un tempo che sicuramente ci avvicina al regno di Dio. Saper vivere la bellezza del consiglio, il confronto, la rielaborazione comune (è il lavoro che stiamo facendo con i tavoli, è discernimento), e poi aperti all’aiuto dello Spirito Santo.

 

Grandi figure testimoniano la scintilla della "verità" nella persona

(13) Un piccolo testo di don Michele Do “il vero cuore profondo di ogni pura religiosità è nella interiorità del cuore dell’uomo dove Dio abita in spirito e verità. Questi sono gli adoratori”.

L’immagine per me più espressiva di questa profondità spirituale, che trascende tutte le superficialità religiose, è quella di Gandhi “io non ho bisogno di andar lontano a cercare una grotta sacra. La grotta sacra la porto dentro di me”, e ogni lunedì per Gandhi era un giorno dedicato a silenzio, digiuno, preghiera, entrava nella frotta sacra e si metteva in ascolto della piccola voce, e quando gli pareva di averla raccolta e interiorizzata, emergeva saldo come l’Himalaya. La coscienza che diventa quell’altitudine, la rocciosità salda come l’Himalaya. Questo è il cuore puro di ogni pura religiosità.

La verità dell’uomo e la verità di Dio sono lì in questa interiorità profonda, che poi Gesù esprime con una immagine di grande semplicità, molto bella “se voi aveste la fede di un chicco di grano o di un granellino di senape, che annidato nella zona oscura si apre ad accogliere la luce”. Qui comincia quel cammino ascensionale trasfigurante, che lo porta a raggiungere la sua verità, la sua bellezza. Questo è il cuore di ogni pura religiosità.

Formare la coscienza è recuperare la bellezza della dignità dell’uomo, e la fatica di essere fedeli a quella verità profonda che ciascuno di noi porta dentro.