Roberto
Franchini: Università Cattolica del Sacro Cuore - dipartimento di Pedagogia
libera trascrizione di
Giampiero Barbieri
Schema della conversazione
(1) Riflettere sul termine “formazione”
in chiave di interpretazione cristiana
(2) Qualche ricaduta pratica, anche
sulle cose concrete si può essere criticabili
(3) Alcune domande su cui avviare il
dialogo
Cosa non è "formare" in senso cristiano
Il modo laico di intendere questo
termine è “dare forma” – avete presente il concetto di tabula rasa? – le persone
che ho davanti non hanno una forma, le devo incidere, sono io che metto dentro
i contenuti, perché lì dentro non c’è niente. Avete mai sentito parlare del
filone psicologico della “mindfulness”? [ si tratta di una tecnica
meditativa che vuole risolvere il problema del disagio allontanandosi dalla
realtà – è usata come metodo complementare dagli psicologi ndr.]
L’ora di catechismo, se affrontata con
questo punto di vista, rischia di barattare la “buona notizia” con un’ora di
lezione. E questo a bambini che già a scuola fanno fatica perché sono considerati
così, il maestro è tutto e loro sono “vasi di coccio da riempire”.
"Formare" in senso cristiano si basa sulla antropologia dell'uomo
La forma già c’è – questo è
importantissimo – siamo sul piano dei valori. La forma dei bambini, degli
adulti, dei lontani … la forma cristiana, la forma di uomo, già c’è. In tedesco
formazione si dice “bildung”, dove “bild” significa “immagine” – l’uomo è a
immagine di Dio, tutti gli uomini lo sono.
La forma già c’è … la forma l’ha data
Lui, il mondo è già salvato … e questa è la premessa all’ottimismo. A volte si
corre il rischio di fare formazione in modo pessimistico, e invece è buona
notizia. Io ti dico non una cosa che ti è estranea, che ti è pesante, io ti
dico ciò che già sei.
San Paolo afferma “siccome siete santi” ... la
formazione non è aggiungere, togliere, scalpellare, istruire, fare terapia,
fare mindfulness, fare meditazione trascendentale … ecco perché nella formazione
bisogna partire dall’uomo.
Alcune considerazioni pratiche
Ci sono modi di fare l’annuncio che
sono disumani: parlare di resurrezione a persone che non si sono mai poste il
problema della morte (bambini, molti adulti) è una tecnica inutile, bisogna
invece partire da ciò che c’è dentro, l’ansia della immortalità.
Siccome la forma è in tutti, la
proposta è per tutti, a dispetto del risultato (il buon seminatore sparge
ovunque). Anche in chi rifiuta la forma c’è, il Signore troverà tempo e modo
per operare comunque la salvezza.
Perché inseguo la pecora sperduta? Perché
sono ottimista, perché so che la felicità di quella pecora perduta è l’ovile.
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Ottimismo, universalismo,
anticipazione, vediamo la dinamica della formazione
La formazione punta al futuro, perché
la forma già c’è, si tratta di metterla in azione. Il formatore è quello che in
qualche modo anticipa; vedo quel piccolo e intravvedo che potrà avere un ruolo
– che so – nella caritativa, ho pronta una anticipazione su di lui che è basata
sulla sua forma specifica. Il formatore di razza ha questa grande capacità, di
vedere nell’altro ciò che l’altro è già in potenza.
Dice un grande umanista che le
relazioni più autentiche sono quelle in cui, essendo in relazione con una
persona, ti immagini migliore di quello che sei, e sai di poterlo essere. Accade
ogni volta che all’interno della relazione c’è “conferma”, quella relazione
riesce a confermare in quello che puoi essere.
Si tratta dunque di mettere in azione
la forma, la forma come immagine di Dio, ma anche quella forma specifica. Ognuno
ha i suoi talenti, chi ne ha dieci, chi cinque, chi uno. Il problema è mettere
in azione chi ne ha uno, spesso hanno paura di spendersi, ritengono di non
essere all’altezza.
Anticipazione cosa vuol dire? Che io
amo la persona come è adesso – perciò amo il presente (la formazione intesa in
modo laico non è così). Don Orione diceva “i giovani sono di chi se li prende”,
tu stai in mezzo a delle persone e loro colgono che tu stai bene in mezzo a
loro, che li stimi, che li ami così come sono, e poi anticipi.
Non c’è antitesi tra formare e
educare. Educare vuol dire “tirare fuori”. Io non costruisco gli altri, devo
tirare fuori il meglio di quello che sono. Uno dei più grandi nemici di chi
lavora nella formazione è il narcisismo. [ il rischio del narcisista è
quello di imporre all’altro il proprio sogno ndr.].
Un eterno dualismo:
“se ho fede non ho bisogno di metodo” o “ho metodo senza fede, senza ottimismo, senza gioia, senza preghiera”.
Il rischio di non avere metodo: la parrocchia monotematica
Credo che il pastore formatore si debba
porre la questione del metodo.
Lo slancio pastorale senza un metodo è
un guaio. Se non c’è metodo c’è la pastorale ingenua – lo dico come esempio –
produce le parrocchie monotematiche. La parrocchia assume il colore di chi
prevale. Arrivano nuove generazioni, nuove famiglie, ma si dice “si è sempre
fatto così”. Senza metodo non si è capaci a leggere il contesto. Pensate all’insensatezza
nell’epoca dei cloud, degli smartphone, di fare una formazione nozionistica. Se
non c’è metodo la parrocchia tende a chiudersi attorno a chi rispetto al “si è
sempre fatto così” si trova bene.
Per esempio può esserci il sacerdote
liturgista, la parrocchia diventa un tempio, ma attorno a quelle liturgie non c’è
vita. Oppure le “scuole bis”, tutti devo fare formazione almeno tutte le
settimane, ore di catechismo per gli adulti, ma tutto monotematico. Oppure i “servizi
sociali bis”, l’importante è “diamoci da fare”. Oppure le ludoteche.
Non è tutto così pessimo, Gesù si era
scelto i dodici, e non erano degli scienziati. Ricordate quante volte c’è scritto
nel vangelo che non capivano? Se dovessi scegliere tra slancio pastorale e
metodo, scelgo slancio pastorale. La persona di fede senza metodo, comunque fa,
la persona con metodo, ma senza fede è terrificante. La persona di fede col
metodo “fa faville”.
Il rischio del metodo senza fede: una realtà "faticosa" per alcuni
Ecco una situazione tipo, in cui il grosso del carico è su uno dei due coniugi: “Sono un buon marito, l’importante è
volersi bene” - ma tu stiri, fai la lavatrice, vai a prendere i figli, condividete
un po’ di tempo insieme? No nulla, io guardo la partita e lei sta in cucina,
però le voglio bene”. Davvero disorientano situazioni come queste.
Gesù ha tenuto a lungo con sé gli
apostoli, prima di mandarli, la formazione parte anche dalla cura.
Il metodo senza slancio pastorale
diventa farisaismo. Un caricare fardelli pesanti, ingiusti, tristi. Ma anche una efficienza senza sorriso. [ ricordo con disappunto la
severità di alcune comunità ebraiche che ho visitato, al limite del
comprensibile, c'era netta la sensazione di un Dio despota, duro, inflessibile ndr. ]
La bellezza e la grande forza della fede unita al metodo -- la verità del "Corpo Mistico"
Per fare formazione bisogna mettere in
azione le forme, guardando a chi si ha di fronte – vicini o lontani – e scoprire le
forme specifiche. Non solo siamo a immagine di Dio, ma quella immagine ha una
coloratura personale, che è il talento dato a ciascuno. Alcuni sono stati
costituiti apostoli, altri come profeti, altri come evangelizzatori, altri come
maestri, altri come persone disponibili, altri che sanno fare aggregazione,
altri che suonano la chitarra, altri che sanno cantare, altri che sanno
giocare, altri che sanno formare, altri che sanno evangelizzare, altri che formano
i formatori … che bello ! Questo perché sia possibile edificare il Corpo di
Cristo, cui siamo tutti chiamati a partecipare.
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Il papa ha definito la formazione con cinque verbi
Il papa nella Evangelii Gaudium al
numero 24 parla della formazione con cinque verbi:
“Conosce le lunghe attese e la
sopportazione apostolica […] Si prende cura del grano e non perde la pace a
causa della zizzania […] Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in
una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano
imperfetti o incompiuti”.
La parrocchia deve essere una realtà poliedrica
Una comunità universalista. Tutte le forme di pastorale devono
entrare in azione. Chi sa giocare deve essere valorizzato, come pure chi sa
cantare, chi sa formare, ciascuno secondo la sua forma specifica. Si può
aiutare facendo porta a porta, sportello di ascolto, consolando, accompagnando
il prete nella benedizione delle famiglie, preparando il pranzo dei poveri. Può
aiutare anche chi ha un talento solo: parrocchia poliedrica
Interscambio a tutti i livelli. Un progetto di formazione non è la
somma delle parti, cioè non è che una persona da sola fa il centro di ascolto, un’altra
che da sola fa il catechismo. Ci deve essere una “porosità” con tutte le realtà
parrocchiali. Ad esempio gli animatori dei giovani, i catechisti. È pensabile
che si occupino di questo se non pregano insieme ad altri come comunità? Necessita
una conoscenza approfondita di tutta la realtà parrocchiale, la capacità di
delegare, perché è cosa buona, per non essere a rischio di super-attività.
Continuità. Qui sta la differenza tra una
agenzia di formazione e la realtà parrocchiale. La differenza è il dopo. Si è
fatta l’ora di catechismo, e dopo? Sì, tecnicamente è un’ora alla settimana,
però che cosa succede in quella settimana? Faccio esempi: ho visto nervosismo e
a un certo punto ho fatto qualche telefonata, ne ho incontrato qualcuno. Magari
mi accorgo che qualcuno non si è trovato bene, e cerco di porre rimedio.
Noi laici possiamo accontentarci che
il nostro contributo formativo sia quell’ora lì? Allora è un mestiere. In letteratura
si dice che la formazione non deve essere “front” ma “side” [ a fianco ], cioè sei coinvolto
mentre essa si svolge.
Quattro spunti di riflessione
1)La nostra proposta
formativa è universalista?
2)Qual è il
monotematismo a cui tendiamo? Quali forme specifiche non riescono ad entrare in
azione nella parrocchia?
3)Come abbiamo cura
dei formatori? Cosa succede dopo la formazione?
4)La continuità – di
cui parla il papa – si crea solo se essa è presente nel tessuto laicale. La continuità
è “costosa”, ma è un bene prezioso. Ciascuna parrocchia deve trovare la sua forma
di continuità.