"accompagnare" famiglie e ragazzi

Roberto Franchini: Università Cattolica del Sacro Cuore - dipartimento di Pedagogia

libera trascrizione di Giampiero Barbieri     

 

 

Accompagnare – il rischio di una “pastorale punteggiata”, a spot

Il nucleo è “accompagnare” e il soggetto di questo accompagnamento sono la famiglia e i ragazzi.

Il papa nella Evangelii Gaudium usa 5 verbi:

  • prendere iniziativa

  • coinvolgersi

  • accompagnare

  • fruttificare

  • festeggiare

La differenza la fa il dopo rispetto al singolo evento. Il rischio di qualsiasi parrocchia, di qualsiasi tipo di pastorale, è quello di fare una pastorale ad eventi, cioè a sprazzi, una pastorale puntuale. Se la discontinuità con i giovani un po’ tiene (campi estivi, le feste, l’usignolo, l’incontro settimanale), la famiglia invece deve essere accompagnata nel suo ciclo di vita.



Alcuni rischi comuni da riesaminare

La famiglia vive dei cicli (preparazione al matrimonio, il nido che si sta preparando, il matrimonio, poi i figli piccoli, poi crescono, poi se ne vanno e la coppia deve ripartire in qualche modo, poi c’è l’invecchiamento, i nonni molto vecchi), sono tanti temi che accompagnano la famiglia.

Il rischio è quello di fare una pastorale familiare fuori del ciclo di vita, quasi atemporale, senza tempo, annunciando – non so – Gesù risorto, i sacramenti, bisogna andare a messa … senza terne conto che la famiglia vive delle difficoltà che sono legate al ciclo di vita.

La parrocchia - e tutti i suoi operatori – è fatta di pastori che prima di essere maestri, animatori, liturgisti, il cuore della vita della parrocchia è la pastoralità … la parrocchia deve “puzzare di famiglia”, deve farsi carico dei problemi della famiglia. Immagino quante famiglie vivono da sole e nel chiuso di rapporti familiari o inesistenti, a volte difficili, rischiosi, o anche significativi nel caso migliore. Arriva il piccolino e non so cosa fare, non so come si educa, come si sostiene …

I momenti forti non sono solo quelli liturgici, c’è la festa di Samba, poi il Natale, poi la Pasqua, ci sono dei momenti forti che sono quelli dei vari momenti familiari. In genere si parte dal momento del catechismo – non credo che durerà a lungo questa cosa – quindi se l’avvicinamento passa attraverso il catechismo, ne avvicineremo sempre meno. Risulta anche un po’ limitante se consiste nell’imbonire le famiglie a mandare a messa i bambini, nell’essere fedeli al catechismo … e intanto magari quella famiglia lì non sa cosa fare con suo figlio, la mamma è disperata perché non ha un minuto di tempo libero, il figlio diventa grande, va in adolescenza e non sanno più come gestirlo, poi magari ci sono difficoltà economiche. Abbiamo anche molte famiglie separate, pensiamo alla cura dei separati …



Evitare il rischio che la parrocchia diventi “consultorio”

Non voglio dare il pensiero che sia bene trasformare la parrocchia in una sorta di consultorio familiare, poi magari il vicariato, la diocesi, si dotasse di un consultorio (vedi Lombardia, Emilia), non è una scelta necessaria, è una scelta utile. Se in qualche modo non ci prendiamo cura del ciclo della famiglia, credo che poi si rischia di fare una catechesi disincarnata, senza l’uomo …

Preparazione al matrimonio, poi la parrocchia scompare fino al battesimo: interventi a spot. Questo è un dilapidare. Sembra che al termine di quella tre giorni quei giovani non vogliono andarsene … qual’è la proposta di accompagnamento che gli facciamo dopo? Che cosa vive la famiglia in quei tre-cinque anni fino alla preparazione al battesimo? Se lo battezza, perché altrimenti manco la vediamo in fotografia.

In quegli anni arriva il bambino che è una specie di carta assorbente – la chiamo l’epoca dei bambini Vodafone – cioè il bambino è un piccolo tiranno in casa oggi, tutto ruota intorno a lui. Gli educatori si preparano tre anni, forse cinque, questi genitori sono completamente impreparati.



Alcuni semplici suggerimenti

Il linguaggio sacramentale è il top, ma per molte famiglie è un linguaggio astruso, incomprensibile. Si fa distinzione tra pastorale dall’alto (discendente) e pastorale dal basso. In realtà con la pastorale dall’alto a volte manco scendiamo. Cosa dice il battesimo alla vita di quella famiglia?

Oppure parto dall’uomo e arrivo al sacramento. Non possiamo trascurare il fatto che è arrivato un bambino che spesso le coppie sono impreparate. Si può parlare per esempio del non senso dell’allattamento a richiesta, che schiavizza le mamme e crea le basi per il bambino Vodafone, il non senso del bambino in mezzo al lettone che rovina l’intimità della coppia, del fatto che in genere il papà vede lei più come madre che come moglie … la CEI dice del primato della coniugalità su quello della genitorialità, viene prima la coppia, poi il bambino … le famiglie non sanno queste cose.

Una pastorale di continuità raccoglie le coppie fin dalla preparazione al matrimonio, e li prepara ad avere un bambino, si può fare un ciclo di incontri sulla genitorialità – ricordare sempre il rischio di consultizzare la parrocchia – lo si evita se quella può essere l’occasione per preparare al battesimo, oppure si può partire dal battesimo per arrivare alla realtà di genitore. La trasmissione della fede è il “duplicato” di una trasmissione di umanità (c’è una sorta di ereditarietà, anche se non assoluta).

Durante i sei sette anni della iniziazione cristiana dei ragazzi, che linguaggio parliamo con le famiglie? È il linguaggio dei doveri? È solo una serie di incontri informativi? Forse molti non iniziano un dialogo perché pensano che alla parrocchia interessa solo che il ragazzo venga costantemente a catechismo … catechismo, troppo replica del modello scolastico.



Nella pastorale deve “irrompere la vita”

La chiesa ha costruito negli anni una sorta di diaframma tra sé e la vita – come ha fatto la scuola -, la scuola si difende dalla vita, guai se la vita entra nella scuola … non si portano i cellulari … ho in mente una convocazione della scuola ai genitori: “Viste le OO.M n° xx e seguenti, è convocato il consiglio di intersezione avente all’ordine del giorno la presentazione del PTOF, elezione degli organi collegiali, sarà presente il delegato del dirigente scolastico, potranno accedere agli scrutini …” … ma dov’è la vita? Dovremmo invece scrivere “ci vediamo il giorno tale, all’ora tale per parlare della crescita dei vostri figli, seguirà aperitivo”.

Questa la scuola, la chiesa? Credo che il gancio sia la “crescita dei figli”. Quello che respiro nella mia attività è una fame grande grande delle famiglie, chiaro che non è una fame di sacramenti, ma perché lo possa diventare dobbiamo partire dai loro problemi, testimoniare il fatto che la chiesa ha sollecitudine per loro. Alcuni pensano che li chiamiamo per i nostri interessi, che il nostro interesse è vendere sacramenti. “Ecclesia”, chiamata, li chiamiamo per i loro problemi, poi piano piano scopriranno che Gesù è la risposta. C’è un bisogno di misericordia infinito, loro non lo sanno che la chiesa è fatta così, impastata di misericordia.

Le strutture laiche più avvedute avviano gruppi di mutuo aiuto, gruppi di confronto genitoriale … e prosperano.

I gruppi famiglia devono avere un omogeneità per gruppi di vita, perché non si parlo solo di fede dove l’età non c’è, ma mamme con bambino di tre anni si confrontano con altre simili. Così è più facile che le famiglie si parlino. Cosa grandiosa quando una famiglia ascolta un’altra famiglia. Si vede che i problemi sono di tutti, allora sono problemi normali, fanno parte del ciclo di vita.

 

No alla parrocchia con i “posti fissi”

Faccio un esempio, il coro. Se l’addetto al coro è lo stesso da trent’anni funziona, certo che funziona, ma si è persa un’occasione ghiotta per avere 10 chitarristi, 5 tastieristi, 4 col cembalo. Lì veramente non si ha più la parrocchia dei posti fissi. Nel posto fisso certo si realizza il singolo, e ci sta, ma la parrocchia dovrebbe essere un luogo di partecipazione e rinnovamento. Non ci viene spontaneo – ricordate gli apostoli? “facciamo tre tende …” – mentre invece la parrocchia dovrebbe essere sempre a caccia di talenti. Il “talent-scouting” dovrebbe essere il volto dinamico della dinamica vocazionale.



Formazione dei formatori – un richiamo a “essere”

Se si vuole arrivare a tutti, a tutti i cicli di vita, necessitano talenti. Quindi ci vuole anche la formazione dei formatori. C’è tanta cura della formazione dei catechisti, e gli operatori pastorali per le famiglie? E gli animatori dei giovani?

Più che sulle cose pratiche, mi focalizzo su un altro piano, che è quello delle dinamiche di ruolo, non della cosa da fare. Ti chiamo per “essere”, non per “fare”. Poi ti posso chiamare anche per fare. La dinamica vocazionale è una dinamica di ruolo, deve passare per un elemento di realizzazione personale, un senso di protagonismo di cui i giovani e anche le famiglie potrebbero aver bisogno.



Accompagnare” più che essere consultorio – “Scuola” dei genitori

Ci deve essere anche l’altro aspetto, quello dell’accompagnamento, quella famiglia, quella persona non mi può essere estranea.

Qual è l’esigenza delle famiglie durante i periodo estivo? L’aggregazione dei figli. Il Lombardia c’è un tessuto fortissimo dei GREST ( = GRuppoESTivo ), è il centro estivo in oratorio. Il GREST è un segno della sollecitudine ecclesiale per la famiglia. Il GREST è l’occasione per incontrare tutte quelle famiglie che vengono d’estate, si crea un link, si crea un rapporto. Col GREST la parrocchia attua sollecitudine verso i giovani nel senso che dà lavoro per tre mesi a un gruppo di giovani.

L’accompagnamento alle famiglie durante la iniziazione cristiana è per me la scuola per genitori.



Efficacia non è solo professionalità, ma “essere”

Ci vuole più efficacia nelle forme di comunicazione, in questo i laici ci battono alla grande.