Date loro da mangiare ...

Quel giorno, in un territorio poco abitato e lontano dalle città, si era creata una situazione difficile: la gente era rimasta attratta da Gesù e dalla sua parola fino a dimenticare un bisogno così elementare come il mangiare, ma visto che la giornata volgeva al termine, ci si doveva necessariamente preoccupare del cibo. Ho il sospetto che quando gli apostoli hanno proposto a Gesù di congedare la folla perché andasse a procurarsi da mangiare, abbiano nello stesso tempo pensato: “Almeno noi possiamo mangiarci le nostre provviste, cinque pani e due pesci possono bastare per toglierci la fame più grossa”. Poi è intervenuta una certa preoccupazione quando Gesù ha fatto capire che bisognava iniziare a dare proprio quei pani e quei pesci e ha incominciato a distribuirli, poi sarà arrivato un sospiro di sollievo quando hanno visto che quei cinque pani, più si dividevano e più si moltiplicavano. Spero di non essere troppo dissacrante nel formulare il pensiero che proprio allora da molte bisacce siano saltati fuori pani tenuti nascosti e da quel primo atto esemplare tutti abbiano cominciato a condividere con altri ciò che pensavano di tenere per sé, e così ci sia stato pane per tutti. Potrà sembrare una soluzione poco miracolosa, ma penso che smuovere un cuore chiuso all’amore e renderlo capace di condivisione sia ugualmente un grande miracolo.

Ci sono gesti che diventano tipici di una persona fino ad essere segni che la rappresentano, tanto che quando pensiamo a quella persona, più che tante descrizioni ci viene in mente proprio quel gesto. E quando ci soffermiamo a ricordare quel gesto, a come lui o lei lo compiva, o quando casualmente rivediamo quel gesto fatto da un altro, ci sembra che quella persona sia presente e la possiamo vedere. Gesù ha voluto che un gesto lo rappresentasse e lo rendesse presente, ed è proprio quel gesto fatto nella distribuzione dei pani per quella moltitudine che nell’ultima cena ha consegnato come riassuntivo di tutta la sua vita. “Con questo gesto mi ricorderete e mi renderete presente, io sono questo pane che spezzo e che dono per nutrirvi e per unirvi insieme in comunione fraterna.”.

Certo il gesto di Gesù ha ben altra forza rispetto ai gesti che facciamo noi: quando io ricordo un gesto tipico di mio papà, lui è presente nei miei ricordi, ma la sua presenza non è più reale. Il gesto di Gesù invece lo rende realmente presente, perché Gesù è risorto e perciò è vivo della stessa vita di Dio, pertanto, quando riviviamo il suo gesto, egli davvero è lì, ed in quel gesto si rende riconoscibile. Ho parlato di gesto e non solo di pane, perché il gesto è “mezzo di relazione” e penso che nell’Eucarestia Gesù sia presente non come in una cosa sacra, ma come una “relazione sacra”. Una cosa pur importantissima, pur preziosissima, la possiamo mettere in rilievo in una teca a prova di proiettile, la possiamo illuminare in modo che risalti in tutta la sua bellezza, ma questa cosa rimane esterna a noi e la nostra vita non viene cambiata dallo stare a contatto con essa. Una relazione invece mi costringe a prendere posizione, a dire si o no, una relazione, attraverso il gesto mi comunica i pensieri, i sentimenti che abitano nell’altra persona e quei sentimenti che entrano in me, possono suscitare un rifiuto, ma anche una empatia, una condivisione di quegli stessi sentimenti, fino ad aderirvi e farli diventare miei. Se l’Eucarestia è Gesù che mi incontra, come un pane che viene spezzato e donato, l’Eucarestia mi costringe a lasciarmi toccare da quel gesto, facendomi sentire la contraddizione tra ciò che fa Gesù per me e tutte le volte in cui io trattengo per me, e come gli apostoli e la gente presente quel giorno, mi costringe a tirare fuori dalla bisaccia il pane nascosto, tenuto per me solo, per incominciare a condividerlo con altri.

il Parroco