Ma voi, chi dite che io sia?

Nel racconto dei tre Vangeli, che solitamente chiamiamo “sinottici”, perché tra loro seguono uno schema simile nel disporre il tempo della vita missionaria di Gesù, questo episodio si colloca al centro, come a segnare uno spartiacque tra una prima e una seconda parte. Possiamo, infatti, descrivere il vangelo nella prima parte, come un cammino per scoprire Gesù e arrivare alla fede in Lui, riconoscendolo come inviato di Dio, e nella seconda, scoprire, seguendolo, che egli rivela Dio per la via della croce.

In un luogo solitario, dopo un tempo di preghiera, che nel vangelo di Luca sottolinea sempre i momenti importanti dell’azione di Gesù, egli fa con gli apostoli una verifica dell’esperienza che stanno facendo. Gesù parte con un approccio dolce alla questione sulla quale vuole confrontarsi con gli apostoli, infatti è facile rispondere alla prima domanda, quando si tratta di riportare le opinioni di altri. Poi arriva alla domanda più importante, quella che interpella il pensiero personale e chiede in modo diretto: “Voi chi dite che io sia?”. La domanda è più impegnativa, non tanto perché richiede una risposta che può essere giusta o sbagliata, ma perché chiede di esprimere di fronte a Gesù una posizione personale, una decisione della propria libertà. Vi sembrerà un’inutile sottigliezza quella che vi sto per proporre, ma io la ritengo molto importante e a mio avviso dà una qualità diversa al nostro cammino religioso. Gesù non chiede agli apostoli di esprimersi circa il suo insegnamento: se è espresso bene in modo efficace, se condividono i contenuti che insegna. Gesù non chiede una verifica sulle sue azioni, sui gesti che compie. Gesù chiede agli apostoli di esprimersi sulla sua persona, di pronunciarsi circa la loro relazione con Gesù. La domanda importante è: “Chi sono io per voi?”, “Cosa c’entro io con la vostra vita?”. ”.

Nella nostra esperienza di vita sono state molto importanti le persone che ci hanno aperto la mente a nuove conoscenze, ricordiamo con gratitudine i nostri insegnanti di scuola, se sono stati dei veri maestri. Anche oggi, quando ascoltiamo una riflessione o leggiamo un libro che ci insegna una cosa nuova, siamo grati a quell’autore. Così pure ci restano impressi i gesti di un campione sportivo, le scoperte di un ricercatore scientifico o tecnologico, i gesti generosi di un filantropo; a contatto con loro, possiamo sentire un impulso che ci induce a imitarli. Ma le persone che hanno maggiormente influsso nella nostra vita sono gli amici, coloro che ci amano e quelli che amiamo.

La domanda che Gesù pone agli apostoli è proprio una domanda di verifica sulla relazione degli apostoli con Gesù, una valutazione della loro amicizia. Un amico ti aiuta a conoscerti, dicendoti con sincerità e senza giudizio ciò che egli vede di te, ti aiuta a scoprire aspetti che ancora non avevi considerato, noi ci conosciamo attraverso gli occhi di chi ci ama. Un amico, offrendoti il suo pensiero e il suo modo di vivere ti provoca a esprimerti, per cui puoi dire: “Io la penso diversamente da te” oppure “sono d’accordo con te, voglio anch’io pensare così”. Chi maggiormente ci aiuta a crescere è l’amico. Gesù non è solo un maestro particolarmente efficace, non è solo un esempio, è soprattutto l’Amico.

Ho letto tanto tempo fa un libretto di von Balthasar che diceva: “Deve essere possibile anche a noi buttare le braccia al collo di Gesù”. Penso che la risposta di Pietro alla domanda di Gesù, non sia stata un dare la risposta giusta come ai quiz scolastici, ma sia stato il suo modo di buttargli le braccia al collo perché aveva trovato l’amico che lo aiutava a vivere.

il Parroco