Va’ e anche tu fa’ così

Gerusalemme è posta su un altipiano a 760 metri sul livello del mare, è il centro politico e religioso per il popolo di Israele; nella città c’è il tempio, il luogo dove ogni israelita va periodicamente per rinsaldare il proprio legame con Dio e per aderire all’alleanza che Egli ha stabilito con il suo popolo. Gerico è una città posta nella valle del Giordano, in un avallamento che raggiunge 240 metri sotto il livello del mare. Gerico, situata sul confine con territori stranieri, è città di scambi e di incontro con culture e religioni diverse. Chi va da Gerusalemme a Gerico scende un dislivello di circa mille metri, parte dalla città santa che custodisce i segni della presenza di Dio, per andare ad incontrare l’uomo nella sua concreta situazione, per incontrare l’uomo nella sua singolare complessità. La prima immagine che accogliamo dal vangelo è proprio quella della strada: dobbiamo essere discepoli di Gesù in cammino, che partono dalla chiesa, luogo della preghiera e dell’incontro eucaristico, e percorrono le strade del mondo alla ricerca dell’incontro con l’uomo. La strada rappresenta quel movimento a cui papa Francesco ci sta richiamando, dal centro alla periferia.

L’uomo che troviamo sulla strada è spesso l’uomo ferito, l’uomo spogliato della sua dignità e lasciato mezzo morto perché percosso dalle vicende della vita o dalla cattiveria di altri uomini.”.

Sulla strada verso Gerico ci sono due uomini che per il loro portamento sono ben riconoscibili, sono uomini religiosi che vengono proprio dal servizio del tempio, un sacerdote e un levita, persone che dovrebbero esprimere nelle loro azioni la volontà di Dio. Vedono l’uomo mezzo morto, ma affrettano il passo andando oltre, guardando dall’altra parte. Possiamo provare ad immaginare le motivazioni e gli stati d’animo che provocano l’affrettare il passo da parte del sacerdote e del levita, confrontandoli con il “nostro passare oltre” di fronte a chi chiede il nostro aiuto. Passiamo oltre per la fretta di arrivare alla méta alla quale siamo diretti; passiamo oltre per la paura di perdere o di comprometterci; passiamo oltre per una errata presunzione sulla nostra dignità che non si vuole sporcare con chi rappresenta un modo diverso di vivere.

Su quella medesima strada, un uomo vede l’altro uomo lasciato lì mezzo morto e ascolta la compassione che grida nel suo animo, e invece di andare oltre si ferma, scende e si abbassa andando vicino a quel poveretto. Una sequenza di gesti esprime l’azione di soccorso: gesti solleciti, gesti precisi e tutti rivolti a soccorrere il ferito, a provvedere alla situazione: “Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versò olio e vino, lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui, e ancora tirò fuori due denari e li diede all’albergatore”. Vogliamo ancora considerare le qualità del gesto di quell’uomo che si china sul ferito: è un samaritano, possiamo pensare che il ferito sia un ebreo, egli supera le differenze di razza, di religione e di cultura; per lui non sono una barriera invalicabile tutte le ragioni della diversità; nel compiere i suoi gesti di cura egli accetta di perderci: perde il suo tempo, perde il suo olio e il suo vino, perde il suo denaro che consegna all’albergatore.. .

Gesù sottolinea un altro aspetto dell’azione del samaritano: egli non ha cercato nell’altro, nell’uomo ferito, le qualità che lo potevano indicare come un “prossimo da amare”, non si è fatto domande come: “ha veramente bisogno?, merita di essere aiutato?, ma davvero non ha colpa nel trovarsi così?”. Ha invece cercato dentro di sé le ragioni per cui proprio lui era il prossimo dell’uomo ferito: “io sono uomo come lui, quell’uomo perciò è come me, è parte di me, è mio fratello”, oppure: “se io fossi al suo posto vorrei che qualcuno si fermasse, allora tocca a me fermarmi”. C’è poi un’altra ragione ben presentata nel commento che il Card. Martini fa di questa Parabola: “La compassione è la qualità di Dio, chi si pone veramente in ascolto di Dio si lascia attraversare dalla medesima compassione.” Questa ultima considerazione è molto importante perché non affida il chinarsi sul fratello ferito a considerazioni di opportunità, ma la compassione diventa una necessità, una questione di fedeltà al modo di essere di Dio.

il Parroco