Insegnaci a pregare

Il Vangelo ci dice che Gesù pregava spesso e a lungo, e la domanda dei discepoli che chiedono a Gesù: “insegnaci a pregare”, sorge proprio dal vedere il modo particolare con cui egli pregava. Quindi, possiamo pensare che nella risposta Gesù comunichi la sua esperienza, che la preghiera che insegna sia la sua stessa preghiera, desiderando per ogni discepolo, che viva il suo stesso modo di pregare.

I vangeli hanno conservato della preghiera di Gesù due versioni: una di Matteo nel discorso della montagna, (che è quella utilizzata dalla liturgia) e l’altra nel vangelo di Luca, cioè quella che leggiamo oggi. Le due preghiere, che possiamo utilizzare per la nostra preghiera, sono leggermente diverse nella formulazione, ma comunicano lo stesso significato, trasmettono lo stesso atteggiamento interiore. La prima comunità non ha avuto interesse a conservare le parole precise di Gesù, come fossero una formula magica che funziona in quanto ripetuta nella espressione precisa del Maestro, ma si è preoccupata di conservare della preghiera di Gesù il significato, l’atteggiamento interiore sottinteso dalle parole utilizzate.”.

Questa osservazione ci porta a riflettere sul significato della preghiera. Molto spesso noi pensiamo alla preghiera come a delle formule da ripetere e pensiamo che siano efficaci in quanto meccanicamente ripetute. A volte si incontrano persone che con molto slancio, affermano: “oggi ho recitato tre o cinque rosari”. Pensate che sia possibile pregare tanti rosari mentre il pensiero medita i misteri e mentre l’animo è mosso da sentimenti interiori? Ricordo cosa è successo in una parrocchia quando, per la preghiera dei defunti si è scelto di pregare solo tre misteri del rosario per dare più spazio all’ascolto di letture della parola di Dio e di preghiera con i salmi, come in effetti prescriverebbe il rito delle esequie, ci fu una sollevazione generale: tutti a dire “che quella non era la giusta preghiera”, questo soltanto perché non si ripetevano più le formule stabilite dalla tradizione. Per i discepoli di Gesù, la preoccupazione non era quella di conservare e ripetere una formula, ma quella di vivere dei sentimenti, di esprimere atteggiamenti interiori.

La parola più importante è quella iniziale, con la quale ci si rivolge a Dio chiamandolo Padre, o meglio, dobbiamo pensare che la parola giusta detta da Gesù sia quella espressa dalla parola aramaica “Abbà”, “papà”. Proprio da questa parola capiamo che cosa significa pregare, non è una questione di formule da dire, ma di relazione: è vivere nei confronti di Dio una relazione che assomigli a quella di un figlio nei confronti del proprio padre, o, secondo la parabola che sempre oggi ascoltiamo, è “stare in relazione con un amico”. Raccogliamo come messaggio proprio questo insegnamento: pregare non è semplicemente un dovere da adempiere, pregare non è dire preghiere, pregare è: “stare consapevolmente in relazione con Dio, riconosciuto come Padre, sorgente della nostra esistenza”. Possiamo certamente utilizzare preghiere, ma se non scatta la partecipazione dell’anima alla relazione con Dio, non possiamo pensare di aver pregato.. .

Come ogni relazione, anche la relazione con Dio ha tantissime sfumature: la preghiera di Gesù ci invita a pensare che prima di tutto bisogna rivolgersi a Dio ed esprimere la domanda che si compiano i suoi desideri; la prima preghiera è perciò quella della lode e del ringraziamento. La seconda parte ci autorizza a stare nella relazione con Dio formulando delle richieste: anche se le domande del Padre nostro non riguardano un bene individuale ma collettivo, siamo invitati a chiedere il pane per noi e per i nostri fratelli.. .

Della relazione di amore fa parte anche la richiesta di aiuto, la domanda che chi ci ama corrisponda ai nostri desideri. Cosa dobbiamo pensare quando ci sembra che Dio non esaudisca le nostre preghiere, quando ci sembra che Dio non ci ascolti? Gesù fa una affermazione fondamentale: nella preghiera stiamo di fronte a Dio che è Amore; un amico, a volte può muoversi soltanto perché mosso dall’insistenza, Dio no, è molto di più dell’amico importuno, Egli è mosso dall’amore. Se la preghiera è mossa dalla fiducia che Dio è Amore, il primo dono da chiedere è proprio ”l’amore, cioè il suo Spirito” e poi dovremmo sempre disporre il nostro animo in modo da non esprimere la pretesa che Dio si pieghi alla nostra volontà, ma aderendo alla Sua, possiamo dire: “sia fatta la Tua volontà”.. .

il Parroco