La porta stretta Ogni mattina siamo spinti ad affrontare la giornata che ci viene incontro, dall’attesa che si realizzi per noi l’esperienza della gioia. Di fronte al fatto che la gioia che sperimentiamo non è mai assoluta, perché sempre mescolata a ragioni di tristezza, e non è mai definitiva, perché prima o poi finisce, nasce dentro di noi il desiderio che finalmente un giorno la gioia sia piena e sia per sempre, neanche più interrotta dalla paura della morte. Chiamiamo “salvezza” questa esperienza di gioia in pienezza e per sempre che crediamo e speriamo: è infatti necessario che essa esista perché sia vero l’amore con cui Dio ci ha chiamato alla vita, è necessario che essa esista perché si compia la promessa di Gesù. Tutti vorremmo poter essere garantiti che l’esperienza della salvezza ci riguarderà; (era questo anche il sentimento che animava quel tale che ha posto a Gesù la domanda) dal sapere se sono pochi o tanti i salvati, si può capire se noi possiamo contare di essere nel numero. Anche nella esperienza cristiana si è cercato di risolvere l’ansia della salvezza, promettendo la garanzia del suo raggiungimento, una volta compiuto un determinato gesto religioso. Gesù non risponde direttamente alla domanda, ma fa un più ampio ragionamento su questo argomento. ”. Penso che abbiamo ormai già maturato la consapevolezza che nell’insegnamento di Gesù, la salvezza non è paragonabile ad una cosa da poter acquistare o meritare con opere buone. La salvezza non è nemmeno una cosa che una volta acquisita è posseduta per sempre. Se compro una casa o un gioiello, pago con i miei soldi, e una volta acquistati sono miei per sempre. Gesù presenta la salvezza non come una cosa da possedere, ma come l’esperienza della relazione con Dio Amore. Tutti noi facciamo l’esperienza di una relazione che, come accade nell’amicizia o nel matrimonio, non è mai garantita per sempre, non va avanti per forza di inerzia, non è neppure resa sicura dall’atto giuridico che le ha dato inizio. La relazione ha bisogno di “nutrimento”. Penso che molte difficoltà nelle coppie derivino proprio dal dare per scontato l’amore nella coppia, senza assumersi come primo compito proprio quello di coltivare l’amore giorno dopo giorno. Possiamo dare per certa la volontà di Dio di essere in relazione con noi, Dio lo ha già detto e dimostrato attraverso Gesù, anzi, proprio per questo dobbiamo pensare che il primo atto della salvezza sia una Sua iniziativa. Alla luce di questo, possiamo dire che comunque non ci si salva, ma si è salvati. La salvezza è sempre dono. Se possiamo essere sicuri che rimane ferma la volontà di Dio di donarci il Suo amore, ugualmente non possiamo essere sicuri della nostra volontà di accogliere questo amore e ancor più non siamo sicuri della volontà di corrispondere all’amore. Perché la relazione funzioni è infatti necessario l’atto della libertà che apre il cuore all’amore dell’altro; l’amore non lo si dona per forza e non lo si tira dietro alla schiena, lo si offre in faccia guardando negli occhi, perché l’altro possa dire: “mi interessa il tuo amore”. L’amore è un bene così prezioso che occorre mostrare che a quell’amore si tiene, che di quell’amore si è responsabili. Come fa il Piccolo Principe, che cura ogni giorno la sua rosa, custodendola sotto una campana di vetro.. . Per questo Gesù dice “sforzatevi”, proprio per dire questa responsabilità. È uno sforzo, non perché Dio ci voglia far pesare il suo amore, ma perché abbiamo sempre la tentazione di cercare altrove la felicità, o perché non facciamo tutti i passi per mostrare che riteniamo prezioso quell’amore. Il fatto che la porta sia stretta richiama la necessità di questo sforzo, non perchè la salvezza sia per pochi, anzi, Gesù presagisce una folla enorme dall’oriente e dall’occidente. Ci sono due immagini che mi piace qui riportare: la porta è stretta perché per essa possono passare i piccoli, la porta è stretta perché per essa si passa senza essere ingombrati da troppi bagagli.. . C’è ancora una riflessione importante alla quale accenno appena. Per corrispondere all’amore non basterà un legame superficiale o esteriore, come non basterà agli ebrei, suoi contemporanei, dire di Gesù “ti abbiamo sfiorato quando sei passato nelle nostre piazze”. Così a noi non basterà dire che siamo stati battezzati o che abbiamo frequentato le chiese, se a questo non abbiamo dato seguito cercando di vivere per attuare la volontà di Dio come ci è stata insegnata da Gesù.. . il Parroco |