Essere mio discepolo Oggi ci sembra di sorprendere Gesù in contraddizione con se stesso: fin dall’inizio aveva dichiarato di essere inviato da Dio ad annunciare il Suo regno e invitare tutti a farne parte, attraverso il credere alla Sua parola. Agli apostoli e a molti altri aveva fatto la proposta di andare con lui e di diventare suoi discepoli. Successivamente aveva invitato gli apostoli a collaborare alla sua missione e li aveva inviati ad annunciare il regno e a portare la pace. Affiderà alla fine agli apostoli il compito di andare in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo e a fare di tutti gli uomini dei discepoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. E ora che finalmente il suo intento sembra riuscire, infatti il vangelo constata che una folla numerosa andava con lui, non sembra contento di questo e cerca di scoraggiare le persone mettendo davanti a loro tutte le esigenze difficili che il seguirlo comporta. Certo, non possiamo pensare che sia venuto meno l’intento iniziale, per cui Gesù si era sentito investito di una missione universale ed era mosso da un’ansia di andare verso tutti gli uomini, soprattutto i poveri e gli oppressi. Alla luce di tutte le altre parole di Gesù, non possiamo pensare che l’amore del Padre che egli viene ad offrire sia per pochi eletti e non per tutti. Gesù vuole offrire l’amore a tutti, ma non vuole una risposta superficiale, conta anche la qualità della risposta che gli uomini danno alla chiamata e proprio sulla qualità della adesione di fede a Gesù, ci fa riflettere il vangelo di oggi.”. Quando ci si muove dentro una folla numerosa subentrano alcune particolari dinamiche, ci si identifica attraverso il fatto di essere in tanti, si è portati ad agire per imitazione del comportamento degli altri. I due protagonisti della parabola, sia il costruttore della torre sia il re che parte per la guerra, sono invitati a prendere una decisione oculata, valutando bene il pro e il contro, verificando se hanno i mezzi adeguati all’impresa. Gesù coglie in quelle particolari circostanze la necessità di una decisione consapevole, libera e responsabile. Potremmo sintetizzare il messaggio di questa prima riflessione nello slogan: “Cristiani per scelta”. Seppure molte cose siano cambiate, e la società più laica ci costringa a confrontarci con chi crede in modo diverso da noi, portandoci a giustificare in modo più convinto la fede, è possibile essere cristiani per tradizione e per abitudine. Gesù ci dice essere cristiani per scelta. La seconda riflessione ci porta a parlare su: “in che cosa consiste la scelta”. La nuova traduzione addolcisce l’impatto con le parole di Gesù, che nella precedente erano espresse in termini molto più brutali. Gesù prende a riferimento le relazioni familiari che sono le più significative per la vita di una persona, quelle di cui a volte ci sembra di non poter fare a meno, anche se abbiamo poi dovuto tutti adattarci a vivere, quando il padre e la madre non ci sono stati più e anche se quelle relazioni così importanti, a volte possono diventare un ostacolo allo sviluppo della piena libertà. Gesù chiede di valutare la relazione con Lui e, attraverso di Lui con il Padre, come una relazione più importante e più necessaria rispetto a tutte le altre. Non si tratta di mettere in competizione queste relazioni, ma di riconoscere che quella con Dio è su un altro piano, ed è proprio dal riconoscere la relazione con Dio, che è possibile vivere tutte le altre. Dio è dunque per noi non un bene fra altri beni, ma quel bene sommo da cui tutti gli altri dipendono. Potremmo in questo caso raccogliere come sintesi di questo secondo punto le parole di papa Francesco: “Questo significa che la fede non è una cosa decorativa, ornamentale, vivere la fede non è decorare la vita con un po’ di religione, come se fosse una torta decorata con la panna. No, la fede non è questo. La fede comporta scegliere Dio come criterio base della vita”. il Parroco |