Siamo servi senza pretese

Tra i tanti e preziosi incontri raccontati in quel meraviglioso libretto che è il piccolo Principe, mi è rimasto molto impresso anche quello nel quale il piccolo Principe incontra il mercante, venditore di pillole che tolgono la sete. Il mercante spiega al piccolo Principe la prodigiosità del suo ritrovato: inghiottendo una delle sue pillole, per tutta la settimana, non si aveva più il bisogno di bere. Con questo artificio prodigioso, gli esperti avevano calcolato che si risparmiavano ben cinquantatre minuti da poter utilizzare a proprio piacimento. Il piccolo Principe concludeva l’ascolto di quella spiegazione dicendo: "Io se avessi cinquantatre minuti da spendere, camminerei adagio, adagio verso una fontana..."..

Con questo racconto l’autore si pone in modo critico rispetto a quel modo di vivere che vede il profitto e l’utile come unico motore che spinge la persona all’azione. Questo modo di vivere è andato sempre più affermandosi nel nostro tempo, fino ad essere portato all’esasperazione. In questo modo è avvenuto quel fenomeno denunciato più volte dal magistero dei papi e ribadito con forza anche da papa Francesco: dell’esproprio della identità della persona. “Se le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita, ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini”. È il severo monito lanciato domenica scorsa. Penso che tutti noi possiamo richiamarci ad una qualche esperienza rimasta impressa nella nostra memoria, che non ha avuto come esito immediato un profitto, ma che ha fatto emergere un aspetto della nostra persona, che ha raggiunto e ha fatto vibrare una corda del nostro animo.”.

Ha senso per me, uscire di casa verso sera in una giornata di sole e muoversi verso il mare, per vedere il sole calare all’orizzonte fino a tuffarsi nel mare, mentre il cielo si tinge di svariati e sorprendenti colori. Eppure se uno mi chiedesse: “che cosa ci guadagni da questo?” io risponderei “niente”, infatti sembrerebbe un gesto inutile che non serve. Ma restare incantato di fronte al tramonto, mi dà consapevolezza della grandezza, dell’armonia, della bellezza dell’universo e sento che io così piccolo, sono parte di questo immenso disegno. Una tale esperienza non posso dire che sia utile, se non a ridestare e a far crescere consapevolezza della mia identità. Ugualmente posso riferirmi all’esperienza del restare incantato di fronte ad un quadro, o all’ascolto di una sinfonia, o alla lettura di un libro.

L’esperienza più significativa è l’amicizia, un’esperienza assolutamente inutile dal punto di vista del guadagno, eppure è l’esperienza più significativa, quella che riempie la vita di senso. Ci sono esperienze che non servono se calcolate con la misura del profitto economico, ma sono importantissime perché ci fanno sentire vivi, ci danno coscienza di chi siamo in relazione alla vita del mondo. Forse l’immagine utilizzata da Gesù non è proprio la più adeguata, perché quella relazione del servo col suo padrone, a noi oggi pare piuttosto una relazione di sfruttamento, ma penso che sia questo il messaggio della parabola del servo e del padrone: serve a dirci che la relazione con Dio non va coltivata allo scopo di averne dopo delle ricompense, ma perché quella relazione dà pieno senso alla vita.

Per il servo che torna dal lavoro nei campi, se gli è chiesto ulteriormente di preparare la cena e di servirla al suo padrone, non è niente di eccezionale, ma adempie il suo compito, realizza cioè la sua identità. Se pensiamo questa modalità di relazione in riferimento a rapporti di lavoro, ci viene da pensare, giustamente, alla richiesta di un carico eccessivo. Dio non è un padrone e noi non siamo servi per Lui, ma Dio è Padre e noi siamo suoi figli; amarlo e vivere aderendo alla Sua volontà non è fare una cosa onerosa, che si giustifica soltanto con la successiva ricompensa. Se viviamo da figli e amiamo il Signore, è perché Lui ci ha già amato per primo, facendo per noi molto più di quanto noi possiamo fare per Lui. Tornando al discorso iniziale, uno può chiedere: “Cosa ci guadagni dal credere in Dio?” Ecco la risposta: Niente dal punto di vista economico, ma sento che la vita è bella perché so di essere amato..

il Parroco