Senza stancarsi mai

Io penso che la parabola del giudice corrotto e della vedova che con insistenza chiede giustizia, sia da leggere alla luce della domanda che abbiamo ascoltato alla fine: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Se prendiamo questa frase come la chiave di lettura della parabola, dobbiamo dedurre che il messaggio riguardi la fede e perciò costituisca un terzo passaggio della riflessione che stiamo facendo sui vangeli di queste domeniche. Nella prima domenica abbiamo raccolto dal vangelo il messaggio che la fede è dono, non una nostra iniziativa meritoria. Nella seconda domenica abbiamo sottolineato che la fede non mira ad ottenere la risposta ai nostri bisogni, ma risponde all’unico grande bisogno che è quello di Dio. In questa terza domenica possiamo dire che si pone alla nostra attenzione l’oggetto della fede, cioè: “com’è Dio nel quale crediamo?”.

Attraverso la figura del giudice iniquo Gesù costruisce una possibile immagine di Dio. Il giudice è l’immagine di un uomo di potere, che mira soltanto al suo interesse; egli non svolge la sua funzione come un servizio alla giustizia, ma piega i suoi giudizi al proprio vantaggio personale. Lo possiamo perciò pensare come un uomo disponibile alla corruzione, capace di falsificare le sue sentenze a vantaggio del più forte. Egli non sarebbe propenso ad esaudire la domanda della vedova, lo fa soltanto per togliersi il fastidio di quella donna così insistente. Gesù sa che possiamo costruirci una immagine simile di Dio, che pensiamo di lui che non sia benevolo nei nostri confronti e lo immaginiamo lontano, distratto, totalmente intento in altre faccende. Noi dovremmo moltiplicare le nostre suppliche, dare voce alle nostre domande insistenti, presentare a lui le nostre opere meritorie per convincerlo a darci attenzione, ad esaudire la nostre richieste, a piegarsi ai nostri desideri.”.

Gesù ha costruito questa immagine sbagliata di Dio per dirci che Dio non e così, ma anzi, Egli è del tutto l’opposto rispetto al giudice. Dio è padre, l’intento che lo guida è l’amore; Egli non aspetta le nostre richieste per esaudirci, ma conosce già ciò di cui abbiamo bisogno. La nostra preghiera non deve essere mossa dall’intento di voler cambiare il piano di Dio, perché altrimenti non sarebbe a noi favorevole. Gesù ha fatto questo ragionamento e ci ha portato a fare un confronto, perché sa che questa immagine buona di Dio non è resa evidente dai fatti della vita, ma anzi, possiamo essere indotti dall’esperienza del dolore ad immaginare che Dio non sia nostro amico, ma piuttosto nostro nemico.

Il dolore della vita rimane il grande mistero, la grande domanda che si insinua nel nostro cammino di fede. Il dolore è segno di un mondo che si sta costruendo nel tempo e che non è ancora giunto alla sua perfezione, il dolore del mondo è lo spazio necessario perché si attui la libertà. Il dolore del mondo non è manifestazione della volontà di un Dio nemico dell’uomo. Gesù, con la parabola ha voluto esortarci ad una fede forte, una fede perseverante, che sappia reggere allo scandalo del dolore: è l’insegnamento che lui stesso darà quando si troverà di fronte alla croce. Questa immagine buona di Dio deve guidare la nostra preghiera, il credere che il nostro interlocutore è un Padre che ama, non ci deve abbattere quando non vediamo esaudite le nostre richieste.

Se nella nostra preghiera ci rivolgiamo a Dio con la fiducia nel Suo amore per noi, non pretenderemo che Lui si pieghi alla nostra volontà, ma piuttosto ci disponiamo noi a fare la Sua. Se ci guida la fede in Dio, che ha una volontà di realizzare un Suo disegno di amore, ci tocca anche la responsabilità che questo disegno già si realizzi, per esempio attraverso il nostro impegno a soccorrere chi patisce ingiustizia..

il Parroco