Sei tu colui che deve venire? Uno dei personaggi chiave che la liturgia ci dà come compagno e guida per il tempo di avvento è Giovanni Battista. Se domenica scorsa avessimo letto le letture della seconda domenica di avvento, avremmo ascoltato la predicazione di fuoco con cui il Battista s’impone sulla scena religiosa del suo tempo. Oggi abbiamo una maggiore conoscenza della società che viveva in Palestina ai tempi di Gesù, e grazie alle scoperte archeologiche, sappiamo dell’esistenza di un gruppo di persone chiamate “Esseni”, le quali vivevano pensando che fosse imminente il giudizio di Dio sul mondo. Giovanni Battista appare molto vicino alla visione spirituale degli Esseni e attraverso immagini forti, presentava la venuta del Messia come l’arrivo del giudice che decreta la fine del tempo. Il Messia è presentato con la scure in mano, pronto a recidere ogni albero che non dia frutti buoni. Gesù, che dopo l’arresto di Giovanni ha iniziato la sua missione, non agisce secondo l’ideale messianico che il precursore aveva presentato, infatti, non scaglia minacce contro chi è nel peccato, ma annuncia loro il perdono di Dio andandoli a cercare e chinandosi su di loro; non parla di Dio come del giudice che emette sentenze di condanna, ma come del pastore che cerca chi è perduto perché lo vuole salvare attraverso la via dell’amore. Giovanni Battista, che invitava tutti alla conversione, viveva lui stesso ciò che chiedeva agli altri, la sua conversione è la più difficile, perché riguarda un cambiamento nel modo di pensare, un cambiamento nell’immagine stessa di Dio. Il fatto che mandi dei discepoli a interrogare Gesù sulla sua identità messianica, ci fa pensare che sia disponibile a questo cambiamento, che desideri capire, che non chiuda immediatamente la porta a Gesù e sia disponibile a cambiare il suo modo di pensare. Questo è il primo messaggio che raccogliamo dalla parola di Dio di questa domenica e che ci pone la domanda: “Nel nostro cammino di fede, siamo disponibili a lasciarci sorprendere da Dio, ad accettare che Egli si riveli diverso dall’immagine che ci siamo formati e che si riveli diverso da come noi lo aspettiamo?””. La domanda che i discepoli di Giovanni pongono a Gesù è molto importante e di grande attualità: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Come dovrebbe essere Dio secondo le nostre attese? Come dovrebbe essere uno che viene in nome di Dio per rispondere alle attese della vita? O potremmo anche formulare la domanda in questo modo: “Tra le persone che oggi sono alla ribalta nel mondo, chi è per me colui che rappresenta maggiormente l’azione di Dio?”. Nella sua risposta, Gesù non va a cercare una spiegazione teorica a difesa della sua identità, ma elenca i fatti che stanno accadendo attorno a Lui. Espone le opere che sta compiendo: i poveri, i malati, coloro che stanno sperimentando la fatica della vita sono liberati, guariti, restituiti alla loro dignità, riportati a un’esperienza bella della vita. Proprio queste opere lo rendono riconoscibile, perché i profeti, in particolare il profeta Isaia come abbiamo ascoltato nella prima lettura, avevano parlato così del Messia. In questo tempo siamo particolarmente aiutati dalla testimonianza di papa Francesco, che sempre si richiama a questa immagine evangelica di Dio, e con le parole e con i suoi gesti manifesta Dio nel suo essere amore infinito per tutti, soprattutto per i poveri e gli esclusi. Sentiamo che proprio dal mettere a contatto la nostra vita con l’amore di Dio, siamo aiutati a trovare forza per affrontare la vita e le sue difficoltà. Sentiamo anche il compito di essere noi stessi “il segno” dell’azione di Dio, sentiamo che tocca a noi manifestare la presenza di Dio nel mondo, attraverso l’amore dimostrato verso i nostri fratelli, specialmente i più deboli. il Parroco |