Questi è il Figlio mio, l’amato

Questa domenica, nella quale celebriamo la festa del Battesimo del Signore, fa da “ponte” tra il tempo di Natale che si conclude e il tempo ordinario che inizia. Nella vita di Gesù l’episodio del battesimo non è avvenuto al tempo della nascita o nel periodo dell’infanzia, ma quando aveva circa trent’anni, ed era perciò a tutti gli effetti un adulto. Tuttavia leghiamo il battesimo al ricordo della sua nascita, perché questo avvenimento ha il carattere di epifania, cioè di manifestazione della sua identità divina, come la venuta dei Magi che abbiamo celebrato lunedì scorso. Tutti i vangeli sono concordi nel dire che Gesù ha cominciato a percorrere le strade della Galilea, presentandosi come investito da Dio di una missione profetica, dopo essersi recato da Giovanni Battista e aver compiuto il gesto penitenziale del battesimo nel fiume Giordano.

Giovanni Battista è un personaggio rilevante nella storia del suo tempo, tanto che lo storico Giuseppe Flavio ne fa menzione nella sua cronaca. Secondo le conoscenze che oggi abbiamo, possiamo dire che Giovanni portava un messaggio simile a quello degli Esseni di Qumran: annunciava cioè come imminente il giudizio escatologico di Dio e proponeva il gesto dell’immergersi nel fiume Giordano come segno di purificazione e di conversione. I vangeli narrano che al momento del battesimo di Gesù al Giordano, un segno dal cielo trasforma quel gesto in un momento di investitura e di rivelazione della Sua identità messianica e della diversa missione di Gesù rispetto a Giovanni Battista. Possiamo già vedere nei segni rivelatisi al Battesimo, tutto il senso della persona e della vita di Gesù, tutto il senso della sua missione, per questo possiamo dire che anche il battesimo di Gesù ha il carattere di una epifania.

Elementi di questa epifania sono: i cieli che si aprono sopra di Lui e lo Spirito di Dio che come una colomba scende e lo investe della presenza divina. Dio, l’assoluto, il principio e il senso dell’esistenza di ogni cosa, si identifica e si esprime nella persona di Gesù. I cieli che gli uomini ritenevano impenetrabili, Dio, colui che gli uomini ritenevano lontano e inavvicinabile, si rivela invece vicino, presente nella umanità di Gesù. La voce dal cielo esplicita e rende chiara la rivelazione, la voce di Dio dice di Gesù: “Questi è il figlio mio, l’amato”.

Ugualmente è importante l’altro aspetto di questa epifania: Gesù in quel momento è al Giordano, accomunato con i peccatori che vanno al battesimo di Giovanni per esprimere il loro pentimento e il desiderio di conversione. Quell’uomo, Gesù, del quale la voce dal cielo dice: ”questi è mio Figlio”, non è tra i sacerdoti del tempio, non è tra gli eremiti del deserto, è tra i peccatori che vanno al Giordano a pentirsi. Il Battista riconosce questa incongruenza dicendogli: “sei dalla parte sbagliata! Sono io che ho bisogno di essere battezzato”, ma Gesù lo rassicura, dicendo che quella è la volontà di Dio. Già al battesimo al Giordano si manifesta quello che Gesù farà nel resto della vita: essere vicino a tutti, soprattutto ai peccatori perché possano conoscere la misericordia di Dio.

Proprio attraverso questa vicinanza Gesù offre a tutti la possibilità di identificarsi con Lui e di assumere la medesima identità. Avviene lo scambio di cui parlava un prefazio del tempo di Natale: “la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne.” Gesù, figlio di Dio che vive da uomo tra gli uomini, fa sì che l’uomo possa dire: “ti sei fatto come me, perché io potessi essere come te e anch’io in te potessi chiamarmi figlio amato”. La parola che scende dall’alto è rivolta prima di tutto a Gesù, ma attraverso Gesù è rivolta ad ogni uomo, è rivolta a ciascuno di noi. Questa è la dignità che Gesù è venuto a partecipare a tutti, la dignità di figlio, una dignità che nessuno merita da sé, ma che è dono di Dio.

il Parroco