Luce per rivelarti alle genti

La festa che oggi celebriamo si collega strettamente alla festa della nascita di Gesù: viene celebrata in questo giorno perché sono trascorsi esattamente 40 giorni dal 25 dicembre. Secondo la legge di Mosè, contenuta nel capitolo 12 del libro del Levitico, dovevano passare 40 giorni tra il parto e la purificazione rituale della madre; lo stesso libro parla dell’offerta dovuta di un agnello, o in sostituzione, di due tortore o colombi. La festa di oggi è come una parentesi che ci fa riprendere il clima del tempo di Natale. Come abbiamo definito “epifania” molti degli avvenimenti celebrati nel tempo di natale, così possiamo definire con questa parola anche la presentazione di Gesù al tempio.

Quali sono i segni che manifestano l’identità messianica e divina di Gesù? Il vangelo che abbiamo ascoltato ripete più volte che Giuseppe, Maria e Gesù vanno al tempio per adempiere ciò che prescrive la legge di Mosè. L’essere sottomesso alla legge, dice la piena appartenenza di Gesù al popolo ebraico e alla sua pratica religiosa. Questa affermazione sottolinea la concreta e reale umanità di Gesù, che è un bambino uguale a tutti gli altri bambini ebrei e perciò sottoposto alla normativa della legge. Ma nello stesso tempo viene messo in luce la sua divinità attraverso la presenza del santo Simeone, che benedice il bambino Gesù, e con le sue parole che confermano l’identità divina contenuta nel Suo nome (Gesù vuol dire proprio “salvezza di Dio”), lo proclama luce per rivelare Dio alle genti.

Gli studiosi del vangelo, che sanno leggere nella lingua originale dei codici antichi e che conoscono meglio di noi la Scrittura, vedono paragoni fra il trasporto dell’arca a Gerusalemme, la consacrazione del tempio durante il regno di Salomone, e l’entrata di Gesù al tempio: “Dio entra nella sua dimora”. Anche attraverso il racconto di questo episodio l’evangelista Luca conferma l’intenzione che ha guidato tutta la narrazione della nascita di Gesù: evidenziare come già negli avvenimenti della nascita era possibile vedere ciò che la fede ha fatto riconoscere di fronte a Gesù adulto, cioè che in lui, nella sua reale e concreta umanità, si è manifestato e reso presente Dio stesso. Dalla riflessione sul vangelo di oggi possiamo accogliere un messaggio, che più volte abbiamo sottolineato nelle domeniche passate: al centro del nostro cammino di fede c’è la persona viva di Gesù. Oggi ancora guardiamo Gesù nel suo essere bambino, ma noi siamo invitati a pensarlo in tutta la sua vicenda umana, con ciò che dirà e vivrà da adulto, riconoscendo che nella Sua persona si è realizzata una esperienza umana reale simile alla nostra, nella quale possiamo identificarci; nello stesso tempo siamo invitati ad affermare con Simeone che nella persona di Gesù si è manifestato e si è reso presente Dio stesso.

Alla luce della persona di Gesù, siamo invitati a scoprire e riconsiderare il significato della nostra persona, secondo quella bellissima espressione contenuta nel documento conciliare “Gaudium et Spes,” tanto cara al papa Giovanni Paolo: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”. Anche il bellissimo tratto della lettera agli Ebrei che abbiamo letto nella seconda lettura ci fa vedere questo straordinario disegno: è prima di tutto il disegno di una discesa, la discesa di Dio che in Gesù è diventato in tutto simile agli uomini. Per questa vicinanza di Gesù all’esperienza umana nessuno di noi può dire: “Gesù non mi capisce, non può capire la mia situazione”, anzi, Egli è in grado di venire in aiuto di tutti. Accogliendo questa vicinanza di Gesù, ciascuno di noi può iniziare un cammino di ascesa, poiché guardando a Gesù possiamo riconoscere che Dio è anche in ciascuno di noi, e vivere alla luce della presenza di Dio è il modo di vivere che ci rende pienamente uomini e donne.

il Parroco