Ma io vi dico

Il santuario delle beatitudini, luogo dove i primi cristiani hanno pensato che Gesù abbia proclamato il discorso della montagna, è posto su una collina che domina dall’alto il lago di Genezaret, poco sopra la città di Cafàrnao. È vero che il pendio scende rapidamente verso la depressione in cui è collocato il lago, ma chiamare quel posto monte è proprio difficile. Matteo parla di Gesù che sale sul monte e dall’alto proclama il suo discorso, per dirci che le parole del maestro hanno lo stesso valore delle parole della legge date da Dio sul monte Sinai. Papa Francesco, nell’omelia del 18 giugno 2013, proponeva di leggere queste parole come un parallelismo fra «la legge antica e la legge nuova, la legge del monte Sinai e la legge del monte delle beatitudini».

Gesù sa di essere investito dell’autorità di Dio e pertanto con coraggio interviene sulla formulazione stessa dei comandamenti, che pure erano ritenuti parola sacra e intoccabile, proclamando con la solenne espressione: “Ma io vi dico”, una nuova interpretazione della legge. Già lo dicevamo domenica scorsa, Gesù pone al centro della sua proposta di vita l’amore: esso è l’essenziale valore da vivere per compiere pienamente il volere di Dio e il senso della vita. Con vari esempi concreti, come il porgere l’altra guancia, il dare il mantello oltre la tunica, il fare due miglia con chi ti ha chiesto di farne uno, Gesù spiega che cosa egli intende per amore. Gesù dà un significato nuovo alla parola amore, tanto che i cristiani, quando hanno incominciato ad annunciare nella lingua greca il messaggio di Gesù, sono andati a pescare la parola “Agàpe”, poco usata nel linguaggio comune, per dire il modo speciale con cui il loro maestro aveva inteso l’amore. Nel modo comune di pensare si intende l’amore come il movimento che spinge una persona ad andare verso un’altra, perché spinta dal riconoscere nell’altro delle qualità che muovono l’amore.

Solitamente, perché una persona già mostra degli aspetti di bene, noi ci avviciniamo a lei, apprezzando le sue qualità e manifestiamo il desiderio di condividere le sue doti. Il modo con cui Gesù pensa l’amore, consiste in un movimento che va verso una persona con il desiderio di arricchire di bene quest’altra persona. Se l’amore è quel movimento che mira al bene dell’altro, esso è più autentico e può essere più sincero, quando si muove verso l’altro, non per le sue qualità, ma quando è donato proprio di fronte ai suoi difetti. È il caso dell’amore ai nemici: il nemico è colui nel quale in quel momento non vediamo più qualità, piuttosto vediamo difetti che ripugnano.

A noi interessa particolarmente andare a cercare se possiamo individuare, nelle parole di Gesù, dove sta il fondamento del suo insegnamento. Penso che il fondamento si possa trovare nelle parole con cui Gesù si riferisce al Padre che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. L’atto creatore di Dio trae dal nulla all’esistenza la persona, e continua a vivere questa volontà di dare vita anche quando una persona si sottrae al Suo amore. Poiché Dio ama così, chi ha fatto esperienza di questo amore, chi può contare su un amore che da solo non meriterebbe, non può non vivere a sua volta il medesimo amore verso i propri simili, anche se non lo meriterebbero. Ponendo in Dio la sorgente dell’amore, Gesù ha sottratto quest’amore al criterio della voglia o della sensibilità, per farlo diventare il compito necessario per arrivare ad essere veri di fronte a Lui.

il Parroco