Se tu sei Figlio di Dio

Nel racconto delle tentazioni, che si parli di un periodo di quaranta giorni riferito all’esperienza di Gesù avvenuta nel deserto, significa che ciò che ha vissuto Gesù è paragonabile ai quarant’anni trascorsi dal popolo di Israele nel passaggio dall’Egitto alla Terra Promessa. Il tempo dell’Esodo è stato l’evento fondante della identità del Popolo di Israele; possiamo raccogliere il senso di quella esperienza nella proposta che Giosuè fa al popolo radunato in assemblea a Sichem: “Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire”. Il tempo dell’Esodo è stato un lungo percorso vissuto sempre in bilico tra la decisione di andare avanti fidandosi di Dio, o tornare indietro alla condizione di schiavitù dell’Egitto, dove la vita era garantita dalla sottomissione al potere del Faraone. L’esperienza dell’esodo diventa esemplare per il popolo di Israele quando, nella sua storia si introduce di nuovo la tentazione dell’idolatria e i profeti inviteranno a tornare nel deserto per ascoltare nuovamente le parole con cui Dio dice il suo amore. La stessa esperienza dell’Esodo darà lo spunto all’autore sacro per rispondere alla domanda sul male: egli formulerà attraverso il racconto della Genesi la sua risposta. Il male nasce dall’atto della libertà dell’uomo che, non riconoscendo la relazione con Dio come fondamento della vita, sceglie la via dell’autosufficienza, facendo di se stesso il proprio Dio.

Anche Gesù ha voluto essere pienamente partecipe della condizione umana, (la lettera agli Ebrei dice che è stato in tutto simile a noi) e perché ogni uomo lo potesse riconoscere fratello, ha vissuto anche lui l’esperienza della libertà. Gesù ha dovuto mettere a confronto la coscienza di essere figlio di Dio con quelle situazioni della vita dove l’uomo è portato a dubitare di Dio e del suo amore. La prima tentazione è quella del fascino delle cose, quando pensiamo che avere tutto a portata di mano ci garantisca la felicità. La seconda tentazione è quella del successo, del bisogno di stima e di riconoscimento della propria identità. La terza tentazione è quella della supremazia e del potere sugli altri.

Gesù opera la scelta di vivere da Figlio facendo dipendere da Dio, che lui riconosce come Padre che lo ama e gli dà vita, le ragioni che gli danno valore e che rendono felice la vita. Gesù porterà avanti questa scelta con assoluta fedeltà: la relazione col Padre gli darà libertà e distacco quando sarà circondato dalla folla che lo applaude e lo acclama, gli darà fermezza e serenità di fronte alla minaccia del potere, continuerà a fidarsi di Dio e a vivere nell’amore quando sarà di fronte alla violenza e alla morte. “Se tu sei figlio di Dio” dice il tentatore, e Gesù mostra qual è la vera vita figliale, non pretendendo di piegare la volontà del padre ai suoi bisogni e alle bramosie terrene, ma consegnandosi totalmente al Suo amore, e lo farà fino alla croce.

La vita figliale di Gesù è la via di uscita offerta anche a noi che invece abbiamo percorso la strada opposta, quella di inseguire la nostra autosufficienza, pensando di potercela sbrigare da soli e di poterci costruire con le sole nostre forze la felicità. La vita di Gesù è l’alternativa al nostro modo di pensare Dio, con la pretesa che sia al servizio dei nostri progetti. Guardando a Gesù è possibile riconoscere che la vita figliale è anche in ciascuno di noi e che possiamo permettere allo Spirito Santo di far emergere il nostro volto di figli, rendendoci somiglianti a Gesù.

Siamo entrati nel tempo della Quaresima, un periodo di quaranta giorni che vorrebbe essere esemplare per la nostra vita, un periodo nel quale mettere a fuoco il compito della libertà: tocca anche a noi decidere a chi affidare il ruolo di renderci felici. Con piccole scelte di fedeltà alla preghiera, di disponibilità al servizio, di attenzione ai poveri, possiamo fare nostre le scelte di Gesù.

il Parroco