Questi è il Figlio mio l’amato L’esperienza che Gesù fa vivere ai tre apostoli, con i quali condivide i momenti più significativi del suo cammino, è pienamente comprensibile se si tengono presenti quei fatti del cammino dell’Antico Testamento, nei quali si era manifestata la presenza di Dio. Prima di tutto appare di particolare valore il segno del monte sul quale questo avvenimento accade, perché “il monte” è il luogo dell’incontro con Dio, il monte che si alza dalla pianura verso il cielo, dà l’impressione di essere più vicini alla presenza di Dio. Salire sul Tàbor, questa ripida collina che si innalza nella pianura della Galilea poco distante da Nazareth, permette in poco tempo di sottrarsi alla confusione del contatto con la gente, per ritrovarsi nel silenzio e nella solitudine. Dall’alto di quel monte lo spettacolo è impressionante, si può girare lo sguardo a 360 gradi per abbracciare con gli occhi tutta la Galilea. Possiamo davvero credere che fosse un luogo frequentato da Gesù. Poi c’è il segno della luce: è naturale rappresentare con la luce che illumina, abbaglia e scalda, la presenza di Dio. Invece la tenebra è segno opposto a Dio. Anche il monte, dove Mosè sale per ricevere le tavole della legge è tutto avvolto da bagliori, e a contatto con Dio il volto di Mosè rimane luminoso, tanto che per un po’ di giorni deve mettere un velo sulla faccia perché lo possano guardare senza rimanere abbagliati. Di particolare valore sono anche la presenza di Mosè e di Elia, profeti dei quali nella Scrittura si dice che hanno visto Dio. Di essi non si dice che siano morti, ma che abbiano vissuto una sorta di assunzione al cielo. Da tutti questi elementi possiamo concludere che ciò che viene raccontato è una “Teofania”, cioè una manifestazione della presenza di Dio, e questa manifestazione si realizza nella persona di Gesù. A sancire la verità di questa affermazione interviene poi la voce divina, che dalla nube luminosa proclama Gesù come suo Figlio, l’amato, ed invita ad ascoltarlo. C’è qui già una prima riflessione importante che possiamo trarre sul significato di questo episodio: cercare Dio è il senso della vita dell’uomo, nella presenza di Dio l’uomo riconosce le sue origini e il suo destino, dalla relazione con Dio possiamo riconoscere la nostra identità e il nostro valore. Dio si è reso visibile e incontrabile nella persona di Gesù. Dio ha dunque il volto di Gesù. C’è però un altro aspetto molto importante: Pietro, che ha preso coscienza del significato di quella esperienza, vorrebbe rendere definitivo quel momento, ma la visione scompare e gli apostoli ritornano a vedere Gesù nel suo aspetto umano. Scendendo dal monte, Gesù interpreta l’esperienza fatta come un anticipo della sua Pasqua, del suo passaggio attraverso la morte verso la risurrezione. Molti altri segni mettono in relazione la Trasfigurazione con la morte e risurrezione di Gesù, infatti solo allora avverrà la vera trasfigurazione e nella persona di Gesù si manifesterà la presenza di Dio. La trasfigurazione è dunque una preparazione e un aiuto per vedere in Gesù, crocefisso e risorto, la vera presenza di Dio. Ecco il messaggio per questa seconda domenica di quaresima: la vita si realizza quando ci si apre a Dio, ma Dio si fa presente quando si rivive la pasqua di Gesù, la sua morte e risurrezione. Pensiamo a quanti fanno chilometri per andare a vedere i posti dove si dice che ci siano manifestazioni soprannaturali, ma la manifestazione di Dio è quando riaccade la Pasqua, quando una persona accoglie una croce continuando a fidarsi dell’amore di Dio, quando una persona sa chinarsi su un fratello per alleggerire la sua croce. Se apriamo gli occhi e prestiamo attenzione a ciò che ci accade intorno, possiamo vedere che la presenza di Dio è anche qui, molto vicina a noi. il Parroco |