Dammi da bere Quest’anno stiamo seguendo il ciclo dell’anno A, che in Quaresima riporta i testi del Vangelo di Giovanni che nella chiesa antica erano spiegati nelle catechesi in preparazione al battesimo che sarebbe stato poi celebrato a Pasqua. La prima catechesi spiega il simbolismo dell’acqua partendo dall’incontro che Gesù vive al pozzo di Sicar con la donna samaritana. Possiamo leggere questo vangelo come il racconto esemplare dell’incontro con Gesù e riflettendo su di esso possiamo ragionare sul nostro incontro con Gesù, che è iniziato con il nostro battesimo, incontro che in occasione della prossima Pasqua vogliamo rinnovare. Ricordiamo che l’evangelista Giovanni ci parla di Gesù facendoci entrare in profondità nella sua identità umana e divina, che lui ha conosciuto nella sua esperienza d’intimità con il maestro, nel far questo egli utilizza un linguaggio ricco di simboli e di riferimenti all’Antico Testamento per cui risulta a noi di difficile comprensione e richiede una lettura molto attenta, sostando con attenzione su ogni parola. Nell’incontro con la samaritana possiamo far emergere questi passaggi e vedere che essi rappresentano anche il nostro cammino all’incontro con Gesù. Prima di tutto rileviamo che è Gesù che prende l’iniziativa e per primo rivolge alla donna la sua parola, nel far questo sconvolge molte convenzioni culturali del suo tempo, prima di tutto Gesù s’intrattiene con una donna e tutti sanno che non è conveniente per un maestro intrattenersi con una donna, come fa capire la meraviglia degli apostoli; inoltre la donna è una samaritana, non appartiene perciò pienamente alla fede del popolo di Israele. Il racconto successivo farà poi capire che vive situazioni morali non pienamente conformi ai dettami della legge. Gesù supera tutte le barriere culturali che lo porterebbero a evitare ogni contatto con quella donna e offre la sua vicinanza per incontrarla e offrirle il dono dell’amore di Dio. Per facilitare l’incontro lui stesso si fa bisognoso di fronte alla donna ed è lui il primo a chiedere il dono di un po’ di acqua da bere. Attraverso una fitta schermaglia, la donna cerca di resistere a Gesù, ma egli la porta a riconoscere che lei stessa ha bisogno, che anche lei ha sete di un’acqua che solo Gesù può dare fino a farle pronunciare la richiesta: “Dammi di questa acqua”. Penso che tutti abbiamo fatto esperienza, durante una escursione in montagna, della gioia provata arrivando ad una fontana, quando finalmente si può placare la sete con un sorso di acqua fresca. Avere sete è una immagine che bene rappresenta la nostra condizione, siamo persone alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che realizzi l’attesa di gioia. La sete non è solo di acqua, molto più abbiamo sete di essere riconosciuti nella nostra identità, di essere considerati, abbiamo sete di amore. Gesù entra a contatto con la domanda più profonda della donna che esprime con l’affermazione: “non ho marito”. Nel dialogo con Gesù la donna si rende conto di essere conosciuta, tanto che ai suoi concittadini dirà: “mi ha detto tutto quello che ho fatto”. La samaritana si accorge di essere conosciuta, ma lo sguardo di Gesù non emette una sentenza di condanna, in Gesù ha raccolto la possibilità del perdono, Gesù non la guardava inchiodandola nella sua vita sbagliata. La donna cerca ancora di distogliere lo sguardo da se stessa coinvolgendo Gesù nella disputa tra samaritani ed ebrei circa il luogo dell’incontro con Dio, ma Gesù arriva alla ultima rivelazione, Dio non è nel tempio, ma Dio è vicino alla vita, Dio è una presenza interiore, Dio è l’amore, se lo fai entrare dentro di te ti cambia la vita, ti aiuta a ricominciare oltre ogni peccato. Sono io che ti porto la presenza di Dio. Questo è anche il nostro percorso di quaresima, anch’io sono uno che ha sete, non mi dò da solo tutte le risposte alle domande che pone la vita, Gesù donandomi l’amore di Dio è lui che dà senso alla vita. il Parroco |