Se tu sei Figlio di Dio La liturgia di questa domenica ci comunica un messaggio accostando due episodi della vita di Gesù: con la processione iniziale abbiamo ricordato l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, riconosciuto e acclamato come Messia e inviato di Dio, dalla gente che agita rami di ulivo e di palma; nel vangelo della passione abbiamo ascoltato il racconto della sofferenza di Gesù, rifiutato e condannato, che muore sulla croce. Sono due episodi cronologicamente vicini tra loro, che subito ci appaiono clamorosamente contradditori. La contraddizione è messa in rilievo da coloro che stanno sotto la croce di Gesù e affermano: “Se è Figlio di Dio scenda dalla croce e gli crederemo”, perché se uno è sulla croce non può essere Figlio di Dio. Il messaggio della Pasqua è proprio tutto giocato tra queste due frasi che ascoltiamo nel vangelo: vari personaggi invitano Gesù a scendere dalla croce, questo sarebbe il segno che finalmente lo farebbe riconoscere Figlio di Dio; dall’altra parte c’è Gesù che invece rimane sulla croce fino all’ultimo, e la parola definitiva viene detta proprio di fronte al crocefisso: «Davvero costui era Figlio di Dio!». Questa dichiarazione, messa sulla bocca del centurione romano e dei soldati, rappresenta la professione di fede del discepolo, ma ci chiediamo: “come può essere vera una dichiarazione simile di fronte a Gesù crocifisso, come possiamo spiegare la verità di questa professione di fede?” Gesù ha vissuto una vita umana simile alla nostra, tutta all’insegna della coscienza dell’essere figlio di Dio, amato dal Suo infinito amore; attraverso la sua testimonianza ha reso possibile che anche noi vivessimo con la sua stessa coscienza. Se è facile vivere nella luce della fede nell’amore di Dio quando la vita si svolge come un cammino sereno circondato da affetti, ben più difficile è camminare pieni di speranza quando la strada incomincia ad inerpicarsi per le salite del dolore. Prima o poi arriva l’appuntamento con il dolore, quando non c’è nessun segno che ci aiuta a dire che siamo amati. E poi ci sono delle persone, così bersagliate dal dolore della vita, per le quali ci sembra proprio impossibile poter dire che la vita è grazia, che nella vita anche loro sono amate. Possiamo pensare alle famiglie di coloro che hanno perso il posto di lavoro, possiamo considerare la persona a cui è stata diagnosticata una grave malattia, possiamo metterci nei panni dei poveri del sud del mondo, i profughi che partono sui barconi spinti da una debole speranza, tutti quelli che scappano dalla sofferenza della guerra. Come possono ringraziare della vita tutti i crocifissi dalla sofferenza? Ecco perché possiamo dire che Gesù è figlio di Dio, proprio perché è rimasto sulla croce! Se fosse sceso dalla croce, Dio non sarebbe stato il Dio di tutti, non sarebbe stato il Dio di tutti i momenti, se fosse sceso dalla croce non sarebbe stato il Dio di tutti coloro che sono su una croce. Gesù resta sulla croce per dire la verità di Dio che si schiera, che prende parte, che sta a fianco degli uomini e delle donne, specialmente a fianco di coloro che sono sulla croce. Pensando alla croce di Gesù, possiamo sentire un po’ di paura e avere qualche perplessità ad alzare il ramo di palma e di ulivo, possiamo chiederci se davvero abbiamo voglia di fare quel gesto, che significa essere schierati dalla parte di Gesù e con Lui, dalla parte di tutti i crocefissi della terra. il Parroco |