L’avevano riconosciuto nello spezzare il pane

Nel racconto dei due discepoli che incontrano Gesù risorto sulla strada di Emmaus, riconosciamo in modo evidente una duplice intenzione: da una parte c’è l’intenzione di far sorgere la fede nella risurrezione di Gesù e comprendere il pieno significato di quell’evento; dall’altra parte riconosciamo l’intenzione di preparare i discepoli per quella vita che, guidati dalla fede nella risurrezione, dovranno vivere anche quando non saranno più confortati dalla esperienze delle Sue apparizioni.

Possiamo vedere nella strada di Emmaus, rappresentata in modo molto efficace, la vita dell’uomo. La nostra stessa vita può essere paragonata ad una strada, nel nostro cammino anche noi possiamo sperimentare il fallimento delle nostre attese, come i discepoli che in quella sera partono da Gerusalemme con un peso opprimente sul cuore perché sono convinti di aver perduto per sempre l’amico che aveva ridestato nel loro cuore una speranza. In quel cammino accade una esperienza che fa sorgere nel loro cuore la fede Pasquale, luce che si accende nei cuori e che permette loro di ricomprendere tutta la vita di Gesù, ma in particolare di ricomprendere il Suo percorso di sofferenza che lo ha portato alla morte. Anche per i discepoli la prima impressione sorta nel loro cuore era che la morte di Gesù fosse la sconfessione della sua pretesa messianica, come dicevano le persone che guardavano il crocifisso e dicevano: “Se è figlio di Dio, scenda dalla croce”. La fede pasquale rovescia totalmente questo giudizio, arrivando a dire: “proprio perché ha vissuto fino in fondo il suo percorso, perché è rimasto sulla croce fino alla fine Egli ha mostrato di essere Figlio di Dio”. La comunità cristiana esprime questa consapevolezza riconoscendo una necessità della sofferenza di Gesù, in quanto attuazione di un disegno che Dio aveva già annunciato per mezzo dei profeti. Troviamo in queste parole un punto essenziale, ma anche problematico della nostra fede: “cosa significa che era necessaria la morte di Gesù?” La necessità della morte non viene da una volontà esterna a Gesù che lo costringe a quel sacrificio. La necessità viene dall’interno di Gesù ed è la necessità che è data dall’amore, necessaria perché l’amore arrivi alla pienezza. Occorreva che la fiducia nell’amore di Dio fosse portata al confronto con la morte, momento in cui solitamente l’uomo dice: “se muoio significa che Dio non mi ama!” Gesù toglie alla morte la sua forza distruttrice mostrando che l’amore di Dio rimane vero anche di fronte alla morte, e rispetto alla morte Lui ha l’ultima parola.

Attraverso l’esperienza dei discepoli di Emmaus, nasce poi una seconda consapevolezza che possiamo esprimere così: “Se la passione e la morte di Gesù sono la manifestazione dell’amore di Dio, tale amore rimarrà vero anche quando non si avrà più la possibilità di vedere Gesù e di incontrarlo nella sua umanità. I discepoli fanno proprio questa constatazione: nel loro cammino Gesù è presente, anche se non è reso riconoscibile dai lineamenti umani con cui lo avevano riconosciuto prima. Questo vale per noi che non possiamo incontrare Gesù nella sua umanità, ma poiché abbiamo fede che nella Sua persona si è rivelato l’amore di Dio, crediamo che quell’amore è vero e reale e che possiamo incontrarlo anche sulle nostre strade, come compagno del nostro cammino. È vero che non possiamo riconoscere l’amore attraverso l’incontro con la Sua umanità, ma non siamo lasciati privi di segni che ci aiutano a riconoscere la Sua presenza. Due segni permettono di riconoscere Gesù in quel viandante sconosciuto: l’insegnamento che mette in luce ciò che in tutte le Scritture si riferiva a Lui, quella parola che fa ardere il cuore nel petto dei discepoli; e il gesto dello spezzare il pane, gesto emblematico che nell’ultima cena ha racchiuso il senso della Sua vita. L’ascolto delle Scritture e lo spezzare il Pane sono i gesti essenziali della nostra celebrazione domenicale; i segni nei quali riconoscere Gesù che si fa compagno sulla nostra strada

il Parroco