Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome

La maggioranza delle persone che Gesù incontrava nei suoi spostamenti tra i villaggi e le città della Palestina, traeva dalla coltivazione dei campi e dalla cura dei greggi il sostentamento per la propria vita. Non è solo l’incontro frequente con i pastori che suggerisce a Gesù l’uso di tale immagine per parlare di sé e della sua missione verso gli uomini, ma la Sacra scrittura aveva già parlato di Dio come di un pastore. Probabilmente è la lettura del famoso testo del profeta Ezechiele al cap. 34, nel quale il profeta lancia una severa invettiva contro i pastori del popolo di Israele, (testo che si leggeva in occasione della festa della Dedicazione) che suggerisce a Gesù di annunciare che è Lui il vero pastore inviato da Dio. Dalla vita del gregge Gesù prende due immagini: quella della porta dell’ovile, che è necessario attraversare per accedere alle pecore e che occorre varcare per condurre le pecore al pascolo, e quella del pastore, l’unico che passa attraverso la porta dell’ovile e conduce fuori le pecore. Le due immagini vogliono esprimere un analogo messaggio: passare per la porta è una via indispensabile per la cura del gregge, solo attraverso di essa si possono portare le pecore al pascolo, necessario per la loro sussistenza. Il pastore ha tutto l’interesse ad operare per il benessere delle sue pecore, difendendole dai pericoli e garantendo loro il pascolo migliore. Gesù esprime la consapevolezza di essere inviato da Dio a rivelare e donare il Suo infinito amore agli uomini; Egli compirà la sua missione vivendo nella sua Pasqua la testimonianza suprema dell’amore del Padre. Dalla accoglienza dell’amore di Gesù viene data all’uomo la possibilità di realizzare in pienezza le sue attese di vita. È l’amore assoluto e totale vissuto sulla croce da Gesù e dimostrato vero nella resurrezione, l’amore gratuito, che sa amare anche di fronte al male, generando perciò il bene, è questo amore che dà pienamente senso alla vita.

Dall’amore di Dio deriva che ogni persona possa prendere coscienza della propria dignità e del proprio valore, dall’amore che perdona deriva la possibilità di ricominciare dopo l’esperienza del proprio fallimento, dall’amore deriva la forza di attraversare la fatica e il dolore; nell’amore di Gesù l’uomo impara a vedere il futuro sempre aperto alla speranza. Quando l’amore di Gesù entra nel cuore dell’uomo lo cambia, aprendolo alla ricerca del vero e del bene, poiché nell’amore la persona trova riconosciuta la propria libertà. L’incontro con l’amore fa riconoscere la dignità di ogni altra persona, a cui si attribuisce il nome di fratello. È dunque l’incontro con Gesù risorto, che testimonia la verità e la grandezza dell’amore, la via necessaria perché sia dato senso alla vita.

Nell’immagine del pastore viene messa in risalto anche un’altra qualità dell’amore: nell’amore si realizza una relazione che è personale, con una conoscenza di ciascuno nella sua singolarità. La consapevolezza che l’amore del pastore è personale, ci deve far pensare che noi siamo conosciuti e amati così come siamo, che non c’è qualcosa di noi che sia sconosciuto a Gesù, pertanto non c’è niente in noi che sia un impedimento ad essere amati da Lui. L’amore di Gesù che ci raggiunge nella nostra singolarità ci fa pensare che se tutti dobbiamo seguirlo, ognuno lo deve fare utilizzando le capacità personali e le circostanze nelle quali si svolge la sua vita. Per questo nella chiesa non siamo tutti uguali e non tutti dobbiamo fare le stesse cose! Vediamo questo nelle vite dei santi: di tutti possiamo dire che hanno seguito Gesù, ma ognuno lo ha fatto secondo una modalità che è data dalle caratteristiche della sua personalità e dalle circostanze storiche nelle quali si è ritrovato a vivere. Così anche noi, se risponderemo all’amore di Dio utilizzando ciascuno le caratteristiche del proprio carattere e le circostanze che la vita ci pone, realizzeremo la nostra vocazione.

il Parroco