Ai piccoli - Mt 11,25-30 Riprendiamo con questa domenica il percorso del tempo ordinario e, di conseguenza, la lettura continua del vangelo di Matteo, già cominciata nel periodo che ha preceduto la Quaresima. Il testo che abbiamo letto fa parte del capitolo undicesimo di questo vangelo. Fin dai tempi più antichi, come ci documentano le tracce dell’epoca preistorica, gli uomini hanno pensato che per giustificare l’esistenza del mondo e per comporre tutti gli avvenimenti in un disegno sensato, occorreva riconoscere l’esistenza di un principio trascendente. Essi pensavano a degli spiriti che si manifestavano nelle forze della natura, poi hanno chiamato “Dio” questo principio trascendente. Dal riconoscimento dell’esistenza di Dio, è nata di conseguenza la ricerca del modo di entrare in relazione con Lui, per averlo favorevole nei bisogni della vita. Spinto da un sentimento naturale, l’uomo ha cercato di comunicare con Dio seguendo la strada dello sforzo per elevarsi dalla propria condizione terrestre e salire alla dimensione di Dio. “Sottomettersi al giogo”, era l’immagine con la quale si esprimeva, ai tempi di Gesù, la scelta di un maestro spirituale: seguendo il suo insegnamento e adempiendo le sue prescrizioni, si pensava di avvicinarsi alla presenza divina. L’immagine del giogo richiama immediatamente una strada di limitazione della propria libertà e l’adempimento di pratiche onerose. La via del cammino religioso che parte dalla percezione naturale dell’uomo, mira spesso a piegare la benevolenza divina a proprio favore, attraverso il sacrificare a Dio le primizie e i prodotti migliori. Nel vangelo di oggi, Gesù manifesta la consapevolezza di avere una missione da compiere, cioè quella di essere inviato da Dio per offrire una strada per l’incontro con Lui. Anche lui ha un giogo da offrire, ma a differenza della via proposta dagli altri maestri spirituali, il suo giogo è dolce, il suo carico leggero. A differenza della via naturale, che propone lo sforzo dell’uomo per avvicinarsi alla presenza di Dio, nella via testimoniata da Gesù, è Dio che percorre la strada in senso inverso, Lui viene incontro all’uomo e offre gratuitamente il Suo amore e il Suo perdono. Quando Gesù pronuncia queste parole, ha appena sperimentato, ed è descritto al capitolo nove, la sfiducia degli scribi che lo accusano di bestemmia, dei farisei che gli dicono che agisce con il potere di Belzebul; gli stessi discepoli di Giovanni Battista erano venuti a chiedere se davvero era lui il Messia. Mentre cresce nei suoi confronti la sfiducia delle persone che facevano parte dell’organizzazione religiosa, Gesù vede crescere attorno a sé la presenza dei piccoli e dei poveri, sempre più rianimati alla speranza dalla sua testimonianza. Gesù sa che c’è una condizione previa per accogliere l’assoluta novità del suo vangelo, ed è quella di essere dei piccoli. Con il termine “piccolo” Gesù non intende riferirsi alla condizione di chi rinuncia a pensare o a interrogarsi, a far uso dell’intelligenza, piccolo è piuttosto chi non ha la pretesa di guadagnarsi la benevolenza di Dio, chi confida di poter essere amato gratuitamente, che sa ancora stupirsi di ricevere un amore che non merita. Gesù vive alla luce di una relazione filiale in cui riconosce Dio come il Padre dal quale tutto ha ricevuto. Egli non attribuisce a se stesso, alle sue capacità o alle sue iniziative la ragione del suo valore, ma vive consapevole che tutto accoglie dall’amore del Padre. Vive un’assoluta fiducia nel Padre dal cui amore egli fa dipendere tutta la sua vita. La sua relazione col Padre attraverso di Lui si offre a tutti gli uomini. Ogni uomo realizza pienamente la propria dignità quando riconosce l’amore che l’ha generato. Di quest’amore, occorre rendere maggiormente consapevoli quegli uomini e quelle donne che, stanchi e oppressi dall’esperienza della loro vita, non riescono a vedere di essere amati senza riserve e senza misura. il Parroco |