Date loro da mangiare - Mt 14,13-21 L’evangelista Matteo, ha raccolto nel capitolo tredici del suo vangelo le parabole nelle quali Gesù ha parlato della vita e dello sviluppo del Regno dei cieli. Dopo quel capitolo, Matteo inserisce una sezione narrativa in cui fa vedere come nei gesti e nel comportamento di Gesù, si manifesta e cresce nel mondo il Regno di Dio. La morte drammatica di Giovanni Battista è un fatto che commuove Gesù, che aveva iniziato la sua missione proprio sulle orme del Precursore. Questa morte lo sprona a continuare l’opera del Battista, ma diventa anche prefigurazione del suo destino: sa che per lui si prospetta un futuro di opposizione e di sofferenza. È naturale pensare che in quella circostanza Gesù abbia avuto bisogno di andare in disparte per riflettere insieme agli apostoli su quell’avvenimento. La folla intuisce la destinazione di Gesù e lo precede, sicché, quando scende dalla barca, si trova di fronte ad una folla numerosa. Gesù non si scompone di fronte a quel cambiamento di programma e, con disponibilità, si apre sollecito al bisogno delle persone, spezzando per loro la parola, chinandosi sulle loro ferite, curando e guarendo gli ammalati. Giunta la sera si propone con forza il problema del cibo per quella gente che tutto il giorno era rimasta con Lui. Quando gli apostoli prendono coscienza di quel bisogno, formulano un consiglio, che rappresenta probabilmente il parere che avremmo dato anche noi: “Congedali perché ognuno provveda da sé a quella necessità”- “Falli andar via perché ognuno risolva da sé il problema”. Sappiamo dal seguito, che mentre dicevano questa cosa, i discepoli pensavano che per loro non ci fosse il problema del cibo, perché avevano la loro piccola provvista. Gesù chiede di vedere la situazione da un altro punto di vista e di valutare anche quella circostanza alla luce della relazione con Dio. Chi riconosce che Dio Amore sta all’origine della propria vita, sa che il medesimo amore sta all’origine della vita di tutti, e se le circostanze della vita non corrispondono a questa consapevolezza, occorre fare tutto il possibile perché questo si realizzi. Da questa consapevolezza Gesù formula la sua decisione: “Voi stessi date loro da mangiare”. La risposta di Gesù è che Dio vuole che gli apostoli si assumano il disagio degli altri, che lo condividano e lo facciano proprio. Dio vuole che ognuno realizzi una vita corrispondente alla dignità e al valore di persona. Gesù dà valore all’iniziale generosità degli apostoli che rinunciano al loro piccolo tesoretto per metterlo a disposizione del maestro, e quei pochi pani messi nelle mani di Gesù diventano pane capace di colmare la fame di tutti. La località di Tabga è secondo un’antica tradizione il luogo della moltiplicazione dei pani: lì una chiesetta della prima comunità cristiana, con preziosi mosaici, ricorda quel fatto. Da Cafarnao a Tabga noi abbiamo impiegato dieci minuti di autobus, si capisce che non era del tutto impossibile realizzare la proposta degli apostoli: se Gesù ha distribuito il pane, non è stato per una necessità, ma ha voluto compiere un segno. Gli Ebrei ricordavano con enfasi il dono della manna, il pane disceso dal cielo che aveva sostenuto il popolo nel deserto. Alla luce di quella memoria l’evangelista ha interpretato il segno di Gesù: nella vita di Gesù è Dio che si fa sollecito dei bisogni degli uomini. Oggi possiamo procurarci da soli il pane necessario alla vita, non per questo possiamo dire di non avere più fame. Rimane ancora più forte la fame, la sensazione che da soli non risolviamo il bisogno di dare un significato alla vita. Il gesto di Gesù ha valore di un segno, ci vuol dire che in Lui si manifesta la presenza di Dio Amore ed è Lui che può cambiare il nostro cuore vuoto di amore. Se ci lasciamo amare da Gesù, diventeremo capaci di condividere e di farci carico dei bisogni di tutti i nostri fratelli. il Parroco |