Dio ha tanto amato il mondo - Gv 3,13-17

Nel racconto del cammino del popolo ebraico, uscito dall’Egitto e condotto da Dio verso la terra della promessa, dove avrebbe potuto vivere come popolo libero, c’è uno strano episodio che abbiamo ascoltato nella prima lettura. La legge di Dio proibiva di farsi una qualsiasi immagine che rappresentasse la presenza di Dio; in questo episodio Dio stesso comanda di fare un’immagine, guardando la quale si sarebbe sperimentato il suo intervento di salvezza. L’immagine che Dio comanda di costruire è quella di un serpente, che gli egiziani utilizzavano come raffigurazione di un loro idolo e che nel racconto di Adamo ed Eva rappresenta il tentatore.

Nel dialogo con Nicodemo, Gesù si riferisce a quell’episodio per rappresentare se stesso che, innalzato sulla croce, avrebbe dato compimento alla sua vita e sarebbe diventato presenza di salvezza per chi con fede si fosse rivolto a Lui. Parlando a Nicodemo della necessità di essere innalzato sulla croce, Gesù dimostra di essere consapevole di come si compirà la sua vita. La sua morte violenta non è un fatto che gli capita addosso inaspettato, ma un traguardo che egli conosce e al quale aderisce nella piena libertà.

Riflettendo sulle parole di Gesù a Nicodemo, sorgono per noi alcune domande. La prima domanda è su come Gesù possa pensare che una morte così terribile, che ci fa inorridire, possa essere per lui la via attraverso la quale realizzare la sua vita e compiere la missione che il Padre gli ha affidato. La seconda domanda riguarda noi e tutti gli uomini, e ci porta a chiederci in che modo ciò che ha vissuto Gesù possa arrecare beneficio alla nostra vita, fino a diventare fonte di salvezza.

La morte in croce era la pena che i romani infliggevano agli schiavi e ai peggiori malfattori, possiamo immaginare che comportasse una sofferenza indicibile. Non riusciamo a pensare che sia la sofferenza ciò che Gesù afferma essere il compimento della vita e fonte di salvezza per tutti. La morte in croce è piuttosto la circostanza, una tragica circostanza, con cui Gesù ha voluto condividere l’esperienza della vita di tutti gli uomini, che alla fine, si trovano a fare i conti con la sofferenza e con la morte. È proprio il modo straordinario con cui Gesù affronta tale circostanza che rende luminosa e salvifica la morte di Gesù. Possiamo descrivere questo modo come espresso da due atteggiamenti, che sono meglio descritti nel vangelo di Luca, ma sono individuabili in tutti i racconti della passione. Il primo atteggiamento è costituito dal fatto che Gesù, anche di fronte a quella decisiva circostanza, continua a credere all’amore del Padre e a vivere l’assoluta fiducia nel Suo amore, che non l’avrebbe abbandonato nella sofferenza e nella morte. Raccogliamo quest’atteggiamento dalle parole dette nel momento culminante: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Il secondo atteggiamento lo possiamo rappresentare nel fatto che Gesù, anche di fronte a quel male terribile che gli era inflitto da persone nemiche, continuò ad avere per loro e per tutti, sentimenti di perdono e di amore. Il vangelo di Giovanni sintetizza questo atteggiamento nell’espressione: “Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Possiamo anche riconoscerlo nelle parole riportate da Luca e dette da Gesù proprio sulla croce: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». La fede cristiana afferma che proprio attraverso tali atteggiamenti si è compiuta una vita vissuta interamente all’insegna dell’essere Figlio di Dio, che ha nella risurrezione e nell’esaltazione in cielo il suo esito ultimo.

Ciò che ha vissuto Gesù è salvifico per ogni uomo e ogni donna, e perciò anche per noi, poiché come Lui siamo chiamati a scegliere la via con la quale dare valore alla vita, trovandoci anche di fronte alla sofferenza e alla morte. Guardando al Crocefisso e credendo che ora Lui è risorto e vive, possiamo stabilire una relazione di comunione con Gesù e assumere i suoi medesimi atteggiamenti. Lo Spirito Santo rende possibile fare nostri gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. La via di Gesù potrà essere anche per noi via di trasfigurazione e di ascensione che ci porterà a vivere con Lui nella comunione con Dio.

il Parroco