Io sono buono ! - Mt 20,1-16 Riconosciamo l’abilità con cui Gesù elabora questa parabola che costituisce il vangelo offerto oggi alla nostra riflessione. La parabola prende avvio dal comportamento dei proprietari terrieri che in base alle stagioni e alle diverse attività agricole, hanno bisogno di un maggiore o minore numero di braccianti. Avviene ancora così, non sempre in modo onesto, per la raccolta delle mele in Trentino, dell’uva in Piemonte, o dei pomodori al sud. Solo con i primi operai il padrone si accorda sul compenso per la giornata di lavoro, per gli altri, la parabola non spiega perché il padrone sia tornato a cercare manodopera e nemmeno perché non fossero presenti alla chiamata precedente, lascia anche nel vago il compenso che sarebbe toccato in base al lavoro svolto. Per il meccanismo della parabola è poi molto importante che i primi a essere pagati siano quelli chiamati all’ultima ora. Ciò genera una prima sorpresa quando il narratore dice che sono stati pagati con il compenso consueto per il lavoro di un giorno: si genera di conseguenza un’attesa su come saranno trattati quelli che hanno lavorato tutto il giorno fin dalla prima ora di luce. Quando il narratore racconta che anche gli operai della prima ora sono stati ricompensati con un denaro, sorge spontaneo il moto di protesta che porta a identificarsi con loro e a fare propria la mormorazione: “Non è giusto”. Probabilmente questa è stata oggi la nostra prima reazione. Avremmo tutto il diritto a protestare, se l’insegnamento della parabola riguardasse il campo sociale ed economico e tendesse a dare regole sui rapporti tra datore di lavoro e suoi dipendenti. Un’impresa che utilizzasse criteri corrispondenti alla parabola, sarebbe destinata a un rapido fallimento. C’è però un fatto da notare: Gesù ambienta il suo racconto in una proprietà coltivata a vigneto, non perché la vigna era una delle principali coltivazioni in Palestina, ma perché in molti passi dell’antico testamento, nei libri profetici e nei salmi, la vigna è la figura utilizzata per rappresentare il popolo di Israele, condotto fuori dall’Egitto e trapiantato in terra di Canan, amato e protetto da Dio come una vigna scelta; letta alla luce di questa considerazione, la parabola di oggi ci invita a riflettere sulla relazione con Dio e ci vuol dire che questa relazione non segue i criteri della relazione commerciale. Quest’affermazione ci dovrebbe tranquillizzare, invece no, perché noi siamo così abituati a pensare che ogni cosa deve essere pagata, ogni premio deve essere meritato, che siamo portati a trasferire questi stessi criteri nella relazione con Dio. La formazione che abbiamo ricevuto da ragazzi ha spesso utilizzato il criterio della ricompensa e del merito; ci sono persone a cui non interessa che Dio sia buono, basta che sia giusto, un contabile preciso che sappia registrare tutto il bene compiuto: “se è giusto non potrà che ricompensare”. Gesù, nella figura del padrone che assolda operai per la vigna ha voluto rappresentare l’azione di Dio: egli agisce non spinto da un bisogno, ma dalla volontà di strappare quegli uomini a una vita vuota, per coinvolgerli in un’attività che dia uno scopo alla vita. Gesù chiede di ripensare la relazione con Dio capovolgendo i criteri consueti. All’inizio del Discorso della Montagna aveva detto che occorreva essere “otri nuovi” per accogliere il vino nuovo, la novità è proprio questa: non è l’uomo che deve innalzarsi verso Dio presentando le offerte per guadagnarsi la Sua benevolenza, ma Dio, in modo assolutamente gratuito, va verso l’uomo per raggiungerlo con il Suo amore. Se tutti siamo in relazione con Dio perché raggiunti da un’iniziativa assolutamente gratuita, se tutti siamo amati, non dovremmo scandalizzarci se finalmente lo stesso amore raggiunge chi per anni non lo ha avuto. Se siamo consapevoli che la nostra vita di fede è dono, dovremmo gioire perché il dono a noi fatto nella giovinezza, possa essere fatto a qualcuno che lo riceve nella maturità. Quando si parla dell’amore di Dio c’è sempre qualcuno pronto a chiedere: “Se poi ama tutti a cosa serve agire secondo la strada del bene?” Spero che nessuno faccia il bene per meritarsi un premio o per paura di un castigo; il bene sia fatto per amore del bene, perché ciò corrisponde alla nostra dignità di persona, che restituisce così ad altri, quanto già ricevuto in modo sovrabbondante da Dio. il Parroco |