Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze - Mt 22,1-14 Se confrontiamo il testo della parabola del banchetto nella versione trasmessa dal vangelo di Matteo con quello di Luca, riportato al capitolo quattordici del suo vangelo, ci accorgiamo che, pur trattandosi della medesima parabola, le due versioni sono diverse tra loro fino a trasmetterci due diversi messaggi. In Luca, i primi invitati si limitano a rifiutare l’invito al banchetto portando ciascuno la propria motivazione, ma non operano alcuna violenza nei confronti dei servi portatori dell’invito. Il Banchetto, nel racconto di Luca non è un pranzo nuziale, ma soltanto una cena, manifestazione di un desiderio di convivialità e condivisione di un momento di festa; il padrone resta molto deluso per il rifiuto dei primi invitati, ma non arriva alla loro repressione violenta come nel racconto di Matteo. Nel vangelo di Luca la parabola termina con la descrizione della sala riempita dai numerosi nuovi invitati che accorrono a quella chiamata inaspettata; non è narrata la visita ultima del re che sorprende uno degli invitati che non indossa l’abito nuziale. L’ultima parte del racconto di Matteo, inficia la coerenza della parabola: non si riesce a capire infatti, come degli invitati presi dalla strada e convocati in fretta si sarebbero potuti rifornire di un abito adeguato alla circostanza. Se immaginiamo che per tutti gli altri l’abito sia stato messo a disposizione da chi aveva fatto l’invito, non si riesce a capire perché quest’unico ospite non lo abbia indossato. In Matteo, la parabola serve a interpretare, per la comunità dei cristiani che provenivano dal giudaismo, il rifiuto di credere in Gesù fatto dalla maggioranza degli Ebrei, e collega a quel rifiuto la definitiva distruzione del tempio operata dall’esercito romano. Luca, che scrive per una comunità cristiana insediata in un territorio di lingua e cultura greca, comunità evidentemente non assillata dalla domanda sul rifiuto di Gesù da parte degli ebrei, presenta la parabola come un insegnamento più generale sulla chiamata alla fede. Non riusciamo a determinare chi dei due abbia modificato il racconto di Gesù, ma pur trovandoci di fronte al testo di Matteo, lo interpretiamo pensando di essere di fronte al testo di Luca. Anche secondo le nostre consuetudini ritualizziamo i momenti principali dell’anno come le feste di Natale o Capodanno, o altre ricorrenze come il compleanno, invitando amici e parenti a condividere un pasto fraterno. Un gioioso banchetto celebra ugualmente i momenti più significativi del percorso della vita. Sedere attorno ad un tavolo e condividere lo stesso pasto, sono segni che esprimono molto di più che il mangiare, servono a manifestare la relazione che lega le persone in una condivisione della vita. Attraverso il pranzare insieme manifestiamo e incrementiamo l’amore che ci lega agli amici e alla parentela. Il banchetto della parabola esprime la volontà di Dio che, attraverso Gesù, si manifesta vicino agli uomini per legarsi a loro con un vincolo di amicizia. C’è il rischio di non accorgerci dell’invito, di non percepire il dono offerto, di non renderci conto di quale amore sia messo a disposizione, come per gli invitati della prima ora che non hanno una scusa plausibile per non andare al banchetto, semplicemente non hanno saputo riconoscere il valore dell’amore che motivava l’invito. L’aspetto più consolante della parabola è manifestato dal fatto che quel signore non si rassegna al rifiuto degli invitati e manda i suoi servi a cercare nuovi invitati. Li manda a cercare sulle strade, nei luoghi della vita, li cerca così come sono, non scegliendo solo alcuni, solo i migliori. L’invito non distingue i buoni dai cattivi, ma li convoca tutti a essere radunati insieme attorno al Signore, raccolti dal Suo amore. Sarà proprio quell’amore a guarire i cuori, a trasformarli e contagiarli con la Sua bontà. il Parroco |