Viene dopo di me - Gv 1,19-28

Anche la terza domenica del tempo di Avvento ha come protagonista Giovanni Battista; oggi lo incontriamo secondo il racconto del vangelo di Giovanni. La comunità cristiana, ha conservato la testimonianza di Giovanni Battista perché aiuta a riconoscere Gesù, quale Messia e inviato di Dio. Proprio il testo di oggi pone l’accento su come la figura del precursore sia funzionale a svelare pienamente Gesù, infatti, abbiamo ascoltato che Giovanni Battista distoglie ogni attenzione da sé per puntare il dito verso Gesù, al quale deve essere rivolta tutta l’attenzione. Altre volte ho usato questa immagine: come a teatro, quando lo spettacolo inizia, un fascio di luce va a cercare al centro della scena il protagonista per dirci immediatamente chi è colui del quale si vuole parlare, così nel vangelo, Giovanni è un dito puntato che serve a indicare che al centro c’è Gesù. Giovanni Battista ha avuto una notevole rilevanza nel suo tempo, tanto che lo storico Giuseppe Flavio parla molto di lui. Il testo sembra fare questo ragionamento: “Se Giovanni Battista è stato grande, più grande ancora deve essere Gesù, del quale è stato l’annunciatore”.

Ci aiuta a comprendere il messaggio di questa domenica la parola di papa Francesco, che nella esortazione “Evangelii Gaudium” riporta una citazione del suo predecessore: “Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: « All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva».”

Noi siamo abituati, per il catechismo che abbiamo imparato, a dire che Gesù è il Figlio di Dio, ma pensiamo al significato di questa professione di fede: la persona di Gesù e la sua vicenda terrena sono il modo col quale Dio si è manifestato e reso presente. È un’affermazione cui l’uomo da solo non sarebbe potuto arrivare: Dio si è identificato e manifestato con l’umanità di Gesù di Nazareth. Facciamo notare tutto ciò che consegue a quest’affermazione, che condensa ciò che celebreremo nel prossimo Natale. Se crediamo che Gesù sia il Figlio di Dio, dobbiamo allora dire che Dio non è in un mondo lontano, in qualche zona remota del cielo, ma attraverso Gesù si manifesta vicino alla vita degli uomini.

Ci soffermeremo a contemplare la nascita di Gesù, che rievocheremo attraverso il presepe, per riconoscere con realismo che Egli è stato un uomo reale, uomo vero, in tutto simile agli altri uomini. Dio che si fa carne, che assume l’umanità di Gesù, si rende visibile e comunicabile attraverso i gesti, i sentimenti, i comportamenti e le manifestazioni della vita dell’uomo. C’è un modo di vivere umano che può diventare visibilità di Dio, quel modo di vivere che si è realizzato in Gesù.

Se pensiamo che Dio sia nella persona di Gesù, il quale ha vissuto una vita umana reale, simile a quella di tutti, allora dobbiamo dire che tutte le situazioni della vita possono essere vissute nella presenza di Dio. Egli è vicino a noi mentre andiamo a lavorare, mentre andiamo a scuola o viviamo in famiglia, quando giochiamo o trascorriamo il tempo nel riposo, Dio è vicino quando affrontiamo la malattia o attraversiamo una difficoltà. Si può dire che la presenza di Dio ci accompagna in tutte le situazioni della vita.

Poiché Dio si rende presente nella persona di Gesù, riteniamo possibile vivere nei suoi confronti una relazione di amore verso di Lui. Pensiamo a tutte le persone di cui ci parla il vangelo, che hanno avuto la possibilità di amare Gesù e di essere amati da lui. Gesù ha detto agli apostoli: “Vi ho chiamato amici”. Ora questa esperienza, attraverso la fede, è possibile anche per noi; anche a noi è possibile buttare le braccia al collo di Gesù.

il Parroco