Il padre e la madre di Gesù si stupivano - Lc 2,22-40 Il vangelo non è una biografia di Gesù, né il racconto dettagliato e documentato degli episodi della sua vita o la raccolta delle sue parole e del suo insegnamento. Il Vangelo è la testimonianza dell’incontro che alcune persone hanno vissuto con Gesù, incontro che ha inciso profondamente nella loro vita. Gli autori hanno scritto il vangelo non soltanto per raccontare chi è stato Gesù e che cosa ha fatto, ma vogliono sempre dire chi è stato Gesù per loro, e come la fede in Gesù ha dato un indirizzo nuovo alla loro vita. Parlare di un amico, il quale esercita per l’amicizia un influsso sulla vita, non è come parlare di un personaggio della storia, come ci era chiesto di fare a scuola, perciò i vangeli sono da pensare come il racconto di un’amicizia dove, sempre attraverso il racconto dei fatti, si esprime un significato per la vita. Anche nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio si possono trovare riferimenti ad avvenimenti e a profezie dell’Antico Testamento. Letto in questa luce, il testo parla di Gesù che partecipa pienamente alla vita di tutti, in tutto simile agli altri bambini e pertanto deve adempiere la legge, che prescrive che il maschio primogenito sia presentato a Dio. Le parole di Simeone e della profetessa Anna completano la rivelazione, proclamando che Gesù è Dio che entra nel tempio come nella sua casa. La lettura di questo episodio del vangelo ha però un diverso significato con riferimento alla festa liturgica di oggi. Il brano ci rappresenta un momento di vita della famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria che, quali ebrei osservanti, vanno al tempio per adempiere la legge che prescrive che ogni maschio è consacrato a Dio e deve essere riscattato con un’offerta corrispondente. Anche la madre doveva compiere le pratiche rituali per essere liberata dalla condizione d’impurità derivante dal parto. Dal riflettere su Gesù che ha partecipato alla vita della famiglia di Nazareth, ha preso avvio la riflessione dei cristiani che hanno guardato con un nuovo significato l’esperienza della famiglia. La riflessione cristiana sulla famiglia, oggi è diventata molto difficile. La circolazione delle persone e la diffusione dei mezzi di comunicazione mettono a confronto l’esperienza della famiglia realizzata nella società occidentale con i modelli di famiglia delle culture e religioni di tutto il mondo. Anche nella società occidentale sono avvenuti dei cambiamenti che hanno inciso profondamente sul modo con cui si pensa e si vive l’esperienza della famiglia. Dal confronto tra i diversi modi di pensare e di vivere, sorge la domanda: hanno ancora cittadinanza nel mondo la proposta e i valori del matrimonio cristiano? La domanda è di grande attualità, infatti, costituisce l’argomento di un sinodo dei vescovi convocato da papa Francesco, che si è radunato in prima sessione nel mese di ottobre, e proseguirà anche nel prossimo anno. L’acceso dibattito che ha animato i sacri palazzi e che è rimbalzato sui giornali ci fa capire la complessità della questione. In attesa dell’ulteriore riflessione dei padri sinodali e delle decisioni del Papa, possiamo azzardare alcune considerazioni. Chi ha incontrato Gesù, dà un significato nuovo alla vita e anche alla relazione coniugale, ma il costituirsi oggi delle nuove famiglie con il rito religioso, non corrisponde a una scelta guidata dalla fede. In assenza di un cammino cristiano, come oggi è per la maggioranza degli sposi, occorre: o negare a molti il matrimonio religioso, o immaginare un rito che non stabilisca i vincoli del matrimonio “sacramento”. È necessario ripensare il concetto di amore; la dinamica che lega molte relazioni fa pensare che il rapporto con il partner sia vissuto prevalentemente in vista del proprio bene, e quando l’altro non è più sperimentato come un bene, si afferma che l’amore è finito. L’amore che rende possibile il matrimonio cristiano è l’amore oblativo sul modello di Gesù. La relazione coniugale ha come valore fondamentale la reciprocità. Anche se ci saranno dei momenti in cui uno dei due sarà chiamato ad amare di più, occorre che sia sperimentabile la tensione di entrambi nella ricerca del bene dell’altro. L’amore reciproco è sempre frutto di un lavoro di coppia fondato sul dialogo e sull’ascolto reciproco. il Parroco |