Un insegnamento nuovo - Mc 1,21-28

Gesù ha iniziato la sua vita missionaria facendo un annuncio programmatico, con esso ha presentato l’intento che guidava la sua missione: rendere visibile il Regno di Dio, cioè far vedere come si vive quando si pone al centro la relazione con Dio e si cerca di giudicare ogni situazione alla luce della Sua volontà. Il vangelo di Marco, che quest’anno ci guida nel cammino di approfondimento della vita di Gesù, ci presenta subito una giornata vissuta da Gesù a Cafarnao. È una caratteristica di questo vangelo, quella di preferire l’azione di Gesù più che i discorsi, e comunque quella di confermare la forza del suo insegnamento mostrando come la sua parola è confermata dai fatti della vita. Il vangelo scandisce le diverse fasi della giornata di Gesù: è un sabato, e la mattinata è occupata dalla preghiera nella sinagoga. A Cafarnao la sinagoga era l’edificio più imponente, gli scavi hanno messo in luce una costruzione con bella architettura, colonne e marmi pregiati. A chi visita le rovine di Cafarnao sono presentati, a poca distanza dalla sinagoga, i resti di una casa trasformata in una chiesa paleocristiana, si pensa che fosse la casa di Pietro. Uscito dalla Sinagoga, è l’ora del pranzo, Gesù è ospite di Simone; nel pomeriggio ancora sulla piazza incontra ammalati e ne guarisce molti, poi nella notte si raccoglie in preghiera.

Oggi prendiamo in considerazione il primo momento della giornata di Cafarnao. Nella sinagoga Gesù incontra un uomo posseduto da uno spirito impuro. Non riusciamo a comprendere pienamente quale sia la condizione di questa persona, non avendo noi esperienza di che cosa significhi essere posseduti da uno spirito malvagio. Dalla descrizione del racconto possiamo pensare alla condizione di una persona posseduta da una forza che la tiene come in prigione, una persona che non è pienamente libera e pertanto non realizza la dignità corrispondente all’essere persona. Le parole di quell’uomo rimarcano la barriera che lo rinchiude in se stesso e gli impedisce di entrare nella relazione che gli è offerta da Gesù. Di fronte ad un uomo così, quale sarà la volontà di Dio?

Dall’azione di Gesù capiamo meglio cosa significa costruire il regno di Dio, oppure pescare uomini, come dicevamo domenica scorsa. Dio ha fatto l’uomo a sua immagine, la persona umana ha perciò una speciale dignità perché è creata singolarmente da Dio e chiamata a riconoscere la relazione filiale che la lega a Lui. Fare la volontà di Dio e dunque ristabilire il disegno iniziale, è operare perché sia restituita all’uomo la sua dignità. Riflettere sul gesto di Gesù ci porta a considerare le tante occasioni nelle quali anche noi oggi incontriamo persone che sono simili a quell’uomo della sinagoga, perché imprigionati da situazioni che impediscono loro di esprimere la dignità della persona.

L’uomo è imprigionato quando vive situazioni di povertà per cui gli mancano le cose essenziali alla vita, l’uomo è imprigionato quando vive la solitudine affettiva e sperimenta di non essere amato da nessuno, quando sente su di sé il giudizio che lo isola e lo esclude dalle relazioni sociali. L’uomo è imprigionato quando è preda dell’idolatria del denaro e del potere. Fare la volontà di Dio vuol dire operare in modo da liberare l’uomo da ciò che lo imprigiona, affinché possa fare esperienza di una vita che si realizza come vita vera. Proprio perché l’azione di Gesù nasce dalla ricerca della volontà di Dio, e si lascia guidare dall’ascolto della Sua voce, in questa azione si manifesta la sua forza creatrice. La parola di Gesù non rimane un puro suono di voce, non esprime soltanto un benevolo desiderio, ma è parola capace di veicolare l’amore, di operare con fatti concreti e di generare vita nuova.

il Parroco