Parlava del tempio del suo corpo - Gv 2,13-25 Il gesto che Gesù compie scacciando dal tempio i venditori di animali e buttando a terra i banchi dei cambiamonete, ha un significato diverso da quello che solitamente diamo e che potrebbe esserci suggerito dal commento dei discepoli, che di fronte a quel fatto ricordano il salmo 68, al versetto che dice: “Mi divora lo zelo per la tua casa”. Spesso questo episodio è stato presentato come la purificazione del tempio, e in conformità a questa interpretazione, le catechiste ci esortavano a tenere un comportamento raccolto quando entravamo in chiesa, perché Gesù non voleva che ci fosse confusione. In realtà, Gesù pone il problema più in profondità. Anche gli Ebrei come tutti i popoli antichi vivevano la relazione con Dio attraverso l’offerta dei sacrifici. Era dunque necessario avere vicino al tempio la possibilità di acquistare gli animali necessari al sacrificio. Era necessaria anche la presenza di cambiavalute per avere monete prive di simboli pagani e perciò adatte a essere offerte nel tesoro del tempio. Se queste cose non ci devono essere, si mette in discussione tutto il culto del tempio. Il gesto di Gesù ha un significato molto più profondo: è un atto di critica al culto del tempio e mette in discussione l’esistenza del tempio stesso. Capiamo che il gesto di Gesù sia stato visto dai sacerdoti come una contestazione del loro ruolo e del loro potere, e abbia fatto nascere l’ostilità dei sacerdoti nei suoi confronti. Il contrasto con Gesù riguardo al tempio, costituirà anche una delle accuse nel processo davanti al Sinedrio. La parola “chiave” del vangelo di oggi è data dal commento che l’evangelista fa di fronte all’annuncio di Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Giovanni commenta: “Ma egli parlava del tempio del suo corpo”. Possiamo qualificare il gesto di Gesù come atto profetico, al pari degli antichi profeti che rivelavano il disegno di Dio, non solo con le parole, ma anche con azioni simboliche. Con questo gesto Gesù annuncia il superamento del tempio in muratura perché c’è un nuovo tempio fatto di carne che è la persona stessa di Gesù, Egli è: “il nuovo tempio”. Se gli Ebrei pensavano di andare nel tempio per essere alla presenza di Dio, Gesù vive con la coscienza che Dio si dona nella sua persona, quindi Gesù è Colui che occorre accogliere per essere alla presenza di Dio. L’atto della comunione con Dio, non si realizza più attraverso l’offerta di animali, si potrà essere in comunione con Dio vivendo la stessa consegna di sé stessi e l’obbedienza filiale, come Gesù la vivrà sulla croce fino al dono totale di sé. È la pasqua di Gesù, cioè: il suo percorso attraverso la morte sino alla resurrezione, il tempio nel quale si realizza veramente la comunione con Dio. Prima di Gesù, anche gli ebrei come tutti gli uomini pensavano che fosse compito dell’uomo elevarsi alla presenza di Dio, e per essere a Lui graditi ci si dovesse presentare con le mani colme delle proprie offerte. Con Gesù si rovescia il percorso: è Dio che di sua iniziativa viene incontro agli uomini, e lo fa in modo gratuito; all’uomo spetta il compito di fidarsi di Dio, di credere al Suo amore. Gli ebrei pensavano che per incontrare Dio occorresse entrare nell’area sacra del tempio; con Gesù che vive sulla croce la sua obbedienza a Dio, lo spazio della relazione con Dio è la vita. Non esiste più una distinzione tra sacro e profano, ma tutto è sacro perché ogni momento e ogni situazione può essere vissuta alla presenza di Dio. Ciò che conta è l’atteggiamento del cuore: si sta alla presenza di Dio quando si rivivono i criteri con cui Gesù ha vissuto la sua passione, quando come Lui ci si consegna come figli all’abbraccio del Padre e di conseguenza si fa della vita un dono di amore per gli altri. il Parroco |