Chi fa la verità viene verso la luce - Gv 3,14-21 Nicodemo, un capo dei farisei, aveva posto una domanda che anche oggi è di grande attualità: “Come si può raggiungere la vera gioia?” “Come si può vivere non avendo più paura di morire?” Nella sua risposta, Gesù aveva prospettato un percorso che esigeva un cambiamento radicale, lasciando di stucco il suo interlocutore che, essendo fariseo, si aspettava di essere rassicurato e approvato per il suo sforzo di essere vicino a Dio con l’osservanza minuziosa di tutti i precetti. Gesù gli aveva chiesto invece di riprogettare la sua vita, mettendo al primo posto un modo diverso di pensare Dio: “Occorre rinascere dall’alto” aveva detto. C’è un modo di vivere che parte dal basso cioè da sé, potremmo formularlo così: “Che la mia vita raggiunga la gioia dipende da me, dalle mie iniziative, dal mio sforzo; sono io che devo costruire la mia vita perché essa realizzi la felicità.” Questo modo di pensare può esistere anche in una vita che pure affermi la presenza di Dio e la ricerca della sua volontà, questa infatti è la posizione dei farisei, e potremmo esprimerla in questo modo: “Io ho diritto di essere amato da Dio, il suo amore è la ricompensa del mio sforzo per essere buono e per l’impegno di adempiere i comandamenti.” Gesù aveva proposto un modo di vivere che partiva dall’alto, cioè dal far dipendere realmente la vita da Dio, e potremmo dire così: “È Dio che essendo amore e avendomi per amore chiamato alla vita, costituisce il fondamento della gioia, perché mi dice che sono una persona preziosa, e vivendo con questa consapevolezza sono felice.” Nel dialogo successivo, che costituisce il testo del vangelo di oggi, Gesù approfondisce quanto ha detto in precedenza. Nella prima riflessione risponde alla domanda: “qual è il volto di Dio?” Gesù invita a guardare alla sua persona come al segno nel quale si rivela l’amore di Dio. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio”. Che Dio è amore lo rivela la vita di Gesù, tutta una vita vissuta nella coscienza di essere figlio. La sua vita è totalmente consegnata a Dio, che egli riconosce come il Padre che lo ama; quell’amore di cui si nutre, si riflette in ogni sua parola, in ogni suo gesto. Per questo Gesù può dire a Filippo: “Chi vede me vede il Padre”. Quando Gesù sarà innalzato sulla croce, proprio allora, egli mostrerà totalmente attraverso la sua persona, lo stesso essere di Dio. Proprio sulla croce con il suo atto di consegna al Padre, Gesù manifesterà nel modo più splendente che Dio è Amore. La vita allora, acquista senso dal guardare al crocefisso con la stessa intensità di quegli ebrei che morsi dai serpenti, guardavano al serpente di rame innalzato su un’asta come al segno della volontà soccorritrice di Dio. Il cristiano vive tenendo fisso lo sguardo su Gesù, corrispondendo alla sua parola che dice di sé: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. Nella seconda riflessione Gesù cerca di spiegare che cosa concretamente significhi vivere riconoscendo l’amore di Dio come fondamento della vita. Gesù utilizza un’immagine molto efficace: l’immagine della luce. In questi giorni siamo contenti per il sole che splende e illumina ogni cosa, percepiamo ogni giorno il dilatarsi della durata della luce e il tempo che corre verso la primavera e già sentiamo il desiderio di poter sostare sulla spiaggia a lasciarci scaldare dal sole. Siamo fatti per la luce, così è anche per ogni altra forma di vita: possiamo riferirci in particolare alle piante che vivono proprio trasformando la luce del sole nell’energia che le fa vivere, per questo nel fitto bosco le piante salgono in alto, per cercare la luce. A questo punto ci chiediamo: ma che cosa devo fare? Gesù dice: il problema non è fare, ma essere vivi, custodendo la consapevolezza dell’amore di Dio per noi, lasciandoci abitare dal pensiero dell’amore di Dio, e da questo pensiero far derivare le ragioni del nostro essere felici. il Parroco |