Conosco le mie pecore - Gv 10,11-18

Gesù utilizza l’immagine del pastore per parlare di sé e della sua missione, non solo ispirandosi alla figura del pastore, che poteva vedere di frequente mentre si spostava da un villaggio all’altro sulle colline della Galilea e della Giudea. Gesù ha tratto l’ispirazione per questo insegnamento anche da tante pagine dell’Antico Testamento, nelle quali ci si riferisce all’agire di Dio nei confronti del popolo d’Israele, paragonandolo all’azione di un pastore nei confronti delle pecore. I testi che potremmo citare sono tantissimi, particolarmente nei salmi e nelle parole dei profeti, ma possiamo prendere come esempio il salmo ventidue, quello che inizia con le parole: “Il Signore è il mio pastore”, che a volte cantiamo. Un altro testo molto indicativo è il capitolo trentaquattro di Ezechiele, nel quale il profeta annuncia che Dio stesso sarà il pastore del popolo di Israele. Possiamo pensare che proprio questo testo abbia ispirato le parole di Gesù: esso era letto nel tempio durante la festa della Dedicazione e più avanti, nel capitolo decimo del vangelo di Giovanni, si dice che proprio in occasione di quella festa Gesù ha dato questo insegnamento. Ciò che il profeta annunciava come un evento futuro, Gesù lo descrive come un fatto compiuto nella sua persona.

Con l’immagine del pastore Gesù vuole rappresentare la relazione che Dio vive con ogni uomo, relazione che si compie attraverso di Lui. La relazione rappresentata attraverso l’immagine del pastore è una relazione d’amore, il pastore agisce cercando continuamente il benessere delle pecore. Proprio dalla presenza e dalla cura del pastore dipende la vita delle pecore: egli procura il cibo necessario, le difende da altri animali e dai pericoli, procura un riparo dalle intemperie, le cura in occasione della malattia. L’azione vitale del pastore è espressa anche dal paragone con il mercenario, il quale agisce nella ricerca dell’interesse personale e di fronte al pericolo salvaguarda se stesso, abbandonando le pecore al loro destino.

C’è un particolare aspetto che mi piace sempre rilevare in questo vangelo: la relazione del pastore verso le pecore avviene attraverso la loro conoscenza. Gesù infatti, dice: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore”. Sappiamo che avviene proprio così, quando noi guardiamo un gregge, le pecore ci sembrano tutte uguali, ma per il pastore ognuna è unica, tanto che ciascuna ha il suo nome.

Alla luce di questa parola, dobbiamo pensare che ciascuno di noi è amato da Dio ed è conosciuto personalmente, come dice il salmo: “Tu mi scruti e mi conosci”. Che cosa comporta porre l’accento sulla conoscenza nella relazione? Che la relazione è personalizzata: pur essendo un amore dato a tutti, non raggiunge tutti vedendoli come una massa uniforme, ma coglie ciascuno nella sua singolarità.

Se Dio ci conosce, dobbiamo ritenere che veda tutto di noi, il bene che abbiamo fatto, le nostre qualità, ma anche i nostri peccati e i nostri difetti. Considerare che conosca i nostri peccati e ci ami ugualmente, ci fa pensare che non vede in noi solo il male, ma sa vedere anche il bene e ci guarda sempre con speranza. In forza di questo sguardo, anche noi possiamo guardare a noi stessi con speranza.

Se teniamo presente il fatto della conoscenza, dobbiamo dire che Dio non ci ha fatto in serie come a una catena di montaggio, ma ciascuno è unico secondo la combinazione delle proprie caratteristiche, così ciascuno deve realizzare la propria risposta all’amore di Dio, utilizzando le risorse umane di cui dispone. Ognuno di noi è dotato di una particolare qualità d’intelligenza, di una singolare forza di volontà, di una sensibilità propria, e attraverso quelle particolari qualità potrà realizzare il proprio percorso professionale e spirituale. Per affrontare la questione delle vocazioni, tema sul quale oggi siamo chiamati a riflettere, non basta pensare alla chiesa come a un’azienda, e chiederci di quali competenze o di quali mansioni oggi c’è più bisogno. “Vocazione” è invece riflettere su come utilizzare le nostre capacità per rispondere all’amore di Dio. Cercare di fare incontrare l’amore di Dio con la nostra singolarità, valorizzare tutti gli aspetti della nostra personalità per seguire Gesù: questo vuol dire vivere la vita come vocazione.

il Parroco