Rimanete in me e io in voi - Gv,15,1-8 Quello che dicevamo domenica scorsa a proposito dell’immagine del pastore, in questa domenica lo possiamo dire del paragone che Gesù fa con la vigna. Lo spunto per questo esempio è stato dato a Gesù non tanto dalla coltivazione della vigna, diffusa nel territorio di Palestina, ma dai riferimenti già presenti nelle pagine dell’Antico Testamento. Numerose volte, nelle preghiere dei salmi e nelle pagine dei profeti, si utilizza l’immagine della cura della vigna per descrivere la relazione di vicinanza che Dio ha nei confronti del popolo di Israele. Il medesimo riferimento alla vigna ha suggerito a Gesù le parabole raccontate dai sinottici, quelle che parlano dei vignaioli. Dobbiamo dire però, che nel brano del vangelo di Giovanni che leggiamo in questa domenica, Gesù guarda alla vigna da un altro punto di vista. La pianta della vite, come ogni altro albero, è composta dalle radici che affondano nel terreno e rendono possibile alla pianta di ergersi e resistere al soffiare dei venti, ma ancor più le radici hanno il compito di assorbire l’umidità presente nel terreno e quei sali e altri elementi disciolti, che costituiscono l’alimento che fa crescere la pianta. Dalle radici si diparte poi il tronco, che spuntando dal terreno si eleva verso l’alto alla ricerca della luce del sole. Se tagliamo il tronco di una pianta viva, sentiamo che esso è umido, infatti, la linfa assorbita dalle radici, scorre lungo tutto il tronco facendolo vivere e crescere. Dal tronco si dipartono i rami, (che nel caso della vite si chiamano tralci) sui quali spuntano le foglie che hanno il compito di assorbire energia dalla luce del sole. La linfa e l’energia del sole fanno si che sui rami spuntino i fiori che, impollinati dalle api, diventano i frutti che noi mangiamo. La linfa assorbita dalle radici, scorre lungo il tronco e si comunica ai tralci, rendendo possibile il prodursi dei fiori prima e dei frutti poi. Paragonando se stesso alla vite, e noi, suoi discepoli ai tralci, Gesù vuol dirci che la relazione, che s’instaura con l’atto della fede, alimentata dai sacramenti, fa si che la sua stessa vita si trasmette a noi, così che possiamo vivere come Lui. Quello che voglio esprimere è un pensiero che può sembrare difficile, ma è molto importante per comprendere in che cosa consiste la vita cristiana. Essa non è paragonabile a quella di un discepolo che segue un maestro e ne apprezza la dottrina cercando di mettere in pratica i suoi insegnamenti. La relazione con Gesù è paragonabile piuttosto all’amicizia. L’amicizia costruisce una relazione più grande di quella tra il maestro e i discepoli, chiamiamo questa relazione con il termine di “comunione” per dire che chi ama vive nell’amato. Come la stessa vita passa dalla vite ai tralci, così è possibile che la stessa vita passi da Gesù a noi. Possiamo cercare di descrivere alcuni passi della relazione con Gesù intesa come comunione: • All’inizio c’è la scoperta della corrispondenza tra ciò che noi cerchiamo e ciò che Gesù vive, quando ci accade di poter dire con Pietro: “Da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna.” Potremmo dire con parole nostre: “Se incontrassi un amore come quello di Gesù, allora avrei la forza di vivere con gioia ogni situazione di vita.” • Il secondo passo sta nel riconoscere che se è vero che Gesù è risorto, allora Egli vive in Dio e dunque non è assente, lontano, scomparso per sempre, anzi è vicino, e posso pensare che il suo amore oggi sia vero per me. • Il terzo passaggio ci chiede di prendere in mano il Vangelo e immedesimarci di volta in volta nelle persone incontrate da Gesù, riflettendo che possiamo pensarci amati come Simone o come il lebbroso, o il paralitico, o Marta e Maria, e chiederci che cosa questo significhi per la nostra vita. • Il quarto passaggio consiste nell’accostarci ai Sacramenti e nell’accogliere nel segno Sacro la presenza reale di Gesù. Dal far entrare Gesù in noi come una presenza interiore, scaturiranno energie capaci di farci vivere la vita come Lui. il Parroco |