La tua fede ti ha salvata - Mc 5,21-43

È facile constatare come sia vero ciò che dicevo in anteprima domenica scorsa: possiamo commentare le letture di oggi continuando il discorso iniziato nelle domeniche precedenti, poiché ritorna come argomento centrale della Parola il tema della fede. Questo tema emerge particolarmente dal vangelo che ci presenta l’esperienza di due persone molto diverse per condizione sociale e per atteggiamento religioso, ma entrambe fanno un analogo cammino per arrivare alla fede. Gesù dice alla donna guarita: “La tua fede ti ha salvata”. Anche a Giairo Gesù raccomanda: “Continua ad avere fede”. Possiamo cercare di far emergere dai due episodi del vangelo le tappe del cammino della fede. Consideriamo anche la supplica di Giairo che chiede la guarigione della propria bambina e riceve il dono di riaverla viva dopo che era intervenuta la morte, ma seguiamo in modo prevalente l’esperienza della donna che da molti anni soffriva per le perdite di sangue.

Il punto di partenza è l’esperienza del bisogno: la vita sembra non compiersi secondo le aspettative di bene che abbiamo nel cuore, la donna soffre di perdite di sangue da dodici anni. Molto spesso anche per noi la domanda riguarda la salute nostra o di una persona cara, ma anche l’attesa di benessere economico, la ricerca di un posto di lavoro, il bisogno di buone relazioni con i familiari.

Il bisogno spesso ci costringe a prendere atto del limite insito nella natura umana, ci rendiamo conto che siamo incapaci con le nostre forze di rispondere al problema; l’evangelista constata che la donna ha speso tutto il suo denaro per i medici senza trarne alcun beneficio.

Il bisogno di quella donna è ancora più grande perché nella sua cultura, ogni contatto con il sangue (pertanto anche con le sue perdite), è una condizione che la etichetta con il giudizio di impurità, facendola sentire esclusa dal rapporto con Dio.

Di fronte al bisogno nasce la tentazione di cercare un contatto magico per utilizzare al proprio favore la potenza di Gesù.

Possiamo descrivere il contatto magico con queste caratteristiche:

         Si ricerca una relazione magica quando si fissa lo sguardo su un particolare, considerandolo come l’unico problema, senza chiedere di imparare a vederlo nell’insieme degli interrogativi della vita. La donna chiede di essere guarita, non di saper dare senso alla malattia.

         Si ricerca la relazione magica quando si cerca un contatto con Dio in modo superficiale, che eviti la fatica del confronto e della relazione, soprattutto che non chieda lo sforzo di un cambiamento.

         Si ricerca la relazione magica quando si cerca di forzare l’azione di Dio al proprio favore, mentre il compito dell’uomo è quello di ascoltare e aderire alla volontà di Dio.

Il punto centrale di questo episodio è il comportamento di Gesù, che cerca di far evolvere l’incontro con quella donna, facendo in modo che passi dal contatto magico all’esperienza della relazione tra persone, dal toccare un mantello all’incontro degli sguardi e dei cuori, dal bisogno della salute al bisogno di identità a cui risponde il dono dell’amore.

Gesù non si scandalizza di fronte al gesto della donna che lo utilizza come una sorta di amuleto a cui rubare una forza divina, ma neppure si accontenta che sia uscita da lui una forza che ha sanato quella donna. Gesù non condanna la fiducia che la donna ha posto nel gesto di poter essere guarita dalla sua infermità soltanto toccando il mantello, ma fa emergere che la sua domanda è molto più grande della domanda di salute, è soprattutto domanda di riconoscimento e di identità. A quella domanda risponde Gesù, poiché nella sua persona si dona l’amore che è Dio.

La donna ha fatto un cammino: cercava un contatto magico, riceve uno sguardo, delle parole, dei gesti che la amano; cercava la soluzione di un problema, incontra la luce di una relazione che illuminerà tutta la sua vita.

Gesù riconosce il cammino che la donna ha fatto: cercava la guarigione dalla sua malattia, ha incontrato la salvezza della sua persona.

il Parroco