Il falegname, il figlio di Maria - Mc 6,1-6 Tutti i Vangeli Sinottici danno rilievo a questo momento della vita di Gesù, che oggi ascoltiamo nel racconto di Marco. Nel suo cammino di annunciatore e di realizzatore del regno di Dio, Gesù arriva a Nazareth, il paese che l’ha visto crescere, dove è conosciuto come parte di una famiglia, dove la gente ricorda ancora com’era da bambino, dove ci sono persone che hanno potuto usufruire del suo lavoro di carpentiere. In quell’ambiente nel quale è stato conosciuto per la sua umanità, in tutto uguale a quella degli altri, Gesù subisce una delle delusioni più forti, quella di non essere accettato come inviato da Dio, e questo proprio dalle persone che conosce, da quelle più care. Il rifiuto della fede in Gesù da parte dei suoi concittadini ci spinge a pensare che il tema della fede sia ancora al centro della liturgia della Parola di questa domenica. Abbiamo già detto nelle domeniche passate, che l’atteggiamento che apre alla fede è lo stupore e la meraviglia di fronte alla vita, che a volte fa sperimentare “un di più” sorprendente rispetto al consueto. Guardo le cose e mi abituo alla loro vista, ma a volte vedo che il reale si veste di una bellezza che lascia a bocca aperta; da questa visione nasce la domanda: “Da dove, questo “più” di bellezza?”; “come posso fare perché questa bellezza ci sia sempre?”. Sperimento la vita con le sue dinamiche quotidiane, dove tutto è valutato secondo la logica dell’utilità, del dare per avere, ma accade a volte che una persona compia un gesto di amore, un gesto teso solo a generare del bene, un gesto gratuito e disinteressato, ed ecco che sorge allora la meraviglia: “Perché l'ha fatto?” “com’è possibile vivere così?”. La vita diventa vivibile e acquista senso per questo “più” che a volte sperimentiamo e che di fronte alla ferialità deludente ci rende protesi in avanti, fiduciosi che un giorno questo “più di vita” si compia per tutti e si compia per sempre. Per gli abitanti di Nazareth, la meraviglia è solo l’atteggiamento iniziale che subito è messo a tacere, perché non accettano di ricevere questo messaggio da una persona che conoscono, uno che è come loro. Potremmo dire che gli abitanti di Nazareth guardano ai fatti avendo già deciso come deve essere Dio e come deve essere uno che parla in suo nome, e non sono disposti ad accogliere la vicinanza di Dio se si manifesta attraverso i segni dell’umiltà e della semplicità di Gesù. Questo significa per noi che la fede ci chiede la povertà e la libertà di accogliere il bene da qualunque parte avvenga, di aprire il cuore alla verità, accogliendo qualunque cambiamento o conversione, anche scomodi. A volte guardiamo alla realtà avendo già deciso dentro di noi come deve essere Dio, o che cosa dovrebbe fare o come dovrebbe essere uno che parla in suo nome. A volte ascoltiamo la voce di Dio avendo già deciso dentro di noi lo spazio che Lui deve avere nella nostra vita, quanto può chiederci. L’atteggiamento della meraviglia ci deve invece portare a lasciarci guidare dal bene e dalla verità così come si manifesta, diversa dalle nostre aspettative. Lo stupore ci deve dare la libertà di accogliere un cambiamento, un progetto di vita diverso da quello programmato. il Parroco |