Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre - Gv 6,41-51

Il tema del cibo è diventato così di moda nella nostra società, per cui siamo saturi di trasmissioni di cucina, di riviste che presentano i grandi cuochi come i divi più acclamati del momento, di libri di ricette che riempiono gli scaffali delle librerie. Quest’anno anche l’Expo mondiale di Milano sull’alimentazione ha dato altra occasione per parlare del cibo. C’è però una ragione che giustifica la rilevanza data al tema del nutrirsi, ed è che il mangiare può essere inteso come la parabola che rappresenta la vita. Pensiamo al bambino piccolo che avverte la sensazione della fame: attraverso il pianto segnala il suo bisogno; il pianto si placa e il bambino ritorna a sorridere quando la mamma gli offre il seno da succhiare. Nell’esperienza umana, il prendere cibo è un’attività che ha un significato molto più ampio del nutrirsi, infatti non ci basta introdurre una determinata quantità di proteine, vitamine e carboidrati, abbiamo bisogno che questi elementi ci vengano proposti saggiamente mescolati e conditi, in modo tale da poter accedere all’esperienza del piacere. Perché la vita è proprio fatta così: non ci basta semplicemente respirare, muoverci, inanellare un giorno dopo l’altro, occorre che attraverso gli avvenimenti facciamo l’esperienza della gioia.

Potremmo ripartire dall’invito che Gesù faceva nel vangelo di domenica scorsa: “Cercate non il cibo che in fretta si deteriora, ma quello che dura per la vita eterna”. Il richiamo di Gesù fa sorgere queste domande: “Qual è il cibo che ci nutre davvero?”. “Dove trovo la vera gioia della vita?”.

Credo che nessuno possa negare di avere l’attesa di migliorare la situazione di benessere nel quale la sua vita si svolge. Avere un corpo sano, conservare le condizioni di una persona giovanile, avere garantito un certo benessere che assicuri un buon tenore di vita e che permetta di togliersi anche qualche sfizio….. Tutti invidiamo la situazione di chi non deve ogni giorno controllare con oculatezza la spesa al supermercato, che non vive con preoccupazione l’avvicinarsi della fine del mese vedendo ridursi le risorse a disposizione. Se però ascoltiamo veramente le attese del nostro cuore, ci accorgiamo che ciò che cerchiamo non è realizzato soltanto dal raggiungimento di un saldo benessere economico.

Non possiamo sognare una vita che non sia mai sfiorata dal decadimento provocato dal passare del tempo, non possiamo pensare di essere garantiti dal rischio dell’insorgere di qualche malattia, eppure dovremmo poter dire anche allora che la nostra persona ha valore, che anche in quel tempo avremo motivi per gioire della vita.

Ciò che tutti cerchiamo è un fondamento, che ci permetta di essere consapevoli di avere valore, non legato a condizioni esteriori che possono facilmente cambiare, un valore che possiamo continuare a riconoscere anche nel tempo dell’invecchiamento e della malattia, un valore fondato sull’essere e non sul fare o sull’avere!

Se riflettiamo bene sul cammino della nostra vita, ci rendiamo conto che i momenti in cui abbiamo sentito maggiormente la percezione della gioia, sono legati all’esperienza dell’amore. Proviamo gioia di esistere, cresciamo nella coscienza del nostro valore, sentiamo che ha senso vivere ogni volta che un altro ci dichiara il suo amore. Ogni volta che riceviamo amore, si rinnova l’esperienza dell’inizio della vita, quando, posti di fronte all’ignoto dell’esistenza siamo stati presi dalla paura, ma siamo stati rassicurati dal ristabilirsi della relazione con nostra madre, che offrendoci il suo seno e facendoci sentire il suo calore, ci ha nuovamente dato consapevolezza di essere in relazione, di essere figli. L’amore che cerchiamo, necessario per dare fondamento alla vita, deve essere un amore davvero speciale. Cerchiamo infatti un amore assolutamente gratuito, un amore da non comprare con i nostri meriti. Cerchiamo un amore misericordioso, così grande e totale che continui ad amarci anche di fronte al fatto che deludiamo e che presentiamo il nostro volto oscuro e poco amabile; un amore perciò che sia creatore di bene anche di fronte al nostro male. Cerchiamo un amore capace di dire “per sempre”, che ci ami anche in previsione del tempo che finisce, dandoci la certezza che ci amerà anche oltre tale limite. Esiste un amore così? Noi possiamo rispondere che tale amore esiste, che si è reso visibile ed è stato offerto a tutti nella persona di Gesù, che nella sua vita ha continuato ad amare, anche quando i chiodi dell’odio s’incidevano nella sua carne sulla croce. L’enigma posto dalla vita per noi, schiarisce e si scioglie guardando all’esistenza filiale che Gesù ha vissuto sulla croce.

il Parroco