Come lo accoglie un bambino - Mc 10,2-16

Ascoltiamo oggi come buona notizia per la nostra vita, una delle rare occasioni nelle quali Gesù ci parla della relazione tra l’uomo e la donna e del rapporto di coppia che fonda l’esperienza della famiglia. Vorremmo che Gesù ci avesse dato un insegnamento più ampio e approfondito su quest’argomento, tale da aiutarci maggiormente a discernere tutte le problematiche emerse nel nostro tempo su quest’aspetto dell’esperienza umana. La trattazione di questo tema da parte di Gesù è occasionale e nasce da una domanda trabocchetto posta dai soliti farisei; forse sarebbe stato diverso se sull’argomento ci avesse dato un insegnamento più articolato. Certamente il matrimonio e la famiglia come si costituivano nella società di Gesù erano molto diversi dal matrimonio e dalla famiglia dei nostri giorni. Il ripudio era una prerogativa solo del marito, la donna non aveva nessuna tutela ed essendo la parte più debole della società era la parte più penalizzata; non si può paragonare il ripudio al divorzio. Dedurre da queste poche parole tutti i criteri per illuminare il significato della relazione di amore tra l’uomo e la donna e della famiglia che si costituisce in seguito, appare oggi particolarmente difficile.

Comprendiamo da queste considerazioni la difficoltà del compito affidato ai vescovi che si riuniranno nel prossimo Sinodo, dai quali ci aspettiamo una parola che non sia solo la ripetizione della dottrina di sempre, ma una parola capace di superare la distanza tra ciò che insegna la chiesa e ciò che vive la gente. Questa è la questione cruciale: ci sono persone che vivono situazioni così diverse dal modello cristiano, da pensare che il vangelo non abbia più niente da dire alla loro vita.

Analizzando le parole di Gesù, troviamo che la sua risposta invita a considerare il principio, l’inizio della creazione. È questa una riflessione molto importante e invita a una valutazione complessiva sul valore della relazione, sul senso profondo dell’esperienza dell’amore e della sessualità. Spesso i comportamenti nascono dalla spinta della dimensione emotiva e sensibile, si dice perciò: “Sento così”. Spesso ci si comporta valutando ciò che è immediato o spontaneo, o si considera tutto secondo il grado di utilità. Con il rimando al principio, Gesù apre la prospettiva della verità, del bene, del senso complessivo delle cose.

È questo un servizio importante che la Chiesa dovrebbe fare: anche se scomodo, non rassegnarsi a registrare l’esistente, ma provocare uomini e donne a riflettere sul senso di ciò che vivono e su come nel vissuto, si sta realizzando il bene.

Gesù vede una luce che aiuta a capire il senso dell’esperienza nelle due narrazioni della creazione dell’uomo e della donna contenute all’inizio della Sacra Bibbia, infatti nella sua risposta compone insieme la citazione dei due racconti della creazione dell’uomo. Nel primo racconto si dice che Dio formula un proposito: “Facciamo l’uomo a nostra immagine …”. È proprio intenzione di Dio che l’uomo esista nella diversità maschile e femminile, anzi questa diversità e la sua destinazione alla relazione, esprime qualcosa del volto di Dio: la Sua immagine.

Nel secondo racconto si esprime maggiormente la chiamata a uscire dalla propria situazione originaria per protendersi verso la relazione con l’altro, al fine di diventare con lui una cosa sola. La volontà per cui Dio ha disposto che la persona esistesse nella diversità maschile o femminile, è che non viva chiusa nella propria solitudine, ma si realizzi nel dono di sé.

Vedo in particolare tre aspetti sui quali riflettere e, in conseguenza di tale riflessione, ripensare i percorsi di preparazione al matrimonio:

         Il primo è: “come aiutare le persone ad arrivare a una scelta consapevole e matura”. Fa meraviglia che il maggior numero di sentenze di nullità di matrimonio sia dato per l’immaturità con cui si è assunta tale decisione. Nonostante la maggiore frequentazione, sembra difficile realizzare una vera conoscenza tra i fidanzati. Un segno di questa immaturità è l’enfatizzazione del giorno di inizio vissuto come se si fosse in una favola.

         Il secondo è: “l’adesione sincera al significato religioso e sacramentale del matrimonio”. Nella maggioranza dei matrimoni manca un cammino di fede che faccia vivere quel passo come l’adesione a una vocazione di sequela a Gesù e di ministerialità nella chiesa.

         Il terzo, che non è l’ultimo, ma il più importante è: “la relazione rimane tesa al soddisfacimento dei propri bisogni e non è motivata dalla scoperta della bellezza del dono di sé”.

il Parroco