Perché tutto è possibile a Dio - Mc 10,17-30 Il percorso che stiamo facendo in queste domeniche, nelle quali, attraverso la lettura del Vangelo di Marco stiamo scoprendo le caratteristiche del vero credente, ci porta oggi ad ascoltare l’incontro di Gesù con il giovane ricco, che ci dà la possibilità di riflettere su ciò che costituisce il cuore dell’essere discepolo. La domanda che quest’anonimo interlocutore pone a Gesù, potrebbe essere anche la nostra, cioè quella che continuamente emerge nel cuore di fronte alle varie circostanze della vita. Probabilmente non la formuliamo come domanda che riguarda la vita eterna, ma piuttosto come interrogativo su dove trovare oggi la realizzazione della felicità che tutti aspettiamo. La felicità non può essere un’esperienza che si realizza soltanto nel futuro, ci aspettiamo di poter già sperimentare la felicità qui sulla terra. Possiamo però dire che cerchiamo la vita eterna perché per realizzare la vera felicità, dobbiamo anche riuscire a dare un significato alla realtà della morte che ci sta di fronte e ci mette paura, e che percepiamo come il più grande ostacolo a essere felici. I maestri spirituali che ci guidavano quando eravamo in seminario, interpretavano questo episodio del vangelo riferendolo alla vita di noi ragazzi, che stavamo vivendo un tempo di discernimento della nostra vocazione. Nella chiamata del giovane ricco vedevano la proposta che Gesù stava facendo a noi seminaristi, una chiamata a vivere un’offerta più generosa rispetto a quella che faceva a tutti gli altri. Secondo questa visione antica si potrebbe pensare che il percorso dell’essere discepolo di Gesù è costituito da due stadi: il primo è una proposta per tutti a seguire la strada indicata dai comandamenti, il secondo stadio, che è solo per pochi, è quello della rinuncia a possedere le ricchezze; questo riguarda i religiosi e i consacrati. Vi propongo invece di leggere questo episodio pensando che Gesù parli per tutti e faccia a ognuno questa chiamata. Nell’episodio del giovane ricco possiamo vedere una proposta di Gesù a vivere un passaggio: dal pensare alla relazione con Dio basata sull’osservanza dei comandamenti, alla relazione con Dio che si realizza quando si accoglie il dono gratuito che Dio fa del Suo amore. Come possiamo rappresentare la diversità tra questi due modi di pensare la relazione con Dio? La via dei comandamenti mette al centro l’uomo, che con il suo sforzo cerca di osservare i comandamenti e le disposizioni della legge di Dio, in modo da guadagnare la sua benevolenza; nella via proposta da Gesù, al primo posto c’è Dio, che prende l’iniziativa di andare incontro all’uomo e di offrirgli il Suo amore. Se l’immagine che abbiamo di Dio è quella della legge, finiamo col pensare di limitare lo spazio che Dio deve avere nella vita dell’uomo a quello spazio appunto, che cade sotto le direttive dei comandamenti. Pensava così il giovane del vangelo, che pur osservando tutti i comandamenti, riteneva di non dover rendere conto a Dio delle sue ricchezze. Se invece Dio entra nella vita, ricevendo l’amore di Gesù non c’è nessuno spazio della vita in cui si possa dire: “Questo non riguarda Dio” perché la relazione con Lui ci accompagna in tutte le cose che facciamo. Se la relazione con Dio fosse basata soltanto sui comandamenti, potremmo pensare di essere condannati senza appello di fronte all’esperienza di non riuscire ad osservare tutta la legge; se viviamo il legame con Gesù, accogliendo attraverso di Lui l’amore di Dio, possiamo avere la fiducia che continuando a ricevere il Suo amore riusciremo a cambiare, con la forza che lui ci dà. Se pensassimo di essere da soli di fronte ai dettami esigenti della legge, dovremmo concludere: “ è impossibile che io riesca a vivere così”. Se crediamo all’amore che Dio ci dà attraverso Gesù, possiamo dire: “Dio può farmi vivere anche ciò che ai miei occhi sembrerebbe impossibile”. il Parroco |