Preparate la via del Signore - Lc 3,1-6

Domenica scorsa, iniziando un nuovo anno liturgico, ci siamo soffermati a riflettere sul tempo. Vedendo susseguirsi avvenimenti tragici e dolorosi, possiamo essere indotti a disinteressarci di ciò che avviene nella società per rinchiuderci nella cura dei nostri interessi personali. È un atteggiamento oggi diffuso, quello di non occuparsi di ciò che avviene nella città o di ciò che avviene nella parrocchia per occuparsi del proprio benessere, salvo poi, essere pronti a criticare l’operato di quei pochi che fattivamente si impegnano con sacrificio personale.

Annunciando che nel tempo si manifesta la venuta di Dio, il Vangelo esortava ad avere speranza e a essere aperti verso il futuro. Anche attraverso i fatti dolorosi si costruisce il disegno di Dio, la sua storia di salvezza. Il vangelo ci esortava anche a entrare nella storia e fare la nostra parte, a sentire la responsabilità verso il tempo che ci è dato; il tempo è occasione per fare delle scelte, per prenderci degli impegni, per dare il nostro contributo.

La liturgia di questa seconda domenica ci porta a chiederci: Com’è possibile riconoscere negli avvenimenti della storia, i segni della presenza di Dio? Chi sono le persone che stanno costruendo la storia come la vuole costruire Lui? L’evangelista traccia il panorama storico del suo tempo e individua una persona che in quel particolare momento agisce guidato dalla Parola di Dio. La narrazione inizia con un grande quadro che disegna l’ambiente geografico e il contesto storico dove quei fatti sono avvenuti, cioè la Palestina, al tempo di Tiberio imperatore romano, di Pilato governatore, di Erode, di Anna e Caifa sommi sacerdoti. Ma una volta rappresentato il quadro d’insieme, l’evangelista sposta velocemente la sua attenzione da quei personaggi (che entreranno nei resoconti storici di quel tempo e ancora sono nei libri di storia che studiano i nostri ragazzi) per farci guardare altrove, ai margini di quella scena dove un uomo sconosciuto è il protagonista della storia alternativa, quella storia che lui vuole raccontare. Non Tiberio, non Pilato, non Erode, nemmeno Anna e Caifa sono costruttori della storia di Dio, che passa per vie diverse rispetto alla storia più eclatante del mondo. L’opera di Dio non passa dai palazzi del potere politico o religioso, ma da un uomo che vive nel deserto: Giovanni è lo strumento che Dio ha scelto per manifestarsi.

Il tema del deserto è uno dei temi importanti della liturgia di questa domenica. Il deserto è nella storia della Sacra Scrittura il luogo proprio dell’incontro con Dio. Il deserto è lo spazio della solitudine e del silenzio, il deserto è il luogo dove non contano le apparenze, il deserto è il luogo della spogliazione di sé per trattenere solo ciò che è essenziale, il deserto è il luogo dove si può ascoltare la voce del cuore, dove si può stare a contatto con la propria interiorità. Il deserto è il luogo dell’incontro con Dio.

Per essere costruttori della storia di Dio occorre sottrarsi ai condizionamenti di una società nella quale, per essere all’altezza si deve corrispondere a determinati canoni. Il deserto ci educa a stare bene con noi stessi perché amati da Dio, condizione indispensabile per vivere relazioni autentiche con gli altri. Solo chi è capace di stare nel deserto può vedere e generare un cambiamento nel mondo, perché sa portare un punto di vista alternativo, il punto di vista di Dio. Nel deserto, dove un uomo vale quanto vale il suo cuore, dove è senza maschere e senza paure, solo nel deserto la goccia di fuoco della profezia può dare il suo frutto. È la misteriosa e mai revocata scelta di Dio: fare storia con chi non ha storia, scegliere la via della periferia, entrare nel mondo dal punto più basso, da dove l'uomo soffre. Facendo queste scelte, ciascuno di noi può diventare voce di una Parola, di una sillaba di Dio.”

il Parroco