Che cosa dobbiamo fare? - Lc 3,10-18 Che cosa dobbiamo fare? È una domanda semplice alla quale in realtà, non è facile rispondere. Quando facciamo questa domanda a una persona che ha il compito di maestro spirituale, spesso ci sentiamo rispondere: “Non ho una ricetta da darti”. In effetti, non è importante sapere subito che cosa dobbiamo fare. Stiamo in guardia da chi semina ricette, da chi dà facili consigli su che cosa si deve fare. Quando riduciamo l’esperienza religiosa al rispetto dei precetti, al compiere delle pratiche, rischiamo di partire con entusiasmo per la facilità e l’immediatezza della proposta, salvo poi smarrirci presto e abbandonare tale comportamento diventato ripetitivo e monotono. Altre volte riusciamo a portare avanti nel tempo un impegno, ma la spinta che sostiene tale azione è la soddisfazione di poter vantare i nostri adempimenti o la necessità di dare agli altri un’immagine efficiente di noi. Il compito della formazione è di far maturare un significato, condividere degli ideali, interiorizzare nella propria coscienza una determinata visione della vita. Quando una persona ha maturato nella propria coscienza una determinata consapevolezza, saprà trarre da dentro di sé l’indicazione di come attuare il valore condiviso, il significato creduto. Maturare consapevolezze nella propria coscienza è dunque ciò che sta al primo posto; da questo nasce la possibilità di portare avanti un impegno nel tempo, per il bisogno di essere fedeli a se stessi, alla propria voce interiore. Quando una persona ha maturato un significato nella propria coscienza, la voce interiore la guiderà, anche se non ci fosse nessuno a giudicare tale comportamento, perché ciò che muove la persona non è il giudizio degli altri, ma il bisogno di fedeltà a se stessa. L’insistenza del vangelo di oggi che per tre volte ripete la domanda: “Che cosa dobbiamo fare?”, ci richiama alla necessità di tradurre i pensieri in azioni concrete, al bisogno di arrivare a esprimere la novità nei comportamenti. Ricordiamo il monito di Gesù: «Non chi dice “Signore, Signore” ma chi fa la volontà di Dio entrerà nel regno dei cieli». C’è un altro aspetto importante da raccogliere: sebbene la proposta della fede sia per tutti, ognuno deve viverla in modo personale, utilizzando le risorse proprie, date dal temperamento, e anche in modo corrispondente alla propria condizione di vita. Così come Giovanni ha una proposta diversa per la gente, per i pubblicani e per i soldati. Questo vale anche per noi: costruire nella storia il disegno di Dio, passa attraverso le concrete circostanze della vita. Il nostro singolare temperamento, essere uomo o donna, la nostra famiglia, il posto di lavoro, le circostanze storiche in cui ci troviamo a vivere, sono tutte situazioni che condizionano il progetto di Dio da costruire nel tempo. Ognuno attuerà il disegno di Dio secondo modi particolari.. Possiamo vedere due direzioni fondamentali che tutti dobbiamo percorrere. La prima direzione è: fondare le ragioni che danno valore alla nostra persona sul nostro “essere” e non sull’avere. Il grande compito è imparare a gioire della vita, vivere ogni giorno la meraviglia dell’esistere. Se s’impara a dare valore all’essere, ci si potrà sottrarre alla bramosia che spinge a cercare di avere sempre di più; se il bene che fonda la vita è interiore, saremo liberi rispetto al confronto e al giudizio degli altri. La seconda direzione nella quale vivere è la scoperta che il dono fatto a noi è ugualmente dato agli altri; una motivazione profonda deve far riconoscere ogni altro come pari a me e come parte di me. Se s’impara a vedere ogni altra persona legata a noi, perché come noi ha ricevuto da Dio la vita, si deve desiderare che la felicità cercata per noi, si realizzi nello stesso tempo anche per lei. Se uno ha due tuniche e un altro non ha niente, cercare la mia e la sua felicità è darne una a lui. Il cambiamento che Giovanni propone diventerà possibile solo con Gesù, al quale Giovanni prepara la strada, perché attraverso l’opera dello Spirito Santo l’uomo cambierà dall’interno, trovando la forza per vivere secondo logiche nuove. Ciò che renderà possibile vivere secondo criteri nuovi, è l’immersione dell’uomo nell’amore di Dio, così che quest’uomo trasformato dall’amore, possa vivere non più spinto dalla paura, ma esercitando pienamente la sua libertà. il Parroco |