Figlio, perché ci hai fatto questo? - Lc 1,39-45 In questa domenica successiva al Natale, la Liturgia della Chiesa ci invita ad allargare lo sguardo spostandolo, dal bambino Gesù al centro del presepe, nel quale lo abbiamo posato durante la festa della sua nascita, alle persone che sono vicine a Lui. Vicino a Gesù ci sono Maria e Giuseppe, un uomo e una donna, un papà e una mamma: c’è una famiglia. Quando pensiamo a Maria la Madre di Gesù, quando cerchiamo di immaginarci la vita della sua famiglia, pensiamo a una realtà idilliaca, quasi una fiaba, dove tutto scorre liscio come l’olio. Invece la famiglia di Gesù è una famiglia reale in cui si svolge un cammino di crescita, perciò vive anche i necessari momenti di rottura e di incomprensione. Facendo un salto di tempo rispetto al Natale, la liturgia della chiesa ha scelto quest’anno di offrirci per la nostra riflessione, un episodio della vita di Gesù alle soglie dell’adolescenza. Possiamo intravvedere dietro al fatto di Gesù dodicenne, che va a Gerusalemme e si ferma nel Tempio a dialogare con i dottori della legge, la celebrazione per Gesù di quel rito di passaggio, che ancora vivono i ragazzi ebrei, al quale si può assistere quando si va in visita al Muro del pianto. Quell’età per un ragazzo ebreo è un momento molto importante, è infatti, la circostanza in cui diventa “Bar mitzvah”, cioè “figlio del comandamento” e attraverso riti d’iniziazione, entra a far parte della comunità adulta, assumendo tutti i doveri previsti dalla legge ebraica.. Maria e Giuseppe vivono in questo episodio un altro momento del loro cammino di fede, già iniziato quando un angelo ha annunciato loro il concepimento del bambino Gesù. Essi devono avere coscienza che il figlio che è stato dato loro, non è un loro prodotto, non lo devono pensare come una proprietà sulla quale fare il loro progetto. Quel bambino è altro da loro: una vita umana, un essere unico e irripetibile che nasce dalla creatività della vita e di Dio, una vita da accogliere con meraviglia, da scoprire con sorpresa perché portatore di una diversità. Maria deve nuovamente di fronte a Gesù dodicenne, dire il suo ”eccomi” a Dio e disporre la sua persona a farsi docile per un disegno rappresentato da quel bambino, che non è suo, ma di Dio. Questo episodio è poi anche un segno premonitore dell’esperienza che faranno gli apostoli quando, sgomenti per la sua drammatica passione e morte, dopo tre giorni lo troveranno risorto e potranno riconoscere nella fede, che in quel percorso Gesù ha portato a compimento la sua vita vissuta all’insegna della relazione col Padre. L’episodio della famiglia di Nazareth invita a pensare all’esperienza della famiglia, al senso delle relazioni tra un uomo e una donna, tra genitori e figli. Guardiamo al nascere e al maturare dell’amore tra due persone e al dono di un figlio, non semplicemente come all’esito di un processo psicologico o di un meccanismo fisiologico, ma come a un’azione di Dio. Dio affida la sposa allo sposo e viceversa, perché si amino in suo nome e a loro affida un figlio. perché lo amino come Lui lo ama. Queste relazioni sono dunque “vocazioni a vivere l’amore” come un dono che cerca il bene dell’altro, non volendolo per sè, ma ponendosi a servizio della crescita dell’altro. L’amore è un dono che riceviamo da Dio, che va continuamente alimentato e poiché non sappiamo già pienamente amare, dobbiamo cercare di imparare l’amore giorno dopo giorno.. Ho trovato questa riflessione che mi piace condividere con voi: “Pensate se Giuseppe e Maria non avessero lasciato andare il proprio figlio. Pensate se non lo avessero preso per com'era! Pensate se lo avessero fermato nel suo cammino, se gli avessero proibito di fare ciò che ha fatto, di esporsi, di essere diverso. Pensate se lo avessero fatto sentire in colpa o accusato e così facendo avessero bloccato il loro figlio Gesù. Pensate se se ne fossero infischiati del fatto che Lui era Figlio di Dio, che aveva una missione, una chiamata, noi oggi non saremmo qui. Forse non ci sarebbe il cristianesimo. Non rabbrividite di fronte a tutto questo? Non vi fa tremare? E adesso pensate ai vostri figli... o a chi amate...”. il Parroco |