Ha dato potere di diventare figli di Dio - Gv 1,1-18

È appena trascorsa l’ottava di Natale, l’inizio pieno di speranze del nuovo anno civile, tra pochi giorni vivremo la solennità dell’Epifania, festa della manifestazione di Gesù alle genti. È difficile accorgerci che è domenica e dare a questo giorno una propria identità, se lo mettiamo a confronto con le due solennità che lo racchiudono, questo giorno sembra scomparire. Neanche la liturgia con la scelta delle letture ci aiuta particolarmente, leggiamo al vangelo lo stesso brano della celebrazione della Festa di Natale alla messa del giorno, sembra perciò una ripetizione, e ci viene da chiederci se abbiamo altre parole da aggiungere alle tante dette e ascoltate nei giorni passati. Inoltre, le letture scelte per la liturgia di oggi hanno una profondità da toglierci il fiato, come quando saliamo a un’altitudine tale che ci manca l’ossigeno. Eppure può avere senso la liturgia di questa domenica per ritornare a riflettere sulla festa del Natale, per formulare dei propositi, perché dalle feste che abbiamo celebrato, si possa uscire con una fede rinnovata e con l’impegno di una vita più coerente.

Il vangelo di Giovanni non narra episodi dell’infanzia di Gesù, ma inizia con questo testo difficile, nel quale l’evangelista ci parla, con parole profondissime, del significato che ha avuto per lui l’incontro con Gesù. Nel prologo del vangelo, l’evangelista non espone una riflessione di fronte a Gesù visto da bambino, ma ci vuole parlare della sua esperienza, di quando ha incontrato Gesù adulto, di ciò che ha detto e ha fatto in tutta la sua vita, del significato della sua morte e risurrezione, di come la sua vita è stata cambiata da Gesù. Può essere molto importante ritornare a leggere questo testo, per poterlo ascoltare con più attenzione e per fare una riflessione che non si limiti a commuoversi di fronte a Gesù visto come un essere piccolo e indifeso, ma cerchi di guardare attraverso il bambino, a tutta la persona di Gesù in tutta la sua vita.

La festa della sua nascita è solo un pretesto per invitarci a vivere nuovamente il nostro incontro con Gesù, a farlo nascere come una presenza importante nella nostra vita. Riflettendo sulla vita di Gesù potrebbe accadere quello che è avvenuto negli apostoli, cioè scoprire che lui ci dà le risposte alle domande più importanti della vita, fino a farci dire: “Tu mi riveli il mio vero volto, io diventerò me stesso quando riuscirò a vivere come te”. Con Gesù potremmo scoprire la nostra dignità di figli di Dio, con Gesù potremmo imparare ad essere liberi perché guidati da una luce interiore, con Gesù potremmo lottare perché si realizzi una vita degna per tutti..

Nel documento conciliare “Gaudium et spes” è scritto: "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”. Un’altra riflessione è però necessaria: non si tratta di prendere Gesù come modello e di pensare di imitare la sua vita, ci troveremmo di fronte a un’impresa titanica se pensassimo che dipenda solo da noi, dal nostro sforzo, il vivere come Gesù. C’è una parola molto importante che desidero porre alla vostra attenzione ed è la parola “grazia” anzi il testo dice “grazia su grazia”. Questa parola rimanda al dono, a un dono gratuito; la possibilità di vivere come Gesù non è sforzo, ma dono, un dono gratuito. Il rapporto con Gesù non è da rappresentare come un rapporto d’imitazione, Gesù è più che un esempio. La parola adeguata per esprimere il rapporto con Gesù è la parola “comunione”. Con questo termine vogliamo esprimere quella possibilità che è data dalla relazione d’amore che “chi ama vive nell’amato”. L’amore fa sì che Gesù viva in noi e da dentro ci comunichi la forza per vivere come Lui.

il Parroco