Voi, chi dite che io sia? - Lc 9,18-24 Questo episodio del Vangelo, che è riportato da tutti gli evangelisti sinottici, fa da spartiacque tra una prima parte e una seconda, e rappresenta il punto di arrivo della prima tappa del percorso vissuto da Gesù con i suoi discepoli. San Luca sottolinea la particolare importanza di questo momento, affermando che avviene all’interno di un tempo dedicato alla preghiera. Tante altre volte l’evangelista racconta che momenti decisivi sono stati preparati dalla preghiera. Oggi siamo abituati ai sondaggi: i prodotti che le varie ditte producono devono incontrare il gradimento del pubblico, per questo si sono molto sviluppate nella nostra società le indagini di mercato. Gesù fa una sorta d’indagine per saggiare l’indice di gradimento. È facile rispondere alla prima domanda, quando si tratta di riportare le opinioni di altri. Poi arriva alla domanda più importante, quella che interpella il pensiero personale e chiede in modo diretto: “Voi, chi dite che io sia?”. La domanda è più impegnativa, non tanto perché richiede una risposta che può essere giusta o sbagliata, ma perché chiede di esprimere di fronte a Gesù una posizione personale, una decisione della propria libertà. Vi sembrerà un’inutile sottigliezza quella che vi sto per proporre, ma io la ritengo molto importante e a mio avviso dà una qualità diversa al nostro cammino religioso. Gesù non chiede agli apostoli di esprimersi circa il suo insegnamento: se è espresso bene, in modo efficace, se condividono i contenuti che insegna. Gesù non chiede una verifica sulle sue azioni, sui gesti che compie. Gesù chiede agli apostoli di esprimersi sulla sua persona, di pronunciarsi circa la loro relazione con Lui. La domanda importante è: “Chi sono io per voi?”, “Cosa c’entro io con la vostra vita?”. Ricordiamo un insegnamento di papa Benedetto XVI, il quale diceva che al centro del cristianesimo non c’è una dottrina, non c’è neppure un’etica, al centro del cristianesimo c’è la persona di Gesù. Nella nostra esperienza di vita sono state molto importanti le persone che ci hanno aperto la mente a nuove conoscenze, ricordiamo con gratitudine i nostri insegnanti di scuola, se sono stati dei veri maestri. Anche oggi, quando ascoltiamo una riflessione o leggiamo un libro che ci insegna una cosa nuova, siamo grati a quell’autore. Così pure ci restano impressi i gesti di un campione sportivo, le scoperte di un ricercatore scientifico o tecnologico, i gesti generosi di un filantropo; a contatto con loro, sentiamo un impulso che ci induce a imitarli. Ma le persone che hanno maggiormente influsso nella nostra vita sono gli amici, coloro che ci amano e quelli che amiamo. La domanda che Gesù pone agli apostoli è proprio una domanda di verifica sulla relazione degli apostoli con Gesù, una valutazione della loro amicizia. Un amico ti aiuta a conoscerti, dicendoti con sincerità e senza giudizio ciò che vede di te, ti aiuta a scoprire aspetti che ancora non avevi considerato, noi ci conosciamo attraverso gli occhi di chi ci ama. Un amico, offrendoti il suo pensiero e il suo modo di vivere ti provoca a esprimerti, per cui puoi dire: “Io la penso diversamente da te” oppure “sono d’accordo con te, voglio anch’io pensare così”. Chi maggiormente ci aiuta a crescere è l’amico. Gesù non è solo un maestro particolarmente efficace, non è solo un esempio, è soprattutto l’Amico. Ho letto tanto tempo fa un libretto di von Balthasar che diceva: “Deve essere possibile anche a noi buttare le braccia al collo di Gesù”. Penso che la risposta di Pietro alla domanda di Gesù, non sia stata un dare la risposta giusta come ai quiz scolastici, ma sia stato il suo modo di buttargli le braccia al collo perché aveva trovato l’amico che lo aiutava a vivere. il Parroco |