Essere mio discepolo - Lc 14,25-33 La parte del vangelo di Luca che stiamo leggendo in questo periodo, è conosciuta dagli esegeti come la “sezione del viaggio”, perché ogni tanto l’evangelista ricorda che Gesù sta andando verso Gerusalemme. Egli ha fatto una scelta, ha preso la ferma decisione di andare a Gerusalemme per mettere la sua testimonianza su Dio a confronto con chi detiene il potere culturale, cioè i sacerdoti, e chi svolge il compito di leggere e interpretare la Parola di Dio, cioè gli scribi. Gesù è consapevole che con questa scelta dovrà rivivere il percorso dei profeti, che per la loro fedeltà a Dio hanno dovuto pagare il prezzo della vita. Gesù ha fatto una sua scelta di vita, e quella scelta gli urge dentro e lo spinge ad andare fino in fondo. Alcune domeniche passate, ascoltavamo Gesù che parlava di un fuoco e del suo desiderio di accenderlo. Ho ricordato questo perché possiamo raccogliere l’insegnamento di questa domenica attorno al tema della scelta: come Gesù, anche il discepolo deve avere nel cuore una scelta forte e prendere una decisione che dia senso alla vita. Le due piccole parabole del costruttore della torre e del re che vuole muovere guerra a un altro re, vogliono proprio esortare a fare una scelta ponderata, cioè non dettata dalla forza di un facile entusiasmo, che può annebbiare la vista e impedire di valutare il pro e il contro. L’emotività è una grande risorsa, essa ci dà la possibilità di vibrare fortemente di fronte alle svariate situazioni, ci fa piangere di fronte alla sofferenza degli altri e ci fa gioire di fronte al loro successo. L’emotività è anche molto volubile, fa nascere forti entusiasmi che poco dopo si spengono, è volubile perché trova motivi sempre diversi per accendere entusiasmi. È molto importante vivere a un livello di maggiore consapevolezza, dove la riflessione sappia valutare le esperienze della propria emotività, per aiutare a fare in coscienza scelte ponderate. A volte, attorno ad un leader carismatico ci si muove sull’onda dell’entusiasmo, salvo poi raffreddarsi quando si tratta di portare avanti fedeltà quotidiane. Anche se per noi non c’è il rischio di essere cristiani entusiasti, corriamo il rischio di essere cristiani per abitudine; Gesù ci vuole invece cristiani per scelta. La complessità della vita ci porta a vivere esperienze diverse le une dalle altre: c’è il mondo degli affetti, c’è l’impegno della professione, c’è la responsabilità verso la vita sociale, c’è il tempo dello svago. Anche nell’ambito delle relazioni si mettono a confronto esperienze diverse: c’è la famiglia nella quale siamo nati e le relazioni date dall’avere in comune vincoli di sangue, c’è la famiglia che si è creata con la propria scelta affettiva, c’è l’ambito delle amicizie. Come si colloca il cammino religioso in questa che abbiamo chiamato “complessità”? Potremmo rispondere che essa è un settore, uno dei tanti accanto ad altri. Gesù dice appunto che Lui non è un settore, uno degli interessi della nostra vita, ma è invece un punto di vista superiore che permette di guardare e di dare il giusto valore a tutto il resto. Gesù non è un affetto accanto a quello del padre, della madre, della sposa, degli amici, Gesù è il punto di vista che permette di amare il padre, la madre, la sposa gli amici. Lc 14,25-27: « Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo". » Quando si fa una scelta, si dice di sì ad una cosa che sembra corrispondere maggiormente ai nostri desideri, ma nello stesso tempo si dice no a tutte le altre cose che in qualche modo suscitano un certo interesse. La scelta di seguire Gesù, mentre ci fa dire sì a Lui, ci chiede anche di dire no ad altre cose. A volte ciò a cui dobbiamo rinunciare sono cose che hanno l’aspetto di male e, se anche ci costano, capiamo che costituiscono un ostacolo alla nostra adesione a Gesù. Altre volte le rinunce che ci sono chieste non hanno l’aspetto del male, perché in sé sono cose buone, ma sono la conseguenza necessaria di una determinata scelta. Come chi segue la vocazione al monastero rinuncia a formare una propria famiglia, che pure è una cosa buona. Dire no, è sempre una decisione che costa, ma trova la sua compensazione nella gioia di poter dire un più grande sì a Gesù. il Parroco |