Sei tu colui che deve venire? - Mt 11,2-11 Nella vita siamo dei viandanti protesi verso una meta, animati dalla speranza di trovare per noi e per altri un mondo dove non soffriremo e tutto sarà giusto. Anche la liturgia della terza domenica di Avvento, per il nostro cammino, ci offre la guida di Giovanni Battista, che Gesù ci segnala come il più grande tra i nati da donna. Oggi abbiamo una conoscenza migliore della società che viveva in Palestina ai tempi di Gesù, e pertanto sappiamo collocare maggiormente gli avvenimenti e i personaggi nel loro contesto storico. Grazie alle scoperte archeologiche, sappiamo dell’esistenza di un gruppo di persone chiamate “Esseni”, le quali vivevano pensando che fosse imminente il giudizio di Dio sul mondo. Giovanni Battista appare molto vicino alla visione spirituale degli Esseni; abbiamo ascoltato domenica scorsa come, attraverso immagini forti, presentava la venuta del Messia come l’arrivo del giudice che decreta la fine del tempo. Due immagini ci hanno colpito, quella del messia con la scure in mano pronto a recidere ogni albero che non dia frutti buoni, e quella della pala che sull’aia divide il grano dalla pula. Matteo 11,2-11 : " Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Oggi Giovanni Battista è presentato in modo molto diverso, non è più nel tempo della predicazione nel deserto, ma è nel carcere di Erode. Gesù, che dopo l’arresto di Giovanni ha iniziato la sua missione, non agisce secondo l’ideale messianico che il precursore aveva presentato, infatti non scaglia minacce contro chi è nel peccato, ma annuncia loro il perdono di Dio andandoli a cercare e chinandosi su di loro; non parla di Dio come del giudice che emette sentenze di condanna, ma come del pastore che cerca chi è perduto perché lo vuole salvare attraverso la via dell’amore. Giovanni vede una differenza tra la sua speranza e l’opera di Gesù, da questa constatazione sorge in lui il dubbio di essersi sbagliato e pone la domanda: “Sei tu colui che deve venire?”.Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo! Oltre agli insegnamenti che facevamo notare domenica scorsa, rileviamo un altro aspetto molto importante: ponendo quella domanda, Giovanni si mostra una persona non barricata nelle sue certezze, ma capace di accogliere il dubbio, aperta a nuove conoscenze, capace di cambiare il suo punto di vista. Questo è il primo insegnamento che raccogliamo per noi e che si esprime nella domanda: “Nel nostro cammino di fede, siamo disponibili a lasciarci sorprendere da Dio, ad accettare che Egli si riveli diverso dall’immagine che ci siamo formati, che si riveli diverso da come noi lo aspettiamo?” Se riflettiamo poi sulla domanda di Giovanni, ci possiamo chiedere: “Come dovrebbe essere Dio secondo le nostre attese?”. “Come dovrebbe essere uno che viene in nome di Dio?”. Una risposta la prendiamo dal clima generale della liturgia di oggi, che attraverso molti riferimenti invita alla gioia. È segno autentico della presenza di Dio quell’esperienza che fa nascere la gioia. Dice papa Francesco nell’esortazione Evangelii Gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”. Papa Francesco mette in guardia: “Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua.” Un’altra risposta la prendiamo dalle parole di Gesù. Egli non va a cercare una spiegazione teorica a difesa della sua identità, ma elenca i fatti che stanno accadendo attorno a Lui. Espone le opere che sta compiendo: i poveri, i malati, coloro che stanno sperimentando la fatica della vita sono liberati, guariti, restituiti alla loro dignità, riportati a un’esperienza bella della vita. Proprio queste opere lo rendono riconoscibile. È segno della presenza di Dio quell’esperienza nella quale si opera per il riscatto di tutti, per dare dignità a quelli che stanno ai margini, per guarire quanti sono feriti dalla vita. il Parroco |